Gremita la piazza dei Democratici. Tra tante bandiere che sventolano, anche quelle viola. Il segretario: «Banchi del governo strapieni per votare sui processi di Berlusconi». «Governo del fare dei miei stivali», tuona Bersani attaccando Alfano, Frattini e anche il Tg1. «Politica e movimenti devono darsi la mano», dice il leader del Pd, per cacciare questo governo.
Parla una ventina di minuti dal palchetto montato in tutta fretta davanti al Pantheon e fa imbestialire Alfano, Frattini, Minzolini e capezzoni vari. «Quello che la maggioranza ha deciso oggi è che Ruby è la nipote di Mubarak», dice Bersani raccontando ai manifestanti raccolti a poche centinaia di metri da Montecitorio in cosa è stata impegnata la Camera nelle ore precedenti. «Berlusconi così ci mette in una condizione di umiliazione e vergogna davanti al mondo». Vergogna inizia a intonare la piazza. «Sì, è una vergogna», risponde il leader del Pd. Ma il problema non è solo nel Parlamento utilizzato per salvare il premier dai processi, e di fatto «trasformato in un collegio allargato a sostegno degli avvocati di Berlusconi». Il problema non è solo che «ogni giorno ha il suo shopping» (i lib-dem sarebbero passati con la maggioranza) o che, come dice Anna Finocchiaro, «Berlusconi vuole raggiungere quota 330 deputati a tutti i costi, e quando dico “a tutti i costi” lo dico in senso letterale». Il problema è che un governo che non sa affrontare nessun problema reale del paese è costretto a rimanere in Aula per gli interessi privati del capo. «C’erano i banchi della maggioranza e del governo strapieni come nelle grandi occasioni, come per l’elezione del Presidente della Repubblica o per il discorso di un Papa», dice Bersani. «Perché questo pieno? Si discuteva del secondo anniversario del terremoto dell’Aquila? Su come la città aspetta ancora la ricostruzione? Si è parlato dell’emergenza di Lampedusa? Si è parlato di lavoro, disoccupati, inflazione, redistribuzione dei redditi, industria? No. Si è parlato dei processi del premier».
GOVERNO ARROGANTE E SERVILE
Che la presenza dei ministri in aula sia necessaria al centrodestra per ottenere la maggioranza (Franceschini ha gioco facile dopo il voto di ieri nel dire che «330 deputati Berlusconi se li sogna») lo dimostra il voto che si svolge proprio in quei minuti, quando i deputati Democratici rimangono in Aula «per evitare colpi di mano sull’ordine dei lavori» (come spiega Bersani ai manifestanti) e il governo viene battuto su un emendamento del Pd su una legge per i piccoli comuni. Provvedimento poi approvato con voto bipartisan. Ma è un caso più unico che raro. Bersani ribadisce il giudizio negativo sulla cosiddetta riforma della giustizia e sul ministro Alfano, estendendo però la critica all’intero esecutivo: «La politica del governo è fatta di arroganza e servilismo. Perché si lamenta il ministro della Giustizia se lo dico? Stanno confezionando un vestito su misura per Berlusconi».
La piazza davanti al Pantheon è gremita. Sventolano numerose le bandiere del Pd, ma dopo un po’ arrivano anche quelle viola che dal primo pomeriggio sono comparse davanti Montecitorio. I “viola” arrivano cantando l’Inno nazionale e tenendo bene in alto un Tricolore lungo sessanta metri. «L’Italia è nostra e non di cosa nostra», tra gli slogan, e «dimissioni, dimissioni» all’indirizzo del premier. Bersani dice che «politica e movimenti devono darsi la mano» e che «l’opposizione deve essere unita» per mandar via questo governo. Dopo il Guardasigilli, il leader del Pd attacca a testa bassa anche il Tg1 («ce lo invidiano in Bielorussia»), la Lega («altro che federalismo, se vuol sostenere il miliardario lo dica chiaramente perché stavolta la prendiamo di punta davvero») e il ministro degli Esteri Frattini, «che con tutto quel che succede in Libia è stato tutto il giorno in aula ad alzare la mano per difendere il premier».
Le repliche stizzite alle parole di Bersani non tardano ad arrivare dai diretti interessati e dai loro compagni. Ma per il leader del Pd basta la realtà dei fatti a far capire da che parte sia la ragione. «Governo del fare dei miei stivali quasi urla dentro al microfono parlando dell’emergenza immigrati si possono tenere 3mila persone con 5 bagni chimici? Ve li mandiamo noi dalle nostre feste Democratiche un centinaio di bagni chimici. Su questa vicenda il governo ha toccato davanti al mondo il punto più basso».
