Il Parlamento, senza arrossire di vergogna per il degradante disonore che gli viene inflitto, sostiene che Berlusconi davvero crede che Karima El Mahroug («Ruby») sia la nipotina minorenne del rais egiziano Hosni Mubarak. Così, nella notte tra il 27 e 28 maggio 2010, il buon´uomo si muove per evitare al Paese un conflitto internazionale nella sua funzione di premier, primo responsabile della politica estera della Repubblica. È la grottesca frottola che nemmeno un sempliciotto butterebbe giù senza riderne.
Nominati o comprati, i rappresentanti del popolo devono bere l´intruglio per sostenere che il Cavaliere quella notte e nelle conversazioni con il funzionario della questura (il capo del governo chiede l´immediata liberazione della sua giovanissima concubina, accusata di furto) esercita addirittura l´autorità ministeriale. Quindi, se reato c´è stato, è ministeriale e di competenza del Tribunale dei Ministri, conclude l´aula di Montecitorio. Accettato di trangugiare senza turbamento la favoletta buffonesca di un premier sprovveduto e credulone – insomma, uno sciocco di 75 anni che crede alla prima balla che gli racconta una ragazzina di diciassette – il Parlamento deve muovere un passo abusivo: sostenere che è potere esclusivo delle Camere decidere se un reato sia ministeriale o meno. In questo caso lo è – sragiona Montecitorio – e solleva il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale cui la Camera chiede di sottrarre al tribunale di Milano il processo per concussione e sfruttamento della prostituzione contro il Cavaliere.
I giuristi ridono degli sgorbi che vedono raccolti nella decisione di un Parlamento ubbidiente alla volontà e agli interessi del presidente del Consiglio. Lo ha già scritto qui Franco Cordero: «Finché esiste l´attuale Carta, la giurisdizione non ammette interventi esterni». Naturalmente è legittimo porre la questione della competenza del giudice, ma non spetta a un corpo politico sbrogliare la matassa, ma ai giudici e nel processo. Come ha deciso anche recentemente la Cassazione (3 marzo), «rientra nelle attribuzioni dell´autorità giudiziaria verificare i presupposti della propria competenza» e sarà il giudice ordinario a decidere se un reato ha natura ministeriale.
Questi pochi segni liquidano la questione giuridica (la Camera rivendica un potere che non ha) e rivelano la qualità politica della questione o, detto in altro modo, le potenzialità eversive di questa stagione italiana. Berlusconi non può affrontare il processo, non può argomentare e soprattutto provare l´«eleganza» dei convegni di Arcore, la correttezza dei suoi comportamenti, l´invulnerabilità o la non ricattabilità della sua persona. Davvero qualcuno ha creduto che l´uomo che ci governa avrebbe accettato di farsi processare? Come ci è già apparso chiaro a gennaio, Berlusconi deve rinserrarsi nel ridotto di Montecitorio e, protetto dalla sua maggioranza, rifiutare il processo, ricattare le più alte istituzioni dello Stato, scatenare la politica contro la magistratura, gridare al coup d´Etat – addirittura ieri al «brigatismo» delle toghe – perché ogni controllo che lo sfiora è già un colpo di Stato giudiziario che impone, dice, la punizione dei giudici, il castigo per magistratura, la sacralizzazione della sua persona con un´impunità definitiva (sono l´eletto del popolo). Anche a costo di demolire le istituzioni e trascinare il Paese in un conflitto senza vie di uscita, Berlusconi pretende di essere legibus solutus. Il Cavaliere è già al lavoro. Fin d´ora avvelena i pozzi dell´opinione pubblica con cadenza quotidiana e, come sempre, rifiuta ogni domanda e ogni contraddittorio, senza coraggio. Organizza piazze. Ordina figuranti. Sistema il suo esercito mediatico per la manipolazione che, cancellati i fatti e soprattutto la violenza su una minore, dovrà trasformare il «caso Ruby» in uno spettacolino plausibile come il Grande Fratello e il responsabile delle torsioni di un corretto gioco democratico nella vittima di un complotto politico.
È il pericoloso incrocio in cui ci ha portato un premier incapace di controllare la sua vita, determinatissimo a non accettare alcuna responsabilità e giudizio. Ma se ieri, per evitare ogni responsabilità e giudizio, il presidente del Consiglio comprava i giudici (Mondadori) e corrompeva i testimoni (All Iberian), oggi queste manovre non sono più necessarie per allontanarsi dall´incomodo giudiziario. Non ha più bisogno giocare con baratti sotto il banco perché, per cancellare oneri e obblighi, egli può agitare pubblicamente contro l´accertamento dei fatti una politica corrotta, Camere diventate bottega sua, parlamentari diventati servitù. È la partita finale che stringe in un solo nodo tutte le questioni che ha posto al Paese il potere di Silvio Berlusconi. È la stagione che ci dirà se nel nostro futuro ci sarà ancora uno Stato con una pluralità di poteri divisi o ai quattro poteri accumulati oggi dal Cavaliere (esecutivo, legislativo, economico, mediatico) si aggiungerà presto il dominio incontrollato del quinto (giudiziario).
La Repubblica 06.04.11