Il monito e il richiamo alla responsabilità di ricostruire un clima di coesione e di unità del sindacato, che il Presidente della Repubblica ha pronunciato in occasione del 1 maggio, è stato differente da altre volte. Per questo, mi ha colpito e fatto riflettere. C’erano nelle sue parole, l’urgenza dei tempi di superamento dello stato di animosità e delle diffidenze esistenti, per non permettere che il crescente e lungo periodo di contrasti e divisioni sindacali diventi irriducibile ostilità e raggiunga un punto di non ritorno. Le sue parole sono state forti, esplicite, nette. Costringono tutti, secondo me, a superare la condivisione “ipocrita” e solo formale, come il Presidente stesso la definisce e porsi ciascuna organizzazione, la responsabilità di riflettere e rispondere. «La divisione sindacale è il punto di partenza per l’indebolimento generale dei lavoratori. Bisogna capire che la divisione è debolezza, che così avremo torto anche se abbiamo ragione…» diceva Giuseppe Di Vittorio al giovane LucianoLamaall’indomani della scissione sindacale. Questa frase antica ritorna alla mente non solo come monito, ma per la sua straordinaria attualità: quella ragione che ciascuno pensa onestamente di avere e che rischia però di trasformarsi in una parete di granito che può mettere in crisi irreversibile l’unità. Serveuna nuova stagione sindacale unitaria, non è solo perché si è più deboli divisi, siacomelavoratori, sia come sindacati. C’è molto di più profondo e di importante, in questo tempo. C’è l’urgenza delle scelte difficili che questo Paese deve compiere e affrontare. C’è un Paese impegnato in modo inedito nell’aera del mediterraneo, C’è la crisi dell’economia, dell’occupazione. C’è una crisi etico politica delle classi dirigenti al potere e al governo. C’è la paura di perdere il poco (quando c’é) che ancora si possiede; l’incertezza di poter riuscire ad avere un lavoro, o di tenere quello che si ha; l’ansia di un futuro troppo incerto , o addirittura oscuro per chi come quel trenta per cento di giovani non ha alcuna possibilità di lavorare. la caduta verticale del rispetto, della dignità, dei diritti di cittadinanza e del lavoro, nei confronti delle donne,comeabbiamo gridato nelle piazze il 13 febbraio; le crescenti difficoltà di vivere una vita dignitosa per la diminuzione del reddito di tantissime famiglie, avvenuta in conseguenza della crisi e per le scelte sbagliate del Governo. C’è il futuro di tutti – del lavoro, delle imprese, dei giovani, delle donne -dentro questa urgenza Ci sono cambiamenti e riforme – necessarie – che non saranno indolori. Ed è qui che il monito del Presidente assume quel rigore e vigore politico che chiama ad una scelta di straordinaria responsabilità per tutti i sindacati. Tocca a noi rispondere con i fatti, con atti veri, con la capacità di compiere un passo di lato e puntare insieme a crescita, occupazione, equità. A definire la rappresentanza e democrazia sindacale. È tempo di ridefinire regole e ruolo Di un sindacato confederale nazionale e europeo, democratico, che garantisce certezza di partecipazione e di decisione a tutti coloro per cui svolgiamo quel ruolo negoziale che definisce condizioni di lavoro e cittadinanza sociale per milioni di donne e uomini. É tempo anche di definire, come avviene in altri paesi, nelle imprese livelli certi di partecipazione alle scelte strategiche, che rendano anche i lavoratori protagonisti consapevoli dei destini dell’impresa stessa. Ripartiamo dalla condizione prevalente e dominante che vivono i nostri iscritti e i lavoratori, in questa fase storica. Questo serve all’Italia! E questo non si fa da soli. Non ce la può fare un singolo sindacato, ma neppure il singolo imprenditore , piuttosto che la politica, o un governo che ha escluso e diviso forze che, invece, andavano messe insieme per fronteggiare il dramma della crisi. Equesto è proprio quel che ci dice anche il Presidente. Occorre cambiare orizzonte e costruire un nuovo ciclo sindacale in Italia ed in Euoropa, ricostruire relazioni sindacali con e fra tutti i soggetti, sconfiggere la volontà di divisione di questo irresponsabile governo. Serve un confronto vero, serio, profondo, sul futuro del sindacato, sulla questione della rappresentanza e rappresentatività, sulla democrazia sindacale, con uno spirito opposto a quello – che rappresenta una vera e propria malattia – di chi si sente “liberato” dai problemi difficili della mediazione che l’unità comporta. Ma bisogna anche uscire definitivamente dall’ambiguità di questi ultimi quindici anni di rapporto con la politica, in cui si è oscillato tra tentazioni di sostituzione e schiacciamenti pericolosi per la reciproca autonomia. Occorre definitivamente smettere di considerare gli iscritti al sindacato bacino elettorale preferenziale per quello o quell’altro partito. Nessuno vuole limitare le convinzioni valoriali dei sindacalisti, né svilire il ruolo dei valori generali nel fare sindacato, ma non bisogna mai dimenticare che al centro di tutto ci sono le persone in carne ed ossa e non simulacri aderenti a pacchetti ideologici, vecchi o nuovi.
*VICE SEGRETARIA GENERALE FILCTEM CGIL-PRESIDENTE SINDACATO EUROPEO TESSILI
L’Unità 08.05.11