Sono bravi i laureati italiani, «migliori di quelli pre riforma» , sono più giovani, non stanno a lungo fuori corso anzi si laureano in tempo, prendono una buona votazione finale, anche vicinissima al massimo, e fanno più stage. Ma si muovono poco verso l’estero, si confrontano poco, e si laureano «sotto casa» per i costi troppo elevati che le famiglie dovrebbero sostenere per mandarli a studiare in un’altra città. In compenso, una volta laureati sono costretti a emigrare, non solo da Sud a Nord ma anche Oltralpe, perché non trovano un’adeguata collocazione. Offre luci e ombre il tredicesimo rapporto curato da Almalaurea. I passi in avanti si vanno consolidando, il tutto però con notevoli differenze tra aree disciplinari. Primo punto: non è vero che i laureati italiani sono troppi. Sono invece sempre pochi e anzi negli ultimi 7 anni c’è stata una diminuzione del 13%. Siamo al 20%di laureati nella fascia 25-34 anni, assai al di sotto dell’obiettivo strategico europeo del 40%. La Germania è al 24, il Regno Unito al 38 e la Francia al 41%. A lievitare, più che i laureati sono stati i titoli universitari, passati dai 172 mila del 2001 ai 293 mila del 2009. La qualità dell’insegnamento è cresciuta: la regolarità nel concludere per tempo gli anni di studio è più che raddoppiata. Il 67%dei laureati delle professioni sanitarie e il 39%del chimico farmaceutico ed economico statistico si laurea nei tre anni. All’estremo opposto ci sono i laureati del gruppo giuridico (14%) e di quello agrario (28%). I laureati pre riforma conseguivano il titolo a 27,8 anni contro i 26,9 anni del 2010. I più giovani a concludere gli studi sono quelli del gruppo linguistico (24,6 anni), geobiologico e ingegneristico (entrambi a 24,7 anni) mentre l’età più elevata si riscontra tra i laureati del gruppo insegnamenti (28,5 anni) e giuridico (29,2). La votazione finale, pur con ampie diversità, si assesta al 103 su 110 e raggiunge valori vicini al massimo tra i corsi specialistici (108,1 su 110). Aumenta anche la frequenza alle lezioni: 68 studenti su cento frequentano i corsi di almeno tre quarti degli insegnamenti. Le esperienze di lavoro, i tirocini formativi e gli stage aumentano (57 laureati su cento). «L’università ha bisogno di un convinto supporto finanziario da parte del governo, di adeguati servizi agli studenti e infrastrutture della ricerca— ha commentato il presidente della Conferenza dei rettori (Crui), Marco Mancini —. Dal rapporto emerge un dato di sedentarietà interna ed esterna preoccupante. C’è poca mobilità degli studenti e quindi scarso confronto. Il diritto allo studio necessita di un segnale più forte» .
Il Corriere della Sera 28.05.11