"Quando i piccoli maestri fanno grande la scuola", di Mariapia Veladiano
“LA SCUOLA ha un problema solo. I ragazzi che perde”, scrivevano nel 1967 i ragazzi di Barbiana. E davvero non si vede come oggi possa essere diverso. Forse è possibile che la scuola italiana sia in grado di reggere anche gli ultimi tagli di cattedre programmati per i prossimi due anni: 20.000 circa. La metafora è bizzarramente reperita da un’area semantica che potremmo definire sismica. E risulta sinistra soprattutto perché consegna la scuola al sollievo ambiguo di essere stata per ora risparmiata. Ma la scuola non deve innanzi tutto reggere. Deve accogliere, garantire il diritto all’istruzione, essere luogo di opportunità per tutti. Deve liberare la convulsione dei desideri che abita nei ragazzi che le vengono affidati e farla diventare forza di vita. Il paradosso attuale è che la scuola dell’autonomia ha molti strumenti per diventare quello che deve essere, ovvero un laboratorio di culture, integrazione, equità sociale. Anzi, l’unico attuale laboratorio di integrazione delle diversità, perché alla scuola statale vanno ancora tutti e se funziona come deve qui si impara a costruire la convivenza vera …