I belli, i brutti & i cretini. A questo sempre più rischia di ridursi la vicenda pubblica italiana, per non dire il potere che con disperata allegria incoraggia questa ottusa deriva estetizzante a colpi di battute, battutine, scherzi, storielle, barzellette, provocazioni e quant´altro di frivolo e feroce offre l´armamentario polemico nel tempo delle post-ideologie.
Ieri è toccato durante una cena elettorale al ministro La Russa, costantemente sopra le righe, sostenere che le donne del nemico sono più brutte («Ci sono alcune elette non belle anche da noi, ma certo non raggiungono l´apice della sinistra, di donne di cui non faccio il nome»); ma l´altroieri era il turno del coordinatore lombardo del Pdl, Mantovani, che s´è l´è presa con Paola Congia e con Rosy Bindi. Quest´ultima sarà una decina d´anni che deve vedersela con faccende del genere, sembra di ricordare che il primo accusatore fu Cossiga, ma la periodicità è in netto aumento e l´intensità pure, in linea del resto con l´altezza dei pulpiti istituzionali da cui tali malevoli giudizi vengono lanciati.
L´informazione infatti ci va a nozze, il corredo iconografico è immancabile, i conduttori dei talk-show ci inzuppano il pane, per cui le reazioni e le variazioni sul tema si sprecano e al tempo stesso si omologano, “senti chi parla”, “sei bello tu”, “guardati allo specchio”; non di rado chi offende chiede scusa, chi è offeso a sua volta è pronto ad offendere sullo stesso terreno, magari evocando la chirurgia estetica; e ogni tanto dalla bruttezza presunta il dibattito si rovescia nel suo contrario: se in politica la bellezza femminile o la telegenica piacioneria dei maschi siano da considerarsi una colpa, o una risorsa, un´ignominia, un segno dei tempi o chissà che.
Non che nella Prima Repubblica non si ponesse la questione dei brutti e dei belli, ma i cretini sembravano francamente di meno. Anche allora si ironizzava su un certo ministro socialdemocratico, Lupis, che nominato alla Marina Mercantile fu subito detto “l´abominevole uomo delle navi”, ma erano amenità da Fortebraccio, l´acuto e malinconico corsivista dell´Unità. Brutte, ai tempi, e raffigurate irsute come cinghiali erano per i comunisti le donne dell´Azione cattolica; i democristiani ironizzavano sullo strabismo del segretario dei missini e questi ultimi si rifacevano all´onomastica a sfondo fisionomico: Piccoli, Storti, Malfatti e Malvestiti. In coda a tale disagiata combriccola si potevano sempre aggiungere il Nano e il Gobbo, ma nel campo della politica c´erano molte altre cose più importanti.
Ora non più. Così la nemica è brutta, il nemico puzza, è nano, è grasso, è pelato, ha la dentiera, ha il pannolone. Una documentata casistica, estesa al giornalismo, si prenderebbe quattro o cinque pagine di quotidiano.
La Russa e Mantovani, accusatori di giornata, sembrano parecchio sotto a questo livello di consapevolezza. Ma anche senza ricordare la scuola quadri per veline o alle investiture parlamentari della Minetti o di “Forza Gnocca” in Lombardia Italia ed Europa, la ricerca, la selezione e la scorciatoia di carriera garantita a personaggi ornamentali, di bella presenza, fa pure cascare le braccia. E se nel 2001 il centrosinistra scelse Rutelli come candidato con motivazioni che rientrano in questo schema, per capire che aria tira nell´altro campo basti qui ricordare ciò che Tremonti disse all´altro possibile successore, Alfano, quando seppe che il Cavaliere gli aveva messo gli occhi addosso: “Se ti ha scelto nonostante tu non sia bello, vuol dire che sei molto intelligente”.
In ogni caso risulta che in quel frangente Berlusconi abbia caldamente suggerito ad Alfano un trapianto di capelli. Per lui chi fa politica ha il dovere – il dovere morale, si badi! – di curare il proprio aspetto. Così l´estetica si risolve in etica: niente panza, niente barba, niente nei sul volto, niente orecchie a sventola. Suggerisce chirurghi, il premier, e dà ai malcapitati i numeri di telefono, figurarsi se si scandalizza se La Russa e quell´altro dicono che le donne del nemico sono brutte.
La Repubblica 08.05.11