L’Unità 06.04.11
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E dopo il voto esplode la rabbia «Vergogna!», di Maria Zegarelli
Sit-in davanti Montecitorio dei movimenti e le opposizioni. «Vergogna» urlano i manifestanti quando l’aula approva il conflitto di interessi. Di Pietro:«Per mandare a casa Berlusconi bisogna andare a votare ai referendum». C’era l’enorme tricolore lungo sessanta metri già sventolato il 12 marzo, la bandiera del Partito comunista e quella di Fli, tante dell’Idv e di Sel insieme alle sciarpe viola. Non c’era quella del Pd che ieri ha scelto un’altra piazza per un altro sit-in nel giorno del Democrazia Day e della notte bianca della Democrazia. Circa trecento persone davanti a Montecitorio per un presidio fuori dal palazzo mentre dentro scorreva veloce il dibattito prima e il voto poi sul conflitto di attribuzione sul caso Ruby. «Vergogna», hanno urlato più e più volte i manifestanti. È Gianfranco Mascia del Popolo Viola che coordina i «lavori» mentre al microfono si alternano persone comuni e politici che fanno spola tra l’Aula e la piazza. Urla e fischi mentre vengono lette una per una le leggi ad personam, trentasette, di Silvio Berlusconi «e la sua cricca»: si deve andare indietro al 1994 con il decreto Biondi, alla Cirami del 2002, l’ex Cirielli del 2005 e via elecando. «Non scappare, fatti processare», «Voglio votare Sandro Pertini» si legge sui cartelli. Furibonda Daniela Rosellini, quattro ore di treno per arrivare qui. «Non me ne frega niente se Berlusconi andava con le prostitute urla dal microfono -, a me interessa avere un governo, un futuro, un lavoro. Le leggi di Berlusconi fanno comodo a tutti, sono tutti uguali dentro quel palazzo. Il problema non è il premier sono gli italiani, siamo tutti noi, un popolo diventato indifferente, egoista». Le telecamere accorrono per intervistarla. Tra la gente Leoluca Orlando, Idv, Franco Giordano, ex segretario Rc, Paolo Ferrero, rispunta anche Marco Ferrando quello che fece tremare il governo Prodi. C’è la terza A dell’istituto per ragionieri “Calvi” di Belluno, in gita a Roma incuriosita dal sit-in. Simone: «Sarebbe giusto processarlo, la legge è uguale per tutti. O no?». Tamara difende il premier e se la prende con Ruby, «lei si prostituiva», Beatrice: «E lui? È il presidente del Consiglio e va con una minorenne?».
Dal microfono intonano “Bella ciao”, poi arrivano per un flash mob gli attori del Teatro dei Colpevoli di Napoli, con nasi e orecchie da maiale che sbeffeggiano la Costituzione mentre un araldo mascherato legge i primi dieci articoli. Antonio Di Pietro applauditissimo: «Se gli italiani il giorno del referendum non andranno a votare si faranno abbindolare ancora una volta da Berlusconi. Abbiamo a portata di mano la soluzione: far cadere il governo con il referendum». L’ex pm avverte: Silvio non si dimetterà mai; il parlamento non lo sfiducerà perché lì dentro «ci sono persone comprate e vendute»; c’è il rischio che la piazza passi «dalle monetine a chissà cos’altro e sarebbe gravissimo», dunque non resta che l’arma delle urne referendarie.
Prende la parola anche Fabio Granata, Fli: «Ciò che sta avvenendo in Parlamento è grave perché riguarda l’Italia al di là degli schieramenti politici. Questa piazza è una speranza per l’Italia perché rappresenta un presidio democratico». Poi, alle 18 tutti in piazza del Pantheon.
L’Unità 06.04.11
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“Il leader alla manifestazione del Pd al Pantheon: su Ruby l´Italia umiliata davanti al mondo”, di Giovanna Casadio
«Politica e Movimenti devono darsi la mano…». Pier Luigi Bersani sul palco di piazza del Pantheon – la “piazza del Pd” – invita all´unità. I Democratici hanno chiamato a raccolta i militanti per marcare la loro strategia: «Sono per la civiltà dell´opposizione – premette il segretario – ma noi siamo in Parlamento e in piazza». Nel giorno in cui, nell´aula di Montecitorio, la maggioranza ha appena votato che Ruby è la nipote di Mubarak; che ben ha fatto Berlusconi a telefonare in Questura a Milano; e quindi va giudicato dal Tribunale dei ministri e non da quello ordinario, ebbene – grida Bersani – «Berlusconi ci mette in condizione di umiliazione e di vergogna davanti al mondo. Solo i disonesti non arrossiscono. Sì, è una vergogna».
«Vergogna-vergogna», gli fa eco la piazza. «Non è questa l´Italia – rincara il segretario – Oggi l´Italia è prigioniera ma si libererà da queste catene e riprenderemo la strada di un paese civile». Piazza del Pantheon è piena; applaude; scandisce «dimissioni, dimissioni»; canta l´inno nazionale. C´è anche il Popolo Viola che ha portato i 60 metri di striscione Tricolore (quello del C-day in piazza del Popolo). Tra i Democratici e il Popolo Viola c´è stata un po´ di maretta, perché nessuno del Pd si è presentato al sit-in pomeridiano dei Movimenti davanti a Montecitorio: il Pd ha una preoccupazione, di non venire meno al richiamo del presidente Napolitano ad avere senso di responsabilità. Ma a piazza Santi Apostoli di sera, riecco l´unità. Al Pantheon, Bersani denuncia la «dose quotidiana di vergogna, e di shopping» di parlamentari. Dice (come anche Anna Finocchiaro) che non ci sarà alcun Aventino, che «noi staremo in Parlamento perché quello è il luogo dei parlamentari» e lì spetta battere il governo. Poi va all´attacco di Bossi, e dalla piazza partono i fischi anti-lumbàrd . «Il Pd prenderà di punta la Lega – assicura il leader democratico – Gridano “Roma ladrona” e votano leggi per quattro ladroni di Roma. Se vogliono sostenere l´insostenibile non ci facciano la lezione sulla morale e il federalismo, e se vogliono sostenere il miliardario noi li prendiamo di punta». Al Nord i Democratici affiggeranno i manifesti con Alberto da Giussano con lo spadone un po´ moscio, «flessibile», lo definisce Bersani. Risate e applausi. Infine il lungo elenco sul governo del fare che non sa fare un bel nulla («Governo del fare dei miei stivali»), neppure fornire più di 5 wc chimici agli immigrati di Lampedusa: «Allora gliene mandiamo altri 100 delle nostre feste Pd…».
La Repubblica 06.04.11