Nella furia propagandistica di una campagna elettorale a colpi bassi, avvelenata da un´escalation di violenza ideologica e verbale, l´ultima sortita di Silvio Berlusconi a Napoli è insieme un´offerta d´impunità, un voto di scambio e un´istigazione a delinquere.
A caccia di un facile consenso popolare, il presidente del Consiglio abroga in pratica l´abusivismo edilizio e garantisce la legalizzazione dell´illegalità. E con ciò, abdica alle sue responsabilità di governo, dimettendosi nei fatti da premier che deve – appunto – guidare il Paese, indicare gli obiettivi e quindi orientare la vita della comunità.
Da capo dell´esecutivo a capopopolo, in vista di un turno elettorale che assume il significato e il valore di un referendum sulla sua figura, il leader del populismo mediatico ricorre così al più logoro armamentario politico per promettere quello che non può neppure promettere: la violazione autorizzata della legge. Una sorta di salvacondotto collettivo, un condono generalizzato, insomma un “lodo Berlusconi” per annullare gli abusi e revocare le demolizioni. Tutto ciò proprio nella capitale del Sud afflitta dall´illegalità eretta a sistema, deturpata dallo scandalo permanente dei rifiuti e avvilita della presenza endemica della criminalità organizzata.
Non è la prima volta in assoluto, del resto, che Berlusconi istiga i cittadini a delinquere. L´ha già fatto più volte a proposito delle tasse, incitandoli a non pagarle e ad evaderle. E più in generale continua a farlo quotidianamente, “pro domo sua”, sulla giustizia, sul rispetto delle norme, delle procedure o dei magistrati.
Qui, nello sdoppiamento di personalità tra l´ex “palazzinaro” e l´aspirante statista, trabocca il suo congenito disprezzo per la cultura delle regole. Un´ideologia oggettivamente eversiva che fa leva sul senso di proprietà, e in particolare su quella della casa come bene primario della famiglia, per compiacere gli istinti più individuali ed egoistici, gli “animalspirits” che ciascuno di noi coltiva e magari cerca di controllare nella propria dimensione esistenziale.
È paradossale, e in qualche misura anche confortante, che nemmeno la Lega sia disposta a seguirlo in questa rovinosa deriva. Il “partito territoriale” del Nord, quello che rappresenta il “popolo delle partite Iva” e combatte contro “Roma ladrona”, prende le distanze dal leader del cosiddetto Popolo delle libertà, forse nella consapevolezza che al di fuori delle regole la libertà è puro arbitrio, prevaricazione, illecito, disordine. C´è un evidente e progressivo distacco fra Bossi e Berlusconi, incarnato al livello più alto dal ministro dell´Economia Giulio Tremonti con la sua linea del rigore e del contenimento della spesa pubblica, che minaccia ormai di provocare l´isolamento politico del presidente del Consiglio arroccato nel bunker del suo potere.
Ma la profferta elettoralistica di Berlusconi, secondo i canoni e le pratiche della corruzione diffusa, è anche un´offesa a tutto il Sud, all´orgoglio e all´identità della sua popolazione. Un esercizio o una prova di profondo anti-meridionalismo, da parte del premier settentrionale, nei confronti di un Mezzogiorno considerato subalterno e “straccione”, pronto a vendersi o comunque a vendere il voto in cambio dell´impunità. L´orgoglio meridionale, inteso come difesa, riscoperta o rivalutazione della propria storia, della memoria e della dignità, viene travolto dall´onda d´urto della propaganda elettorale insieme a qualsiasi aspirazione di riscossa e di riscatto.
Nel suo bel libro intitolato Terroni, e gratificato da un´audience di oltre duecentomila copie, Pino Aprile sostiene che la condizione d´inferiorità della Bassa Italia deriva dalla coscienza storica di essere una “colonia”. E scrive che «gl´italiani vanno al Nord in cerca di soldi; al Sud in cerca dell´anima». Ecco, molto più prosaicamente, il capo del governo va al Sud in cerca di voti: anche sporchi, brutti e cattivi.
La Repubblica 13.05.11
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“Berlusconi sta con gli abusivi. «Vi salverò io dalle ruspe»”, di Jolanda Bufalini
48 ore di fuoco del premier che dilaga su tutti i Tg e sulle radio. A Napoli strizza l’occhio alle illegalità edilizia, a Milano prosegue la strategia dell’aggressione: «Pisapia innocente ma vicino ai violenti».
