C´è come un sentimento d´impunità. Quando si occupano posti di grande responsabilità. Come se il potere e la ricchezza rendessero onnipotenti. Fino a convincersi che gli altri hanno meno valore.
E che una povera femme de chambre non aspetti altro che avere relazioni sessuali con il direttore generale dell´Fmi nella suite dell´albergo in cui lavora. Certo, prima di scagliare la prima pietra si dovrebbero aspettare le conclusioni della magistratura. Non ci si può permettere di comportarsi come se i fatti fossero già stati provati, come se Dominique Strauss-Kahn fosse già stato riconosciuto colpevole di stupro. Ma non si può nemmeno negare in blocco l´accaduto e banalizzare le dichiarazioni della giovane donna di colore, come sta accadendo in questi giorni in Francia, dove gli amici e i collaboratori di Strauss-Kahn invocano l´esistenza di un complotto a scala mondiale. “Non ci credo.” “Non è possibile.” “Non è l´uomo con cui lavoro da anni.” Come se l´intelligenza, il prestigio e la fama di colui che i sondaggi davano vincente alle future presidenziali rendessero automaticamente quest´uomo immune da ogni critica e da ogni sospetto. Come se la sua “scarsa resistenza all´attrazione femminile” ne facesse la vittima prescelta di macchinazioni e menzogne.
Ammettiamo pure che il direttore generale dell´Fmi sia particolarmente sensibile al fascino femminile. Ammettiamo pure che la sua “passione” per le donne si sia trasformata in una vera e propria “dipendenza dal sesso”. E allora? Si tratta forse di una scusa? Da quando in qua la dipendenza sessuale giustifica il ricorso alla violenza e alla brutalità quando l´oggetto del proprio desiderio non gradisce le attenzioni e le avances che le vengono rivolte? Tanto più che il problema non riguarda affatto il modo in cui Dominique Strauss-Kahn vive la propria sessualità in privato. Quello che ognuno di noi fa nella propria camera da letto non riguarda proprio nessuno. Tra “adulti consenzienti”, come si dice oggi, tutto è lecito. O quasi. Perché nelle storie di infedeltà coniugale, c´è sempre chi soffre e, prima o poi, ci rimette le penne. Ma questa è un´altra storia. Soprattutto in Francia, che ha fatto per secoli del libertinaggio il suo credo. Il vero problema è altrove. Quando si parte dal presupposto che il “consenso” sia un´opinione personale e relativa. Quando si pensa che tutte le donne siano automaticamente disponibili e felici di avere rapporti sessuali con un uomo ricco e potente.
Il postulato di partenza di questo tipo di credenze e di allegazioni è falso e offensivo. Perché non è vero che tutte le donne sono sensibili al fascino poco discreto del potere. Ne esistono tante che restano indifferenti e che, anzi, non sopportano di essere importunate da chi si crede irresistibile e al di sopra delle parti, proprio perché potente. Ma soprattutto non è vero che, quando si occupano posizioni di rilievo e si è ricchi o famosi, si possa dare per scontato il consenso di una donna. A meno di non credere che, per i potenti della terra, tutto sia lecito. E che la perversione possa diventare un modello di comportamento. E quando parlo di perversione, non penso affatto alla perversione sessuale, come potrebbero credere puritani e moralisti. Parlo della perversione morale, quella che spinge alcune persone – uomini politici, grandi imprenditori, star e successful people – a comportarsi come se gli altri non avessero alcun valore, come se non esistessero nemmeno in quanto “altro”, come se si trattasse di semplici pedine su una scacchiera da spostare come e quando si vuole. Come spiegava Gilles Deleuze, il perverso vive e agisce in un mondo in cui la presenza degli altri è opzionale, perché l´unica cosa che importa sono le proprie pulsioni. “Sia fatta la mia volontà!”. Tanto gli altri, all´occorrenza le altre, non contano. “Sia fatta la mia volontà!”. Tanto che cosa vuoi che importi al mondo intero dell´esistenza risibile di una povera cameriera?
I legami ambivalenti tra sesso e potere sono sempre esistiti. Esattamente come i pregiudizi secondo cui le donne sarebbero particolarmente affascinate dagli uomini di potere. Un tempo, i signori non esitavano ad intrattenere relazioni sessuali e a vivere amori ancillari con le schiave e con le serve. Indipendentemente dal fatto che queste ultime fossero o meno consenzienti. Ma all´epoca, le persone non avevano tutte lo stesso statuto e la stessa dignità. C´erano da un lato le persone libere, dall´altro gli schiavi. Da un lato gli uomini, dall´altro le donne. Ma come è possibile che oggi, all´era dell´uguaglianza e della libertà, valori chiave delle nostre democrazie, alcune persone possano anche solo immaginare che il potere e la ricchezza le rendano “più degne” di rispetto delle altre? E che non sia possibile che una cameriera di colore possa non aver voglia di fare l´amore con il direttore generale dell´Fmi?
La Repubblica 17.05.11