Il 17 maggio è la Giornata mondiale contro l’omofobia. Il 23 maggio, dopo 1000 giorni in Commissione, arriva in aula, alla Camera dei Deputati, il dibattito sulla legge contro l’omofobia. Sei giorni per verificare la capacità della politica di percepire la questione dei diritti delle persone lesbiche, gay e transessuali come parametro di compimento della Democrazia, ovvero di affermazione di quel principio di uguaglianza che connota la nostra Costituzione e che da due secoli a questa parte ha visto come testimoni militanti le donne, gli ebrei, le persone di colore ed oggi le persone lgbt.
Quando si tenta di offrire una descrizione sociale dei fenomeni di omofobia e transfobia nel nostro Paese,spesso li si collega impropriamente al clamore e alla rabbia di una cronaca che normalmente ci presenta una vittima e un carnefice nelle circostanze più disparate della vita quotidiana:il lavoro, la famiglia, la scuola. In realtà la vera misura del disprezzo, della violenza e dell’odio che declina l’omofobia sta più nel silenzio che nel clamore.
Il silenzio è la cornice di acquiescenze e connivenze che rende quadro la violenza in sè: il silenzio dei colleghi di lavoro, il silenzio delle Istituzioni,dei compagni di scuola,dei docenti,ovvero di tutti coloro che sanno o vedono e tacciono per paura, disinteresse o persino complicità. Quel silenzio è anche l’assenza di una legge che l’omofobia e la transfobia la combattano davvero,con le sanzioni,ma non solo: anche con una concreta campagna culturale che parli alla coscienza delle persone e ne affronti il nodo cruciale: il pregiudizio;la cruda deumanizzazione di chi ha un differente orientamento sessuale o una differente identità di genere che legittima ancora disprezzo ed odio in un circolo vizioso che riproduce se stesso.
Il silenzio è quello della paura di denunciare che spesso non trova la forza di diventare coraggio proprio perché mancano gli strumenti di prevenzione, contrasto e tutela. Ma il silenzio è anche la muta ipocrisia di pensare che una legge contro ‘odio possa prescindere dal riconoscimento delle coppie omosessuali,la cui assenza è essa stessa fonte e luogo di diseguaglianza e quindi di discriminazione. La campagna nazionale di Arcigay contro l’omofobia è un grande laboratorio di coesione della società civile contro tutto questo. Vi aderiscono le più importanti associazioni lgbt,ma anche le associazioni studentesche,l’Arci e la CGIL,e non a caso con uno slogan che guarda alla civiltà ed all’unità del Paese:contro la paura e il pregiudizio,fattori di disunione,la cultura dell’uguaglianza come veicolo di libertà , giustizia e nuova Unità del Paese. Tante voci contro il silenzio.
*Presidente Arcigay
L’Unità 17.05.11