“Federalismo fiscale: una vera riforma?’’. Questo è il titolo della conferenza tenuta da Maria Cecilia Guerra, docente di Scienza delle Finanze alla Facoltà modenese di Economia, alla presenza di un folto pubblico di docenti, studenti e amministratori pubblici.
Il riferimento è alla legge delega n. 42 del 2009. Il tema riguarda il finanziamento della spesa pubblica dei diversi livelli di governo: Stato, Regioni, Province e Comuni, spesa pubblica destinata a beni e servizi pubblici per l’intera popolazione.
Uno degli scopi principali della riforma è di aumentare l’efficienza di tale spesa pubblica attraverso la responsabilizzazione degli amministratori ai vari livelli, amministratori che devono poter avere un certo grado di autonomia per raggiungere un bilancio tra entrate fiscali e servizi resi.
In questo modo il federalismo crea anche una concorrenza tra regioni, e quindi una differenziazione dell’offerta di servizi, permettendo ai cittadini di scegliere ove collocare le proprie attività. Tale concorrenza trova comunque un limite nell’articolo 117 della Costituzione che impone che certi servizi di base debbano essere garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale e secondo un principio di solidarietà che si rifà ai “livelli essenziali delle prestazioni’’. Alla concorrenza si contrappone quindi un’esigenza di cooperazione tra i territori e in questa tensione si pone il problema politico di più difficile soluzione.
In effetti, esiste un limite all’autonomia perché il 75% delle spese sono destinate alla sanità, quindi l’autonomia è limitata al rimanente 25%. Poiché l’articolo 119 della Costituzione non permette trasferimenti dallo Stato agli enti locali, occorre finanziare i servizi pubblici locali attraverso la “compartecipazione’’ a determinate imposte nazionali o attraverso l’istituzione di tributi locali.
I riferimenti per determinare questa compartecipazione, riguardo ai fabbisogni locali, sono pochi e di difficile lettura: esiste una enorme sperequazione, ad esempio, tra l’Irpef pro-capite della Lombardia e quella della Calabria; non esistono dati statistici attendibili sulle poste in gioco; i bilanci dello Stato e degli enti locali non dialogano tra loro.
Manca nella legge e nei decreti sinora emanati una definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e ciò vanifica gran parte del lavoro sinora svolto. Si fa invece rinvio a numerosi e ulteriori decreti attuativi nel tentativo di rispettare il termine ultimo del 21 maggio 2011.
Secondo Cecilia Guerra la situazione è sconfortante perché si tratta di un documento con gravi limiti e senza contenuti sostanziali.
Probabilmente si attuerà un’applicazione graduale delle norme nel triennio successivo, prevedendo una revisione entro tre anni dall’adozione. Il decreto sulla fiscalità municipale toglie i trasferimenti e istituisce tributi sugli immobili (trasferimenti, affitti, seconde case) deformando aspetti importanti del sistema fiscale nazionale (ad esempio con la così detta cedolare sugli affitti) senza garantire l’ampliamento dell’autonomia tributaria ai Comuni. Nel 2014 è prevista l’istituzione di una Imposta Municipale Unica che cancellerà Ici e Irpef per la parte relativa ai redditi fondiari da immobili non locati. Al contrario, alle Regioni è lasciata una maggiore libertà di manovra su Irap e Irpef.
La brillante e profonda esposizione di Cecilia Guerra, considerata uno dei maggiori esperti di finanza pubblica in Italia, ha messo in risalto le criticità di questo tentativo affrettato di riforma in cui il disegno di un’importante riforma strutturale è stato spesso piegato a esigenze e compromessi di breve periodo.
La Gazzetta di Modena 07.04.11