Valutare la scuola. Il sistema va rafforzato, ma finanziato. Il ministro fa esattamente il contrario, salvo poi denigrare chi lavora nell’istruzione. Presidi, insegnanti, bidelli…A proposito del dibattito sulla prossima somministrazione delle prove Invalsi, la situazione è questa. Alcuni sostengono che non sia obbligatoria in quanto non rientra fra le mansioni degli insegnanti, e quindi, se non è l’Invalsi a pagarli per questo lavoro extra (cosa che dovrebbe fare), vanno pagati con i fondi della scuola e, se ciò non accade, hanno diritto di rifiutarsi. Il rifiuto, dal punto di vista sindacale, potrebbe avere fondamento. Ma è certo che l’Invalsi non abbia soldi per pagare tutti gli insegnanti che dovrebbero somministrare le prove (se fossero solo centomila insegnanti a soli 10 euro a testa farebbe già piú di un milione). Il Governo “del W il merito”, con l’ultima finanziaria, ha tolto un quarto dei già magrissimi finanziamenti dell’Invalsi: avevano 4 milioni l’anno che coprivano poco piú degli stipendi dei dipendenti e collaboratori; da quest’anno ne hanno 3 e da poco sono diventati 2.7 per via di una successiva tagliatina del 10% di Tremonti. Pagare il lavoro extra degli insegnanti con i fondi delle scuole? Le scuole autonome sono in condizioni anche piú drammatiche dell’Invalsi: questo governo e questo ministro non hanno ancora pagato nemmeno tutti i debiti pregressi. Il risultato di questa battaglia sindacale è che saltano le prove e basta. È questo che vogliamo? Il rifiuto è comprensibile, ma incrociare le braccia produce un danno reale per la scuola e un vantaggio mediatico per il ministro. Le prove infatti, pur con i grossi limiti dell’ attuale Invalsi, sono uno degli ingredienti necessari ad avviare una valutazione del sistema scolastico, urgente e drammaticamente assente quanto una vera autonomia e un adeguato finanziamento. Farle a tappeto senza adeguata formazione dei somministratori rischia di avere scarso valore scientifico, ma impedirle è un regalo al ministro: proprio lei, che taglia l’Invalsi, non valuta un accidente e dà i pochi soldi alle scuole e alle regioni amiche, potrà ripetere per l’ennesima volta che la destra è per il merito ma la sinistra rema contro. Del resto ha tagliato la diaria e mette in cattiva luce gli insegnanti che non fanno i viaggi di istruzione, ha detto che se le scuole chiedono soldi alle famiglie è colpa dei presidi, se sono sporche è colpa dei bidelli, eccetera. Questo ministro ha sempre e solo denigrato chi studia e chi lavora nella più importante istituzione democratica del Paese. Ma proprio per questo sarebbe imperdonabile cadere nelle sue trappole mediatiche. E allora il Pd che cosa dice? Primo: anche per una seria valutazione occorre un nuovo rapporto di fiducia, o almeno di rispetto, tra chi governa e la scuola: basta con gli insulti a presidi, insegnanti, Ata. Secondo, non spetta a un partito di opposizione aggiustare i cocci di un ministro maldestro e sgarbato: a fronte di innegabili ragioni sindacali e politiche di protesta e di totale indifferenza del ministro ai documenti del PD sulla valutazione, non gli faremo certo da stampella con campagne del tipo «sottoponetevi ad ogni costo alle prove Invalsi». Terzo: va denunciata l’assurdità della situazione: il ministro prima taglia i fondi all’Invalsi, poi ne aumenta i compiti e infine li scarica sugli insegnanti. Come negli esperimenti di autunno, come nel milleproroghe, il ministro fa propaganda, proponendo la valutazione in forma tale da risultare inaccettabile anche per chi la vuole. Quarto: alla luce di quanto detto, la protesta anti-Invalsi rischia l’autogol. Secondo noi l’Invalsi va riformato, reso indipendente dal ministero (chiunque sia il ministro), messo in grado di svolgere il proprio compito con adeguate risorse; soprattutto occorre un progetto organico nel quale scopi e uso dei test siano noti e condivisi, e siano valutati non solo apprendimenti e insegnanti, ma anche dirigenti e uffici scolastici regionali; un progetto che punti al sostengo e al miglioramento delle scuole autonome, non a un Giudizio Universale che punisce i cattivi, premia i buoni e magari peggiora l’apprendimento medio. Dobbiamo lavorare tutti per promuovere una cultura della rendicontazione sociale del lavoro nelle istituzioni pubbliche. Per questo chiediamo che su una cosa cosí importante per la scuola il Governo smetta di far propaganda e cominci a fare politica. Proceda con adeguato consenso di chi nella scuola lavora e adeguate risorse per operazioni complesse e nuove per il nostro sistema scolastico. Aiuti la scuola a fare un passo avanti verso la valutazione, o almeno a non fare altri passi indietro.
L’Unità 22.04.11