«Chiù pilu e cemento per tutti», proclamava Cetto La Qualunque e il premier, in collegamento con la radio napoletana Kiss Kiss, rilancia e promette sullo stile di Qualunquemente: «È pronto il provvedimento e domani (oggi, ndr) lo faccio vedere ai napoletani, fermeremo le ruspe sulle case abusive». Sono i parlamentari ecodem Roberto Della Seta e Francesco Ferrante ad evocare il personaggio creato da
Antonio Albanese di cui Silvio Berlusconi è un «clone», un’imitazione più riuscita dell’originale. D’altra
parte, al lancio del film, un sondaggio con tutti i crismi, commissionato dalla rivista on line “Formiche”, segnalò che il partito «del pilu» avrebbe raccolto il 2,3% di voti sicuri e il 6,8% di voti possibili, un range di possibilità del 9 per cento alla prima uscita non è un risultato da buttar via. Nel merito, però, c’è poco da ridere, «È grave che il presidente del Consiglio si spinga a dichiarazioni sempre più irresponsabili, – dicono i senatori Pd – sarebbe ancora più grave se alle parole seguissero i fatti: l’abusivismo edilizio, spesso controllato dalle ecomafie, è una piaga che ha distrutto territorio e speranza di futuro in molte parti d’Italia, dalla Campania alla Sicilia, facendo sorgere migliaia di case in zone pregiate e in aree insicure dove non si sarebbe mai dovuto costruire».
La strizzata d’occhio del premier ai proprietari di case che non potrebbero nemmeno essere condonate suscita nelle reazioni degli oppositori, come fa Fabio Granata, il ricordo delle tragedie, delle vite umane perse a causa di costruzioni insicure. L’Udc Cesa segnala che il premier promette ma non mantiene, come nel caso dell’emergenza rifiuti, che, su promessa del premier, doveva essere archiviata almeno sei mesi fa.
C’è da dire che il cemento e gli abusi muovono effettivamente qualcosa di profondo nelle corde del premier, il Pdl (emendamento Sarro) aveva già tentato di bloccare gli abbattimenti. A dicembre fu una telefonata del Quirinale a bloccare l’operazione, questa volta è un Calderoli imbarazzato a rintuzzare le parole pronunciate alla radio napoletana, «se una casa deve essere abbattuta a Milano deve esserlo anche a Napoli».
Ma la storia non è finita lì, perché il premier non ha mai smesso di pensare a un provvedimento di solidarietà
con i costruttori abusivi e ad aprile li ha ricevuti a palazzo Grazioli. Improbabile, però, dice il deputato Pdl Sarro, che il Quirinale accetti un «provvedimento ad hoc», tanto più che il presidente della Repubblica è molto perplesso anche sul decreto sviluppo e la privatizzazione delle spiagge.
Ma a 48 ore dalla conclusione della campagna per le amministrative trasformate in referendum sulla sua persona, il premier ha scelto, per raccogliere voti, la linea trash su tutto il territorio nazionale, dilagando su Tg1, Tg2, Tg5, sulle radio sportive, suscitando le proteste dell’opposizione e dell’osservatorio sui media che sollecitano un intervento dell’Agcom, anche se «il latte è già stato versato».
La frase del giorno dedicata a Milano è: «Letizia ha fatto bene a tirare fuori le unghie», riferita al falso, senza possibilità di replica, lanciato dal sindaco Moratti contro l’avversario Pisapia. Un falso strumentale che serve a confezionarne un altro: «È alleato con i violenti», sostiene Berlusconi facendo eco alle parole della Moratti e togliendo ogni dubbio sul mandante dell’aggressione, facendo piazza pulita delle espressioni di sorpresa che
l’entourage del premier aveva fatto circolare il giorno prima. La presa di distanze di Letizia Moratti dai manifesti di Lassini che definivano il Tribunale di Milano un «covo di Br» sembra lontana anni luce e archivia
la favola della kermesse fra moderati. Il premier aggiunge alla formula aggressiva un po’ di vittimismo, «Pensate a me che ho subito 30 processi». Giuliano Pisapia gli ricorda: «Io amnistiato, mi sono fatto giudicare per essere riconosciuto innocente, lui invece ha utilizzato amnistie e prescrizione». «L’attacco di Letizia Moratti contro Giuliano Pisapia è il risultato di una strategia aggressiva di Berlusconi, di cui la Moratti è il braccio armato», sostiene Bruno Tabacci intervistato sul duello televisivo da La7: «Una strategia di aggressione studiata a tavolino, iniziata con i manifesti di Lassini contro le Br nelle Procure e proseguita dalle parole di Berlusconi sul brigatismo giudiziario».
da L’Unità