Il grande balzo dei Gruenen tedeschi (verdi), la flessione del Spd, il tracollo dei liberali e l’arretramento del partito della Merkel rappresentano la cifra del risultato elettorale dei due Lander che sono andati al voto pochi giorni fa. Il dato ha una sua importanza per le tendenze elettorali che mette in luce, da una parte le difficoltà serie dei liberali e delle destre, dall’altra la difficoltà e le divisioni della sinistra. Questi orientamenti sembrano manifestarsi anche in altri paesi europei e parlano di un affanno delle grandi “famiglie” politiche e delle forze al governo di fronte alla crisi economica, sociale e diplomatica dell’Europa.
La crescita elettorale dei verdi tedeschi rappresenta un dato significativo su cui la drammatica vicenda di Fukushima ha inciso ma non in maniera determinante, essendo piuttosto il risultato di una lunga pratica d’impegno ecologista e di una percorso politico che ha fatto superare una visione minoritaria, di sola denuncia e di nicchia, rendendo i Gruenen un partito di governo a tutto campo. Il loro pensiero ecologista ha prodotto una nuova visione dell’economia e della politica facendo della sostenibilità dello sviluppo e del sistema energetico e produttivo una proposta di governo per fronteggiare la crisi economica e sociale della Germania.
Anche in altri paesi europei, questo tipo di proposta incontra l’onda crescente sia delle preoccupazioni dell’opinione pubblica sui cambiamenti climatici, sia delle nuove opportunità per la ricerca, l’impresa e l’occupazione che la qualità sociale e ambientale dello sviluppo ha messo in essere.
Da tutto ciò il Pd viene sollecitato a rafforzare il proprio profilo ecologista e le proposte per lo sviluppo sostenibile e la green economy e a lavorare per rendere sempre più chiaro che esse rappresentano l’unica via possibile per il rilancio dell’impresa, della ricerca e dell’occupazione.
Tuttavia, non vanno fatti generici parallelismi. Le diversità tra l’esperienza dei verdi italiani e quella dei tedeschi ed europei è notevole, come quella tra il Pd e le forze democratiche e socialdemocratiche europee. In Italia il partito dei verdi ha storicamente coperto un’area culturale e politica importante ma elitaria, forse più di altri ha subìto le conseguenze di una impostazione di sola denuncia.
In Germania invece essi sono da tempo una forza di governo alleata con i socialdemocratici.
Ma anche le forze di sinistra e democratiche italiane hanno operato per superare diffidenze e resistenze e per eliminare ogni contrapposizione tra lavoro e ambiente, tra occupazione e sviluppo sostenibile. Il Pd, infine, è nato raccogliendo le esperienze più avanzate dell’ecologismo italiano e ha collocato nel proprio dna i valori e la cultura ambientalista.
Tuttavia, il tratto ecologista fa fatica ad emergere nel modo d’essere e di agire dei democratici. Come mai? Pur in presenza di una crescita della consapevolezza dei cittadini sull’instabilità climatica e i rischi ambientali, l’azione del Pd rimane ancora insufficiente. In molte realtà abbiamo difficoltà nelle politiche: rifiuti, difesa del suolo, aree verdi, tutela del suolo nelle realtà urbane, mobilità sostenibile, sistema dei controlli ambientali, tutela della biodiversità e degli animali. Le risposte che il Pd ha dato sono giuste ma stentano a diventare partecipazione, aggregazione sociale e governo locale.
Eppure abbiamo fatto scelte giuste e impegnative per l’efficienza energetica, le fonti rinnovabili e contro il nucleare di Berlusconi. Sull’acqua la nostra proposta è valida ma non è conosciuta, come tante altre del Pd.
C’è ancora una scarsa consapevolezza del fatto che ci troviamo dentro l’epoca della rivoluzione “eco industriale” e che questa è la chiave di volta della competitività globale. Con questa consapevolezza andrebbe consolidato ed esteso il buon lavoro in atto, per definire politiche industriali, qualità del sistema produttivo, dell’innovazione, dei prodotti, dell’agricoltura, del turismo e di tanti altri settori economici.
Una attenzione particolare va data al moltiplicarsi di imprese che vedono nella green economy il proprio futuro e con cui dobbiamo allacciare rapporti politici e sostenerle, come abbiamo fatto per chi opera nella nuova filiera delle fonti rinnovabili.
La necessità e lo spazio politico sono grandi e la battaglia referendaria è una imperdibile occasione per far conoscere le nostre proposte e la nostra cultura ecologista. Non dobbiamo essere preoccupati se alcuni partiti tentano di intestarsi l’ecologismo.
Non è questo che offusca il profilo ecologista del Pd.
Semmai ci deve seriamente preoccupare il tipo di concezione e di struttura del partito che c’è e che non gira come dovrebbe: i soggetti del pluralismo interno si considerano in permanente competizione tra di loro, il risultato è che il partito in quanto tale è offuscato, gli incarichi prescindono spesso dalle competenze a causa della “spartizione” correntizia e il ruolo degli organismi dirigenti a tutti i livelli risulta troppo spesso formale e non incisivo. La cosa non va.
Questo modo di praticare il pluralismo è semplicemente dissolvente, perché non potrà mai esserci una singola parte autosufficiente e che possa prescindere dall’unità e dall’autorevolezza dell’insieme. Serve riportare il Pd a unità, plurale, ma unità.
Di questo modo d’essere del Pd l’ecologismo già subisce le conseguenze negative e corre il serio rischio di essere relegato a corrente interna invece di rappresentare una grande e fertile cultura comune, parte del patrimonio genetico del partito.
Pubblicato il 5 Aprile 2011