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«Scuola statale a rischio», di Maurizio Tiriticco

Non mi scandalizza tanto l’ulteriore attacco di Berlusconi alla scuola statale e ai suoi insegnanti, accusati non solo di essere di sinistra, ma addirittura di inculcare nei loro alunni ideologie e valori diversi da quelli della famiglia (sic!), quanto il battimani della platea e, forse, il consenso di tanti genitori sempre pronti a difendere l’ignoranza dei figli contro le sincere preoccupazioni che manifestano tanti insegnanti onesti e preparati, di sinistra o di destra che siano. D’altronde, secondo il Berlusconi-pensiero, anche se esistessero insegnanti disponibili ad inculcare i principi e i valori della famiglia, come potrebbero fare? Con tutti i testi di sinistra che girano, l’impresa è davvero ardua! Ma qui c’è il vigoroso sostegno della Carlucci sorella che, dopo attente disamine sui testi scolastici, dichiara che occorre provvedere al più presto ad un’opera di bonifica, se non ad una loro totale riscrittura! “Dio, Patria e Famiglia” sarà il nuovo brand (diciamolo all’inglese, ricordando una delle tre I) della nuova scuola statale berlusconiana!
L’attacco berlusconian/carlucciano non è affatto cosa da sottovalutare: fa pendant con le scelte finanziarie e ideologiche del duo Tremonti/Gelmini, impegnati da un lato a tagliare il più possibile per la sola scuola statale, dall’altro a “riordinare” – si fa per dire – un secondo ciclo di istruzione ritinteggiando i tre canali di sempre e rafforzando quel canale di gentiliana memoria di cui il nostro Paese sembra non potersi mai liberare. Il disegno di fondo dell’attuale gruppo dirigente è ormai più che scoperto: screditare e aggredire da ogni parte e con ogni mezzo la scuola statale e accreditare e rafforzare quella privata. Ed è un disegno che va maturando e rafforzandosi. Il fatto che, dopo la prima bordata sugli insegnanti che inculcano, pur dopo una parziale rettifica, ne sia seguita l’altroieri una seconda ancora più violenta, la dice lunga: l’affondo procede ed è contestuale con gli attacchi che si fanno sempre più violenti contro la magistratura. Due pilastri della nostra Repubblica, l’istruzione e la giustizia, la cultura “con cui non si mangia” e il diritto “con cui si prescrive”, sono costantemente sotto assedio. Se questa maggioranza si rafforza – e le soluzioni Scilipoti sono all’ordine del giorno – i giochi saranno presto fatti. Con un Parlamento completamente asservito e sotto scacco, anche la democrazia è a rischio e una nuova versione del fascismo è alle porte! Con le cravatte di Marinella invece che con le camicie nere!
E allora, che fare? Serrare i ranghi in primo luogo. Gli operatori della giustizia e quelli della scuola sono in prima linea. E’ sufficiente “resistere, resistere, resistere, come su una irrinunciabile linea del Piave”, come disse Francesco Saverio Borrelli nel lontano 2002? Oppure questo Piave occorre superarlo? La parola è alla politica! Io, uomo di scuola, mi limito a considerare che su un corpo già così profondamente leso dagli improvvidi… provvedimenti del potere dominante – dalla Moratti alla Gelmini, esclusa la breve parentesi di Fioroni – occorrerebbe ritrovare un minimo di linea e di consenso. Alludo a ciò che sta accadendo con le prove Invalsi. Di questa iniziativa si può discutere quanto si vuole – e io l’ho fatto più volte – ma sarebbe nocivo per la scuola, gli insegnanti e i nostri giovani che il nostro sistema di istruzione dovesse essere compresso – non disco schiacciato – dalle bordate della destra berlusconiana e da quelle di un’ultrasinistra che vede in quelle prove la mano del demonio.
Le prove Invalsi potranno avere tutti i limiti del caso, didattici e organizzativi, ma hanno a monte una ricerca, una “cultura della valutazione di sistema”: vengono da lontano, se ne parla da più di dieci anni, anche in termini normativi, e sono i primi passi che stiamo facendo per capire qualcosa di come funziona il nostro Sistema educativo nazionale di istruzione e formazione. E sono prove che in altri Paesi UE si fanno da anni e nessuno si adonta! Quindi, non confondiamo le carte in gioco: il vero pericolo sono le bordate retrive di questa maggioranza, assolutamente da respingere, non una sperimentazione che può sempre essere perfettibile! Impariamo ad alzare e abbassare la nostra voce e le nostre iniziative laddove è necessario, senza però lasciare spazi aperti a chi la scuola statale la vuole veramente affossare!
E per la prima volta sono d’accordo con quanto ha dichiarato la Mastrocola a “la Repubblica” di ieri! E’ tutto dire!

