attualità, politica italiana

"Il mito traballante dell'invincibilità", di Gian Antonio Stella

Il leggendario pugile camionista Bruce Strauss finì kappaò 78 volte e ogni tanto, se capiva che lo stavano massacrando, si buttava giù e si fingeva morto. Va da sé che Silvio Berlusconi, battuto «solo» a Milano, Napoli, Trieste, Cagliari, Novara, Pavia, Gallarate e in un mucchio di altri posti compresa Arcore, sfodera un sorriso: «Sono un combattente, ogni volta che perdo triplico le forze» . Della serie: non vi darò mai la soddisfazione di piangere. La botta, però, è durissima. Certo, può sempre cercare qualche consolazione nelle vittorie a Vercelli, Reggio Calabria, Varese, Iglesias… Ma in confronto alla batosta nelle città che contavano davvero, il grido «abbiamo espugnato Rovigo!» somiglierebbe a quanto disse il dc Vito Napoli dopo che il suo partito era uscito massacrato alle amministrative del 1993: «Sì, abbiamo perso Roma, Milano, Napoli, Venezia, Palermo… Ma ci sono anche segnali incoraggianti. Penso ai successi di Gerace, Pizzo Calabro, Praia a Mare…» . O alla precisazione del buttiglioniano Maurizio Ronconi dopo una catastrofe elettorale del Cdu: «Gli elettori ci riconsegnano Valfabbrica. E con Valfabbrica sono nostre anche Parrano e Attigliano…» . Lo stesso Cavaliere, del resto, sa bene che questa volta non può sdrammatizzare come fece quel giorno che, perse altre «comunali» , sbuffò: «Si votava per Pizzighettone…» . La «sua» Milano è molto più che la seconda metropoli d’Italia. Lo disse anni fa, alla tv svizzera, giocherellando con una penna nel suo ufficio dall’arredamento monumentale, quando aveva (quasi) tutti i capelli ed era lontano dall’idea di scendere in campo: «A Milano nasce tutto quello che è importante. Roma è il centro politico. Niente altro, però» . Lo ha ripetuto mille volte in questi anni. Lo ha ribadito in queste settimane: «Milano è la città simbolo dell’economia italiana, la capitale economica d’Italia, la città da cui è partita la nostra avventura di libertà…» . Quindi? «Non posso immaginare che vinca la sinistra» . Macché: ha vinto. Nonostante i muri pieni di manifesti che sembravano stampati dal Ministro della Paura di Antonio Albanese, quello che al fianco ha il Sottosegretario all’Angoscia. Ricordate quanto disse anni fa a una convention di venditori di Publitalia? «Ogni mattina davanti allo specchio io mi guardo e mi ripeto: “Mi piaccio, mi piaccio, mi piaccio”. Ricordatevi: se uno piace a se stesso, piacerà anche agli altri!» . Per vincere, occorre crederci. Ha passato mesi a spiegare come, buttato fuori Fini e raccattata una maggioranza «più piccola ma coesa» la vittoria fosse ineluttabile: «State sicuri che governeremo. Se non ci riuscissimo, si andrà alle elezioni e noi le vinceremo alla grandissima» . «Se andassimo alle elezioni vinceremmo sicuramente» . «Abbiamo vinto tutte le elezioni che ci sono state e vinceremo anche le prossime amministrative» . «Non abbiamo dubbi: a Milano vinceremo» . «Vinceremo al primo turno» . Training autogeno. Poco più di un mese fa spiegò che il partito gli stava strettino: «Quando abbiamo fondato il Pdl come costola del Ppe abbiamo puntato a superare il 50%. Gli ultimi risultati del pentapartito si aggiravano intorno al 52%. E poiché Gasparri mi fa notare che bisogna aggiungere ad ex Dc ed ex Psi almeno il 6%di An, direi che dobbiamo puntare al 58%, perché nella vita occorre darsi obiettivi ambiziosi» . E tanto aveva battuto e ribattuto, che lo stesso Giornale si era spinto a sbilanciarsi spericolatamente. Come l’altro ieri su Trieste: «Il Cavaliere ha scompaginato gli equilibri a modo suo, incontrando i tifosi delusi dalla retrocessione in C della Triestina» . Così Antonione ha potuto fare il lieto annuncio: «Berlusconi ha dato mandato all’amministratore delegato del Milan Galliani di essere disponibile ad attivare accordi che permettano di superare in tempi brevissimi la situazione di crisi. Il primo passo però spetta alla Triestina» . Un patto d’onore sotto il segno del paron Rocco, insomma, turba i sonni del candidato democratico. A turbarli ancora di più, quei sonni, ci pensava Franco Frattini: «Antonione ce la farà, a recuperare 13 punti» . Al ballottaggio sono saliti a 15. E per la prima volta nella storia Trieste, le cui ferite della guerra, dell’esodo istriano e dei 40 giorni di occupazione titina con l’orologio in piazza Unità corretto sul fuso orario balcanico, pareva non dovessero rimarginarsi mai, ha scelto un sindaco cresciuto nel Pci e con una madre slava. Per non dire di Cagliari, dove mai aveva vinto un sindaco di sinistra. Titolo indimenticabile del quotidiano berlusconiano di domenica mattina: «È testa a testama il centrodestra mette la freccia» . Aveva al I turno mezzo punto di distacco: con la freccia del sorpasso è andato sotto di 19. E Hamsik? Come dimenticare il tormentone di «Marek-chiaro» Hamsik, l’attaccante slovacco del Napoli che il Cavaliere si era impegnato a non comperare, nonostante le richieste di Allegri, per non irritare i tifosi partenopei? E la promessa agli abusivi di bloccare le ruspe? E l’impegno a non far più pagare «l’imposta sui rifiuti finché ci sarà un solo sacchetto per strada» ? Tutto inutile: travolto da una maggioranza schiacciante di persone «senza cervello» . Per non dire di Novara, dove il candidato della destra, nella città di Roberto Cota, era quel Mauro Franzinelli che da assessore leghista alla Sicurezza nella giunta guidata da Massimo Giordano, eletto nel 2006 al primo turno con il 61%, aveva ideato la famosa ordinanza del 2008 che prevedeva il «divieto di stazionamento» per le strade della città in gruppi superiori a 3 persone: al massimo due. Nella scia di una campagna giocata tutta sulla paura degli immigrati, dei rom e dei centri sociali, pareva dovesse trionfare: ha perso. E si è fatto rimontare 16 punti di vantaggio e sorpassare di altri 6. Perfino Arcore, dopo l’amata roccaforte di Olbia incredibilmente perduta al primo turno dal fedelissimo Settimo Nizzi, ha tradito il Cavaliere. Aveva puntato sul leghista Enrico Perego: ha preso 12 punti di distacco da Rosalba Colombo, una donna che certo non appartiene come tipologia alla categoria delle veline. Una batosta doppia. Dice ora, da Bucarest, di non avere nessunissima intenzione di mollare: «Ogni volta che perdo triplico le forze» . Dalla «Furia» Daniela Santanchè al mito di Anteo, il gigante figlio di Posidone e di Gea che, come veniva abbattuto in combattimento appena toccava terra ne ricavava nuove energie e tornava a combattere più pugnace di prima finché Eracle non capì tutto e per ammazzarlo lo sollevò in aria. Un mito nobilissimo. A meno che il riferimento del premier, meno letterario, non fosse a un vecchio pupazzo della pubblicità che, per quante sventole pigliasse, tornava sempre su: Ercolino «Semprinpiedi» .

