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«La Gioventù non è per i disabili. Giochi negati ai bambini», di Chiara Paolin

Nel Vicentino gli alunni con disabilità non hanno potuto partecipare ai Giochi della Gioventù: mancavano i soldi per l’assistenza durante le gare. Il ministro dell’Istruzione Gelmini si difende: “L’organizzazione era affidata al Coni”. “La squadra integrata con due studenti diversamente abili e altrettanti normodotati ha gareggiato nella campestre interregionale a Treviso, su un percorso di 400 e 800 metri. Buoni risultati globali per tutti gli studenti-atleti provinciali: in particolare, i ragazzi della media di San Vito al Tagliamento hanno conquistato la qualificazione per le finali a Nove. Ma il Comitato italiano paralimpico (Cip) non ha sufficienti fondi per partecipare alla fase nazionale della campestre”.

In Friuli la gente è abituata a dosare le parole, anche quando i sentimenti fanno venir voglia di urlare. Per questo Gianfranco Chessa, titolare dello sport all’Ufficio scolastico di Pordenone, ha commentato così gli eventi dello scorso weekend: a Nove, vicino Vicenza, si disputavano le finali della corsa campestre per i Giochi della Gioventù edizione 2010-11, ma i ragazzi con disabilità sono rimasti a casa. Mancavano i moduli per iscriverli alla gara, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini non li ha mandati alle scuole, c’erano solo quelli per i normodotati. Perché oltre a Valentina e suo figlio (la cui storia potete leggere in prima pagina), sono tanti quelli lasciati fuori dal gioco quest’anno.

“Una discriminazione grave – ha denunciato la deputata Pd Manuela Ghizzoni presentando un’interrogazione –, un brutto passo indietro nel difficile percorso di integrazione dei disabili”. Piccata la risposta ministeriale: l’organizzazione dei Giochi è stata affidata al Coni fin dall’edizione 2009, e non dipende quindi dal Miur l’esclusione dei disabili. Chi critica la Gelmini lo fa “strumentalmente, per ragioni di lotta politica”, precisa salace una nota diramata la scorsa settimana.

“Macché politica, qui il problema vero sono i soldi – ribatte Simona Zucchet di Equality Italia, organizzazione per la difesa dei diritti civili –. A Vicenza è successa una cosa semplicissima: c’erano troppi pochi iscritti per organizzare il sostegno necessario agli atleti disabili. Se un ragazzo cieco deve affrontare la gara occorrono particolari accorgimenti, servono più persone al lavoro, più ore di servizio. Ma se arrivano al Coni poche richieste per quel tipo di competizione da classi con atleti disabili, la soluzione più ovvia è limitare la partecipazione a chi non ha problemi”.

A maggio si terranno a Roma le finali nazionali delle altre specialità atletiche, e il Cip si è impegnato a far partecipare i disabili almeno alle prove su pista. Peccato che il senso dei Giochi studenteschi sia l’esatto opposto, ovvero promuovere la scambio tra tutti i ragazzi e favorire l’inclusione predisponendo agevolazioni particolari proprio per chi non avrebbe tutti i numeri per tutte le discipline.

C’è però chi vanta nuove idee in merito. Il senatore leghista Giovanni Torri ha presentato un disegno di legge per rilanciare la manifestazione vincolandola alla prestazione scolastica: secondo la proposta, ora allo studio nella commissione per l’Istruzione al Senato, potranno partecipare alle gare solo gli studenti (dalla quarta elementare alla terza media) con la sufficienza in tutte le materie. Il sottosegretario Guido Viceconte ha già fatto sapere a nome della Gelmini che i 40 milioni di euro necessari alla riforma Torri non possono essere pescati dal già esangue Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa, come ipotizzato dal proponente, mentre nessuna obiezione è stata mossa sul filtro del voto. “Più valore al merito” spiega soddisfatto il senatore, “ma per i disabili sarebbe ancora peggio” ribatte la Zucchet. Che aggiunge: “Chi ha un handicap dell’apprendimento troverebbe nuovi ostacoli nel vivere un momento educativo e piacevole come lo sport fatto insieme ai compagni. Senza dimenticare che, sempre più spesso, i genitori dei bimbi con problemi fisici chiedono direttamente l’esonero dall’attività fisica per evitare tormenti e problemi continui. Gli insegnanti di sostegno sono pochi e oberati di lavoro, seguire un ragazzo con esigenze particolari richiede tanto tempo, energia, denaro. Tagliando i fondi e restringendo i criteri d’ingresso si lasciano fuori i più deboli. La storia è sempre quella”.

Da Il Fatto quotidiano del 22 marzo 2011

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sul tema anche un articolo de Il Secolo XIX