Prosegue la battaglia dei dem alla camera, e Bersani mette Bossi nel mirino. «Ormai dormo con il regolamento accanto ». La mente e il braccio dei blitz democrat nell’aula di Montecitorio hanno un nome e un cognome: Roberto Giachetti. È stato lui a individuare nell’articolo 32 del regolamento della camera lo spunto per prolungare i lavori parlamentari, ritardando il più possibile l’approvazione della norma sulla prescrizione breve. Con anche i ministri costretti a rimanere lì fermi ad ascoltare i deputati dem e dipietristi prendere la parola per «chiarire il proprio pensiero espresso nella seduta precedente » (così recita il regolamento), tirando in ballo perfino il salame d’oca e il culatello.
Sì, il Pd le sta provando tutte. «Fino a che ci sarà il tentativo di calpestare le regole – dice chiaramente Dario Franceschini – non esiteremo a utilizzare ogni virgola del regolamento per ritardare e impedire l’approvazione di questa legge». La parola d’ordine, in risposta alla seduta notturna imposta dalla maggioranza per accelerare sul processo breve, è «ventre a terra ». I dem si fanno forti anche di una ritrovata compattezza interna. Certo, è noto che Walter Veltroni non ami questo genere di battaglia politica, ma nemmeno il MoDem vede in questa fase alternative possibili.
«Il lavoro che si sta facendo tra piazza e parlamento va benissimo – spiega il braccio destro dell’ex segretario, Walter Verini – l’importante è riuscire a far emergere la nostra alternativa ». D’altra parte, il centrodestra continua a soffrire: ieri il rinvio in commissione della legge comunitaria (altro “ostacolo” da rimuovere per arrivare al core business giudiziario) è passato per soli otto voti.
Gli “incidenti” in aula, insomma, sono sempre possibili.
E non sono frutto di improvvisazioni, bensì di una strategia politica ben chiara, che Pier Luigi Bersani sintetizza in due punti. Il primo: «Non disperdere l’indignazione». Sono sempre di più gli italiani che si rendono conto che Berlusconi pensa solo agli affari propri, costringendo anche i ministri a stare in aula per votare le “sue” leggi invece di andare a fare il loro lavoro. Questa «indignazione », appunto, rischia di essere strumentalizzata dall’antipolitica alla Grillo o alla Di Pietro, magari con derive estremistiche, oppure di alimentare l’astensionismo. Il Pd, nell’intenzione del segretario, deve riuscire invece a intercettarla e canalizzarla: si spiega così la “staffetta” tra piazza e parlamento già vista in questi giorni, che proseguirà ancora, a partire dalla “notte bianca per la scuola e la democrazia” di domani. Alle viste ci sono le elezioni amministrative e il Pd, all’insegna dello slogan «un voto per la tua città, un voto per il paese», vuole politicizzare il più possibile questo appuntamento, che potrebbe segnare un altro importante punto di crisi per il governo Berlusconi.
Anche il secondo elemento della strategia democratica ha a che vedere con le urne: prendere di punta la Lega. Il Carroccio continua a essere considerato dai dem l’elemento più sofferente della maggioranza e Bersani ieri è tornato a offrire la disponibilità del Pd a discutere del federalismo, purché si fermi il percorso avviato (male, per il Nazareno), «a prescindere dalle condizioni politiche, anche in caso di interruzione della legislatura». Insomma, la Lega molli Berlusconi e noi siamo pronti a riparlarne.
Un invito che però rischia di essere ormai tardivo: all’ala più dialogante della Lega (Maroni, in primis) restano pochi margini di manovra in questa fase e sul percorso del federalismo bastano le parole di Bossi: «L’abbiamo portato a casa, altri voti non ci servono».
Ma se a mancare saranno i voti nelle urne di maggio, le incertezze del Carroccio potrebbero riemergere.
da Europa Quotidiano 07.04.11