Il Corriere della Sera 31.05.11

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“Il bilancio finale: 59 a 18 per il centrosinistra”, di Gianni Trovati

I ballottaggi riscrivono la geografia politica dei municipi. Nei Comuni impegnati nel secondo turno si partiva da 45 a 36 per il centrosinistra (più 4 giunte espresse da liste civiche), e dalle urne sono uscite 59 sindaci di centrosinistra, 18 di centrodestra e 8 di liste e coalizioni civiche, nella metà dei casi con una forte componente del terzo polo. Solo 7 delle 36 amministrazioni di centrodestra confermano la propria scelta, in 24 casi passano a sinistra e in altri due si affidano a liste civiche.

Dalle parti dell’opposizione parlamentare il quadro è invece decisamente meno mosso: 31 su 45 rimangono a sinistra, 11 passano a destra, e in tre casi vincono coalizioni civiche. Un ultimo gruppetto di numeri serve a disegnare la situazione complessiva dei centri sopra i 15mila abitanti, che in 49 casi avevano chiuso la partita al primo turno due settimane fa: in totale le amministrazioni uscenti (considerando anche quelle terminate in anticipo per varie ragioni e arrivate commissariate alle elezioni) erano 74 di centrosinistra e 56 di centrodestra (più quattro civiche), e ora si passa a 87 a 39 per il centrosinistra (le 8 civiche completano il quadro).

Lo smottamento per Pdl e Lega si concentra in particolare nei feudi tradizionali: il Carroccio dice addio a Novara, città del governatore piemontese Roberto Cota, a Domodossola e a Malnate (Varese), e intorno a Milano il Pdl abbandona Rho (sede dell’Expo), Gallarate, Desio, Arcore e Limbiate, mentre il centrosinistra tiene a San Giuliano Milanese e Nerviano (dove la Lega era arrivata al ballottaggio). Il Carroccio tiene Varese con Attilio Fontana, e trova la novità più gradita a Montebelluna, 31mila abitanti in provincia di Treviso, dove il leghista Marzio Favero costringe il centrosinistra ad abbandonare l’ufficio del sindaco. Rimanendo a Nord, vanno da sinistra a destra anche Rovigo, Salsomaggiore e Cesenatico.

Confermando le tendenze emerse al primo turno, per la maggioranza di governo va meglio al Sud, anche se il crollo di Napoli oscura un po’ il tutto. Cosenza abbandona il centrosinistra, e come lei fanno Sora (Frosinone) e Nocera Inferiore (Salerno). Nelle Province, dopo i ballottaggi la situazione rimane a 7 a 4 per il centrosinistra: Pavia e Macerata vanno da destra a sinistra, Campobasso e Reggio Calabria imboccano la strada opposta.

Il Sole 24 Ore 31.05.11