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«Da Vecchioni a Mastrocola il coro dei prof: “Non ci meritiamo gli insulti del premier”», di Corrado Zunino

“Attacca ogni volta che deve sviare una questione, come la giustizia, o nascondere il fallimento della riforma Gelmini”

ROMA – Nel messaggio di Silvio Berlusconi alle mamme di Padova, ieri, c´era quel passaggio – «abbiamo tutelato la famiglia con il bonus per la scuola privata» – che trasformava un´invettiva contro i professori di Stato, lanciata a febbraio nell´assise dei cristiano riformisti, in una strategia politica e di classe: questo governo aiuta la scuola privata contro quella pubblica e comunista.
Roberto Vecchioni, il professore di latino e greco in pensione, scuote la testa: «Quest´uomo dice cose fortemente repressive in un italiano povero e ripetitivo. Il personaggio è così. Non ho voglia di parlare di lui mai perché è un quaquaraquà cosmico, si descrive da solo».
Un´altra “prof” famosa (scrittrice lei) è Paola Mastrocola, autrice del recente “Togliamo il disturbo”, saggio sulla libertà di non studiare (e sulla distruzione della scuola). Ha insegnato Letteratura italiana all´Università di Uppsala, in Svezia, oggi lo fa al liceo scientifico di Chieri. «Chiedo scusa, ma non capisco a cosa si stia riferendo il presidente del Consiglio», dice. «Insegno vicino a Torino e cerco di inculcare qualcosa che somiglia più o meno alla cultura. Forse siamo disprezzabili, ma io provo a far leggere tanti libri ai miei studenti, molta letteratura italiana. La libertà di pensiero parte dai libri, dalla padronanza e dalla ricchezza della parola. Oggi la scuola italiana avrebbe bisogno di indirizzi chiari e invece ci stiamo perdendo le nuove generazioni. Credo che Berlusconi quelle cose le pensi davvero, ma noi non meritiamo le sue parole. Sono appena tornata da una stupenda lezione di Umberto Eco su memoria e oblio, sulla virtù del dimenticare: applicherei Eco alle parole di Berlusconi che ci invadono».
Livio Romano è uno scrittore di Nardò, in Puglia. Da quattordici anni insegna inglese alle elementari. Laureato in legge, è figlio di due maestri e nipote di maestri. Dice: «Non ho mai inculcato alcunché perché ogni docente degno di questo nome sa che dai ragazzi ha tutto da imparare. Certo, insegnare deriva dal latino, “lasciare un segno”, e io orgogliosamente cerco di trasmettere i miei valori: solidarietà, antirazzismo, tolleranza. Da uomo di sinistra credo siano quelli giusti e non c´è un genitore che mi abbia mai contestato. Il gergo di Berlusconi è poverissimo mentre io cerco di spiegare le cose più difficili, la dichiarazione d´indipendenza degli Stati Uniti per esempio, ai bimbi in classe e alle mie tre figlie. Non c´è cosa che non si possa spiegare ai bambini, basta conoscerla».
Giorgio Nisini, candidato al premio Strega con “La città d´Adamo”, tiene un corso di sociologia della Letteratura all´Università La Sapienza di Roma. Da dieci anni è professore a contratto. Precario. «Berlusconi vede complotti dappertutto, ma il premier attacca ogni volta che deve sviare la questione, quando non sa risolvere un problema. Lo fa con la magistratura, lo fa con la scuola, dove la riforma del suo governo non risolve nulla. Scuola e università pubbliche dovrebbero essere la priorità assoluta. Sono luoghi da tutelare perché lì si studia senza obblighi pragmatici. Il problema è che i professori quarantenni, impoveriti, oggi hanno grandi difficoltà a progettare il proprio futuro».

da www.repubblica.it