Domani è il 25 aprile. Una data fondamentale per la nostra storia, anche se la distanza ne ha affievolito il ricordo fino a renderlo quasi assente nelle più giovani generazioni. Non ci dobbiamo sorprendere di questo fatto perché il tempo tutto appiattisce e tutto cancella. Vale tuttavia la pena di ricordare che cosa significava questo giorno in passato e che cosa deve significare oggi. Il 25 aprile del 1945 è una data fondamentale nella storia italiana non solo perché ricorda la fine di una lunga tragica guerra e la liberazione della nostra Italia dal giogo del nazismo e del fascismo ma soprattutto perché apre finalmente una nuova prospettiva di vita economica e politica del Paese.
Non ci si libera solo dal nazi-fascismo ma si liberano le forze positive che, pur con grande fatica e con un procedere non sempre lineare, hanno alimentato il nostro sviluppo civile, sociale ed economico. Uno sviluppo che parte dalla fissazione dei valori e delle regole della Costituzione, frutto di un lungo, civile ed approfondito confronto fra le principali forze politiche democraticamente elette. Un momento unico della nostra storia perché mai dopo di allora il Parlamento è stato impegnato così a lungo e in modo così costruttivo in un dibattito dedicato a tracciare le grandi direzioni dello sviluppo futuro dell’Italia. Un dibattito che, pur con tanta fatica e tante difficoltà, è riuscito a fare convergere verso un’idea unitaria le principali forze politiche italiane. Per questo motivo, anche se alcuni aspetti tecnici della nostra Carta hanno dovuto essere adattati ai tempi, i principi fondamentali della Costituzione sono ancora il punto di riferimento della nostra identità politica e resistono anche di fronte ai ripetuti tentativi di sovvertirne la lettera e lo spirito.
Il 25 aprile è anche la data che pone le basi per una nuova politica estera dell’Italia, spinta a guardare verso le altre democrazie e a preparare il terreno per la costruzione europea che, pur con tutti i suoi limiti e le sue incompiutezze, ha garantito pace, sviluppo e progresso civile ad un continente per secoli massacrato da guerre e divisioni. Da quel momento, e solo da quel momento, è stata possibile una politica capace di preparare una consapevole risposta italiana ai cambiamenti del mondo. Una risposta che oggi sembra invece lontana, quasi impossibile.
Pur avendo conosciuto un crescente benessere l’Italia è infatti attraversata dalla divisione e dalla paura. Paura della nuova concorrenza, paura degli immigrati ma, soprattutto, paura di noi stessi e delle nostre insanabili divisioni. Per costruire un nuovo 25 Aprile bisogna perciò superare queste paure e liberare quelle forze che oggi non sono in grado di esprimersi e che, non potendo contribuire allo sviluppo del Paese, ne alimentano la paura.
È venuto il tempo di ricostruire la speranza per chi teme di non avere più un futuro, soprattutto per i ragazzi che pensano ormai di avere perduto la gara della loro vita e per le donne, che vedono il loro ruolo molto più debole di quello giocato dalle donne degli altri Paesi. Costruire il nuovo significa quindi, prima di tutto, combattere la paura. Non per nulla di tutti i discorsi che Giovanni Paolo II ha fatto nei lunghi anni del suo Pontificato la frase che più di tutte viene ricordata è proprio il «non abbiate paura». Un ammonimento che vale per tutti, ma soprattutto per noi italiani.
Solo fondandoci su una nuova speranza abbiamo la possibilità di guardare ai cambiamenti del mondo senza sentirci sopraffatti dalle grandi potenze o dai nuovi Paesi che cercano quello spazio che la storia aveva loro da lungo tempo negato. E dovremo anche capire che, se il mondo è tanto cambiato, vi è ancora più bisogno di una Europa forte e coesa. Un’Europa che noi dobbiamo costruire con fiducia giorno per giorno e non limitarci a lamentarne la mancanza quando non la sentiamo solidale di fronte ai nostri problemi.
Per avere un nuovo 25 Aprile noi dobbiamo inoltre riacquistare il senso di un destino comune. Il che significa rispettare lo spirito dell’Assemblea Costituente e ritrovare il valore delle regole, come esse sono scritte nella nostra Costituzione. Regole che non possono divenire uno strumento di sopraffazione e che non possono essere mutate a seconda della nostra convenienza.
Non avere paura significa infine avere fiducia nella nostra capacità di trovare in questo momento di gravissima crisi la solidarietà necessaria per convincere tutti gli italiani che la ricostruzione civile ed economica dell’Italia sarà portata avanti dai sacrifici di tutti ma dagli sforzi proporzionati alle spalle di chi li deve compiere. Proprio come apparve possibile il 25 Aprile del 1945, in un’Italia pur ancora dilaniata dagli odii e dalle divisioni.
Il Messaggero 25.04.11