Nel nostro Paese ce ne sono 11. Si fanno concorrenza stringendo accordi con sindacati, enti, ordini professionali e concedendo vantaggi agli iscritti. Ma nonostante questi sforzi raccolgono appena l’1% degli studenti. Le università telematiche italiane sono undici ma non fanno squadra: ciascuna “gioca per sé” e cerca di massimizzare gli iscritti a spese delle altre. Una lotta senza esclusione di colpi che viene combattuta attraverso due strumenti: le convenzioni e il riconoscimento dei crediti formativi. Protocolli d’intesa vengono siglati con una molteplicità di soggetti eterogenei: sindacati, enti, comuni, ordini professionali, banche, assicurazioni; ciascun ateneo intesse relazioni e propone pacchetti ad hoc per offrire sconti sulla retta d’iscrizione a un’utenza di iscritti potenziali – lavoratori diplomati desiderosi di fregiarsi del titolo di dottore per fare carriera ma con un occhio attento al portafoglio – inclusa la possibilità di riconoscere “fino a un massimo” di 60 crediti formativi (l’equivalente di un anno accademico, ndr) grazie a esami sostenuti in passato o a esperienza “buona per la laurea” acquisita lavorando.
Il podio delle convenzioni. Nella speciale classifica delle convenzioni un ateneo in particolare svetta su tutti gli altri: l’Unisu – Università telematica della Scienze Umane “Niccolò Cusano” – ha stretto ben 103 accordi, principalmente con Ordini dei Consulenti del Lavoro sparsi in tutta Italia e sindacati di ogni colore. Molto attive sul fronte convenzioni sono anche la napoletana Unipegaso – sul suo sito istituzionale risultano 25 accordi attivi – e l’Universitas Mercatorum, la telematica delle Camere di Commercio Italiane che si attesta a quota 20 e
precisa che “le agevolazioni indicate in convenzione sono estese anche ai familiari”. Un po’ come se si trattasse di un abbonamento alla palestra o della carta punti fedeltà del supermercato.
Iscritti col lanternino. Nonostante questa frenetica attività di promozione e di vendita con lo sconto della retta annuale, oggi gli atenei telematici mettono insieme complessivamente soltanto l’1% della popolazione studentesca universitaria nazionale. Questa scarsa attrattività, consolidatasi negli ultimi anni, è derivata principalmente dal “tetto dei crediti” voluto nel 2006 dall’ex ministro Fabio Mussi: un “atto dovuto” visto che nei primi anni di attività – in assenza di paletti e con assoluta discrezionalità – le telematiche hanno sfornato centinaia di laureati “precoci”, che erano riusciti a strappare in pochi mesi una triennale grazie a un riconoscimento di crediti formativi molto “generoso”. Il massimo risultato con il minimo sforzo, visto che il titolo “conseguito” ha pieno valore legale.
Laureati “virtuali”, chi li ha visti? Gli ultimi dati certificati disponibili sui laureati a distanza, presenti nell’Anagrafe Nazionale degli Studenti e relativi all’anno 2008/2009, denotano l’assoluta marginalità delle telematiche nell’offerta formativa accademica del Belpaese: “Giustino Fortunato” 64, “Guglielmo Marconi” 62, “Leonardo Da Vinci” 41, “Italian University Line” 23, Universitas Mercatorum addirittura soltanto dieci. Sono solo alcuni esempi eclatanti: numeri davvero modesti, soprattutto in relazione al fatto che gli atenei telematici rappresentano ben il 10% delle istituzioni accademiche italiane autorizzate a rilasciare titoli. Per l’immediato futuro, inoltre, non è previsto un netto cambio di passo: nonostante le iscrizioni alle telematiche siano aperte tutto l’anno, il trend dei nuovi ingressi nell’ultimo triennio è nella maggior parte dei casi negativo.
Uninettuno, l’eccezione positiva. L’Università Telematica Internazionale “Uninettuno” è l’unica ad aver ottenuto un risultato positivo alle visite ispettive del Cnvsu (Comitato Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario) – a tre e a cinque anni dall’inizio dell’attività – e ci tiene a non “confondersi” con le altre, precisando questa sua peculiarità in maniera ben evidente sull’homepage del proprio sito istituzionale. “Valutata per la seconda volta positivamente e senza riserve” è scritto sulla web-bacheca. Un “bollino blu” di qualità che un’istituzione come l’e-Campus di Francesco Polidori – pur molto “sponsorizzata” dal governo in carica – guarda da lontano, avendo il Cnvsu riscontrato nel quartier generale di Novedrate molteplici criticità da sanare.
Il pallino passa all’Anvur. Il ministro Maria Stella Gelmini, fin dal suo insediamento al Miur, ha sempre tenuto un atteggiamento ambivalente nei confronti degli atenei telematici: pubblicamente ha dichiarato a più riprese la necessità di mettere un freno al fenomeno, usando espressioni ad effetto come “tolleranza zero”, nella pratica però si è limitata a circoscriverne il raggio d’azione e la portata, riducendo ad esempio al massimo a 12 la quota di crediti formativi riconoscibili con la formula “laureare l’esperienza”. Il ruolo di “watchdog” svolto in questi anni dal Cnvsu passerà all’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione), che proprio in questi giorni – dopo una lunghissima e difficile gestazione – sta entrando a regime. Il ministro dal canto suo promette che “è in arrivo un nuovo regolamento che finalmente metterà ordine anche in questo settore” perché “sono necessarie regole certe, affidabili e improntate al massimo rigore”. Regolamento annunciato: a quando la sua emanazione?
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