Ordinanze contro il kebab, i mendicanti, le lucciole, i nottambuli e poi ronde padane e misure contro la festa per l’Unità d’Italia: i bossiani di Novara l’avevano seguito punto su punto il «manuale del bravo leghista». Macché: una disfatta. E adesso sono tutti lì che si interrogano: ma come è successo? Ci sono due foto, sulla Tribuna Novarese di ieri, sotto il titolo «Amarezza e sgomento» , che dicono più delle parole. Massimo Giordano, per nove anni sindaco della città e oggi assessore regionale allo Sviluppo Economico, ha gli occhi sbarrati: come è successo? Accanto, Mauro Franzinelli è impietrito: come è successo? Manca Roberto Cota. Che dopo aver diffuso due righe di commento («Sono molto dispiaciuto… Rifletteremo…» ) pare evaporato. Bossi! E adesso, cosa dirà l’Umberto Bossi della clamorosa caduta della roccaforte del Carroccio? La città di Cota! La città di Giordano! Quando era venuto per un comizio, avevano detto al Senatur che qui non c’erano proprio problemi. E lui, si legge sulla Padania, aveva incitato tutti: «Bisogna vincere al primo colpo! “As vinc al primm colp…!”» Del resto, se c’è un posto in cui la Lega aveva esaudito tutte ma proprio tutte quelle che pensa siano le richieste di una «popolazione impaurita» , cose liquidate come razziste o demagogiche dalla sinistra, è Novara. Qui il sindaco Giordano fece appioppare una multa da 500 euro a una donna che camminava col volto coperto dal burqa. Qui il Comune ha vietato agli automobilisti di fermarsi e «consentire la salita sul proprio veicolo di uno o più soggetti che per l’atteggiamento, l’abbigliamento e il comportamento manifestano l’intenzione di esercitare l’attività di prostituta» . Qui è proibito ai bar e ai negozi nei pressi della stazione di vendere bevande alcoliche «di qualsiasi gradazione» . Qui c’è il divieto di «stazionamento» nei parchi pubblici per i gruppetti superiori alle tre persone. Qui «è fatto inoltre divieto di porre in essere forme di accattonaggio con impiego di minori, anziani, disabili o simulando disabilità» che, se utile ad arginare i truffatori, va a colpire anche chi davvero è affetto da una infermità e spesso non vede alternative che porsi al riparo del mantello di San Martino, patrono dei mendicanti amati nel Vangelo. Qui non solo è proibito aprire un locale «etnico» a meno di 150 metri da un altro ma il padrone deve dimostrare di conoscere l’italiano «attraverso il possesso di un diploma certificato o il superamento di un test in Comune» . Non bastasse, il municipio comunicò mesi fa ai dipendenti che il 17 marzo non sarebbe stato considerato festa nazionale per il 150 anni dell’Unità d’Italia ma le assenze sarebbero state «contabilizzate d’ufficio» , come si trattasse di ferie normali. Per non dire della pagina su La Padania ai tempi delle polemiche sulle ronde. Che era dominata dal titolone «Il modello Novara /dove le ronde sono certificate» e ospitava un’intervista in cui Giordano spiegava che lì le squadre autorizzate c’erano già ed erano «deputate a pattugliare i parchi e le aree verdi» . A corredo, una foto: lui e l’assessore alla sicurezza Franzinelli con un basco militaresco. Insomma: «Padanopoli» . Ecco cos’era Novara. Una roccaforte leghista praticamente imprendibile. E così la consideravano non solo i bossiani ma gli stessi avversari. Che mai avrebbero pensato, solo qualche settimana fa, di poterla conquistare. «Appena lanciata la sfida abbiamo fatto fare un sondaggio da professionisti» , racconta Andrea Ballarè, «Prima domanda: siete soddisfatti di come si vive qui? Risposta del 60%: sì. “Andiamo bene!”, ho pensato. E invece poi, dato dopo dato, veniva fuori che c’era un’insofferenza verso il governo, una insoddisfazione per tante cose di ordinaria manutenzione e una preoccupazione per il futuro. Insomma: va bene la difesa delle tradizioni, ma il futuro? E noi abbiamo deciso di battere su quello. Di andare nei quartieri. Casa per casa. Per parlare con le persone. È lì che ho vinto» . Ma come, il «porta a porta» non è la tecnica di cui il Carroccio dice d’avere il copyright? Il neosindaco, un commercialista cattolico che ha coinvolto il mondo delle parrocchie e del volontariato e insieme quello della sinistra e di Vendola («Non dice niente ma in modo affascinante e io voglio il Partito democratico vero, quello aperto a tutti i riformisti» ) dice che «non è affatto vero. O almeno non qui a Novara» . E, allungandosi sulla poltrona di colore verde Padania («mi hanno lasciato un bilancio dove non c’è un euro ma almeno questa credo che dovrò cambiarla!» ) spiega che «qui la Lega Nord aveva occupato tutto, manu militari. Posto dopo posto. In tutte le società pubbliche, in tutti gli organismi. Insieme con il Pdl si era preso tutto. E la gente se n’è accorta. Ha percepito il movimento di Bossi come “un partito ormai uguale a tutti gli altri”. Di professionisti della politica. È lì c’è stato il rifiuto. Non bastasse, ha visto che Cota e Giordano si odiano. Al punto che ognuno aveva in mente un candidato sindaco diverso e Franzinelli, che pure è il segretario provinciale leghista, è stato un ripiego: nessuno voleva darla vinta all’altro. Avessero candidato la Moscatelli forse, per loro, sarebbe andata diversamente. Dico forse, però… Anche perché lei non poteva» . La professoressa Silvana Moscatelli, che ha avuto tra gli alunni anche Ballarè («mai immaginato che potesse fare il sindaco» ) ed è l’esponente più popolare del Pdl novarese (un diluvio di preferenze anche stavolta) dice che no, non è proprio così, e comunque «pacta sunt servanda» e il patto era che il sindaco toccava alla Lega. E in ogni caso lei, colpita l’anno scorso da una terribile infezione agli occhi, non ci vede più: come poteva fare il sindaco, a parte la supplenza di Giordano, se non è più in grado neppure di vedere l’amatissima nipotina? Fatto sta che il ballottaggio ha travolto tutto come un uragano. Pareva difficile, la rimonta della Moratti a Milano? Quella di Ballarè pareva impossibile: 15 punti di svantaggio! Mai dire mai, ammicca il nuovo sindaco: «Quando si sono accorti di cosa stava succedendo, Novara era ormai nostra» . E «Padanopoli» non c’era più.
Il Corriere della Sera 01.06.11
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