attualità, politica italiana

"Anche i leghisti votano Pisapia", di Paolo Natale

Dopo tante analisi un po’ superficiali, basate su dati di sondaggio (che sappiamo non aver azzeccato granché a Milano), possiamo capire effettivamente cosa è accaduto al primo di turno di voto delle comunali.
Si può sfatare un primo mito, che è insistentemente circolato negli ultimi tempi, sul cosiddetto “astensionismo selettivo”. Si è cioè argomentato che il netto arretramento del centrodestra, dalle regionali dello scorso anno, era dovuto ad una minor partecipazione del suo elettorato, che ha in questa occasione disertato le urne.
Una tesi sostanzialmente falsa. Nella realtà, dall’analisi dei flussi, effettuata a partire dai risultati elettorali veri, emerge come l’astensionismo è stato particolarmente limitato: anzi, c’è stato al contrario un forte ritorno alle urne in questa occasione.
L’oltre 40 per cento che non era andato a votare lo scorso anno si è ridotto oggi a poco più del 33 per cento.
Sono state quindi elezioni di mobilitazione, le comunali milanesi; nonostante il presunto disamore dei cittadini verso la politica, pare che quando si tratta di dare un segnale forte alla classe politica, gli elettori si ripresentino in quote molto più elevate nei seggi di voto. E a beneficiare di questo ritorno alle urne è stato soprattutto Pisapia, che tra gli ex-astensionisti è stato scelto da oltre il doppio di chi ha viceversa gettonato la Moratti.
E questo è il primo tassello che ha provocato la sconfitta del centrodestra al primo turno. Il secondo tassello è più ovvio, ed è legato al significativo passaggio di voto da Formigoni al Terzo polo attuale: quasi il 10 per cento di formigoniani ha infatti oggi scelto Palmeri (e sono quasi tutti elettori del Pdl), ai quali si sono aggiunti coloro che già lo scorso anno avevano scelto l’Udc di Pezzotta.
E veniamo infine all’ultimo tassello, di certo il più sorprendente di tutti: quasi il 5 per cento di vecchi elettori di Formigoni hanno scelto al primo turno il voto per Pisapia. Si tratta di un chiaro tradimento delle proprie precedenti opzioni, che come sappiamo si verifica abbastanza raramente in Italia, preda della cosiddetta fedeltà leggera, la difficoltà cioè di passare direttamente, da una elezione all’altra, nel campo avverso.
Pisapia è riuscito in un’impresa che potremmo definire storica in ambito milanese, quella di togliere voti direttamente al centrodestra, che mai era riuscito agli altri candidati negli ultimi vent’anni di elezioni comunali.
Da dove arrivano questi transfughi? In massima parte dalla Lega, in una quota stimabile attorno al 10 per cento del proprio precedente elettorato; alcuni tra loro hanno operato il cosiddetto “voto disgiunto”, unendo cioè il voto di partito alla Lega con il voto a Pisapia come sindaco. Ma per una parte molto più considerevole si è trattato proprio di un abbandono della propria area politica di riferimento (non si sa quanto provvisorio) direttamente a favore del candidato del centrosinistra. La Lega perde a Milano nel giro di un solo anno qualcosa come 20mila elettori, oltre un quarto del proprio precedente elettorato, un dato storico che certamente farà riflettere i dirigenti del movimento nordista.
Ottima al contrario, dall’altra parte, la performance elettorale del Pd, che incrementa il suo elettorato di quasi 40mila unità, passando da 133mila a 170mila voti, attingendo un po’ dovunque ma in particolare dall’Idv, che ha visto una emorragia impressionante nel giro di un anno.
L’ultimo dato di un certo interesse, e che probabilmente costringerà lo stesso Grillo a rivedere l’idea della sua base elettorale, è il comportamento dei votanti del movimento 5 stelle: tra costoro, soltanto meno della metà ha ribadito quest’anno la sua scelta in direzione del candidato Calise, mentre oltre il 50 per cento ha scelto in questa occasione Pisapia.
È dunque altamente probabile che questo elettorato di opinione, al momento di scelte importanti per il futuro della città, escano dalla logica che accomunerebbe tra loro tutti i candidati e tutti i politici, per schierarsi chiaramente con il centrosinistra.
Ed è dunque probabile che un comportamento di questo tipo lo potranno tenere anche in sede di ballottaggio.

da Europa Quotidiano 25.05.11

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“Silvio non buca più il video. Anzi”. di Giovanni Cocconi

Il sospetto lo avevamo in tanti, da tempo. Ora è una certezza. Berlusconi non piace più in televisione, Berlusconi non piace più alla televisione.
Il mondo che lo ha creato sembra avergli voltato le spalle. Le ultime apparizioni del presidente del consiglio segnano una Caporetto dell’auditel.
Il 4 maggio scorso l’intervista a Porta a porta è stata vista da 846mila persone, per uno share del 12,5 per cento. Una miseria anche per il programma di Vespa che, con la politica, non produce più gli ascolti di un tempo.
Il 3 febbraio scorso l’intervista del premier al Tg1 fece precipitare gli ascolti del più seguito telegiornale italiano sotto il 23 di share, molti punti sotto una media comunque lontana rispetto ai record di un tempo. Anche i monologhi travestiti da interviste che hanno inondato le tv venerdì scorso non hanno certo gonfiato gli ascolti.
Secondo un’elaborazione dello studio Frasi, tutti i Tg sono scesi rispetto al venerdì precedente alla stessa ora. Segno che una parte di italiani non ne può dell’overdose, e anche se resta fedele al Tg1 nonostante tutto, quando vede comparire il premier cambia canale. Sistematicamente.
Una bocciatura più pesante, a pensarci bene, di quella delle urne. I primi segnali arrivarono già nel 2009.
Il 16 settembre, lo speciale in prima serata di Porta a porta sulla consegna delle case ai terremotati dell’Aquila, raccolse solo il 13,4 di share, battuto dalla fiction con Gabriel Garko su Canale 5. Pochi mesi dopo, il 15 dicembre, nonostante l’impegno di Vespa, il suo speciale di prima serata sull’aggressione di Massimo Tartaglia, non diventò un evento (18 di share). Si dirà, ma Berlusconi non era in studio. Sì, però c’era un anno dopo, il 15 dicembre, a Matrix: un flop, l’ennesimo, con solo il 15 di share. Vuoi vedere che Berlusconi ha già perso prima di perdere a Milano?

da Europa Quotidiano 25.05.11

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Milano, fuga dalla Moratti. Dalla Cei sì alle moschee

A Montecitorio la maggioranza scippa il referendum con la fiducia Il centrodestra alza bandiera bianca. Mancano cinque giorni al voto di Milano ma tra i sostenitori della Moratti c’è già chi guarda al dopo-sconfitta. Per esempio il governatore della Lombardia e il vice-sindaco in pectore Matteo Salvini che salutano Pisapia come probabile futuro sindaco e pensano al dopo-voto. Anche il direttore del Giornale, Sallusti, dà per certa la sconfitta di donna Letizia.
Intanto la questione moschea, nonostante la campagna del centrodestra più xenofobo, sta diventando un punto a favore del candidato del centrosinistra dopo che anche la Cei, sulla scia l’arcivescovo di Milano Tettamanzi, ha detto sì alla costruzione di un grande centro di cultura islamica sotto la Madonnina.
La camera vota la fiducia al governo (solo 313 i “sì”, 291 i “no”) e scippa agli italiani il referendum sul nucleare.

da Europa Quotidiano 25.05.11