Insegnanti, ricercatori precari, sindacati e personale amministrativo in una due giorni di confronto e lavoro. Alla ricerca di «un modello fondato sulla qualità dell’insegnamento. «I tagli stanno mettendo seriamente in ginocchio la scuola pubblica», si sfoga un docente di Ravenna. Affaticati, sfiancati e demoralizzati per il trattamento ricevuto dal governo, gli insegnanti, i ricercatori precari, il personale amministrativo della scuola pubblica cercano soluzioni. Propongono, si confrontano e raschiano il fondo delle proprie energie per approntare qualche argine alla riforma Gelmini e ai tagli delle manovre economiche. Nel nome della «condivisione e corresponsabilità» indicate dal presidente del Gruppo Abele, don Ciotti presente al convegno, si sono dati appuntamento a Roma per la due giorni intitolata “Stati generali della conoscenza”. E, insieme ai sindacati e alle associazioni che operano nel settore della formazione e della cultura (dall’Arci a Legambeinte, passando per la Rete degli studenti e l’Auser), hanno intavolato seminari e workshop dedicati alla Costituzione, al welfare, all’apprendimento permanente e ai processi di conoscenza. Alla fine dei lavori, i circa 800 partecipanti provenienti da tutta Italia hanno adottato un documento base degli Stati generali e promosso iniziative che saranno messe in pratica a partire da settembre, con l’inizio del nuovo anno scolastico.
«Per evitare il declino civile ed economico bisogna costruire un modello di sviluppo fondato sulla qualità», recita l’appello rivolto anche alla società civile. L’obiettivo passa per «la valorizzazione del lavoro», per «l’innovazione», per «investimenti pubblici che devono essere almeno triplicati», come richiesto dall’Europa. La ripubblicizzazione dei sistemi di conoscenza è uno dei temi che ha maggiormente coeso la platea. «Sebbene l’impianto della scuola pubblica resti in piedi», argomenta l’insegnante di Ravenna rappresentante Flc-Cgil, «il suo interno è in disfacimento. La qualità dell’offerta formativa è svilita, le risorse umane insufficienti. Perfino il tempo da dedicare agli alunni è stato ridotto, mentre le classi sono più numerose». Chi insegna nella scuola primaria, poi, racconta che «la situazione ha del paradossale perché il docente si trova di fronte a un aumento delle situazioni di disagio e disabilità e alla corrispondente scomparsa delle figure professionali richieste.
Così deve insegnare, educare, dare assistenza sociale e, non da ultimo, fare da consulente alle famiglie». Mentre gli sguardi scambiati in platea evocano solidarietà reciproche, è una dipendente amministrativa di Piacenza a sintetizzare il disagio di tutti: «Siamo come cavie in un pollaio», prorompe notando come, dalle circolari ministeriali fino alle disposizioni sui test di valutazione Invalsi, «la libertà di insegnamento sia sotto attacco». Ma le ricadute sulle nuove generazioni, le fa eco una collega, «si vedranno soltanto sul lungo periodo. Per ora, il danno percepito dalle famiglie si ferma ai problemi organizzativi».
da Terra 20.05.11