Vanno in scena trucchi berlusconiani. Sui tribunali e corti d´Italia pende la minaccia d´una mutazione mai vista nella monstrorum historia. I processi durano troppo. Vero, e in larga misura dipende da procedure perverse: ormai il capolavoro difensivo sta nello schivare la decisione sul merito (se esista o no un colpevole), finché la prescrizione inghiotta reato, pena, processo; già accorciati pro domino, i termini aspettano un secondo taglio. Gl´intenditori sanno quale sia l´antidoto: tempi stretti, economia verbale, contraddittorio serio, disciplina dell´udienza, ossia garantismo accusatorio; ma bisogna rimettere le mani nel codice estirpando antichi vizi; argomento malvisto dai dulcamara Pdl, nel cui quadro mentale la procedura è arte del perditempo leguleio (ad esempio, togliere al giudice il vaglio d´ammissibilità e rilevanza della prova, sicché l´imputato ricco, astutamente assistito, ingolfi il dibattimento d´oziose messinscene istruttorie allungandolo finché vuole).
Ed ecco il rimedio sovrano: imporre termini perentori, correlativi alle varie fasi (dall´imputazione all´accusa o non doversi procedere, dibattimento, appello, procedimento in cassazione, eventuale sèguito); scaduto uno dei quali, voilà, il processo svanisca, anche fossero state emesse condanne all´ergastolo, magari confermate in appello. Ripetiamolo: non esiste precedente nella storia degl´istituti aberranti; fantasie simili indicano un´ignoranza vandalica. Chiamiamola estorsione: «Se non ottengo l´immunità sotto qualche forma, fracasso il sistema»; e vanno in fumo enormi carichi giudiziari. Viene in mente Mackie Messer, senza la poesia nera che Kurt Weill ha insufflato musicando John Gay e Bertold Brecht. L´equazione era calcolata sull´interesse del monarca: una norma transitoria include i processi pendenti; sarebbero dissolti due dei quattro che lo disturbano. Improvvisamente il guardasigilli annuncia un ripensamento à sensation: meditandovi s´è accorto che la norma transitoria fosse sconveniente, quindi cade, secondo i limpidi intenti del governo; e sarà coscienziosamente rivisto l´intero testo. Lunedì 14 dalla Camera alta vengono parole altrettanto melliflue: qualcuno subodorava fini punitivi nella «riforma epocale» della giustizia; sospetto assurdo, assicura l´onorevole Renato Schifani; mai il Parlamento violerebbe i principi fondamentali della Carta. In sette anni è avvenuto solo quattro volte.
Nel mio dialetto eventi simili suggeriscono una metafora romanzesca, «li hanno cambiati a balia» ossia non sono più loro. Ipotesi inverosimile: le macchine umane lavorano in ritmi prevedibili, regolati da corredo genetico e influssi d´ambiente; anche nei casi estremi d´apparente conversione le varianti s´innestano sul vecchio fondo, né sfuggono alla regola i neomorfismi reattivi (termine freudiano), dove il mutante sviluppa caratteri contrari agli originari (ad esempio, il libertino diventa asceta o l´inverso). Ora, sappiamo come sia connotata la varietà antropologica Pdl: esiste un padrone i cui comandi non ammettono dubbi o riserve, finché resti così potente da cambiare la sorte tua o mia, se vuole; chi sgarra finisce inesorabilmente fuori, segnalato dai concorrenti, perché li dentro homo homini lupus. Non lesina l´autostima: nei rari momenti d´una finta modestia ammette Domineddio come pari; adopera i consulenti riservandosi l´ultima scelta, ed è molto mobile, nonché indifferente ai qualificatori «vero»-«falso»; ascoltando dichiarazioni accidentalmente vere, del tipo «piove», «suona mezzogiorno», «tra poco siamo in primavera», chi lo conosce suppone motivi indipendenti dalla verità obiettiva. È suo stile, sviluppato nella pirateria d´affari, contraddirsi vertiginosamente: nega l´evidenza; afferma l´impossibile. Certi discorsi presuppongono un pubblico da varietà suburbano, ad esempio quando, «mano sul cuore», «seguendo l´istinto», s´indigna a proposito d´accuse mosse dalla Procura milanese («cene spensierate, eleganti», poi «la ragazze fanno quattro salti in discoteca, da sole», perché il ballo non gli è mai piaciuto, e via seguitando: qui, 16 marzo); politicamente parlando, argomento e gesto difensivo gli nuocciono più dei fatti asseriti.
Ora, visti i precedenti, le persone, gl´interessi, nessuna testa pensante prende sul serio l´apertura virtuosa sul cosiddetto processo breve: gliel´avevano escogitato per liberarlo dai suoi, incutendo paura con la prospettiva d´una catastrofe; fa ridere l´idea che Re Lanterna, alias l´Olonese, promuova studi disinteressati sulla migliore giustizia possibile. Vuol rompere l´isolamento: il fine è compromettere gli oppositori in manovre bicamerali vieux style; collaborando lo riqualificano; sarà gioco da bambini condurli al ritocco che gli perdoni tutto (poco più d´un anno fa l´attuale vicesegretario Pdl, monsignore nipote, riteneva fattibile la difesa dai processi, id est immunità, mediante una piccola legge). Appena gli oppositori lo riconoscano partner rispettabile, caduto in oblio lo scenario postribolare (come il marchio P2 e una varia carriera fraudolenta), les jeux sont faits. A parte le categorie affettive del giusto, roba démodée, danno squallido spettacolo gli onorevoli politicanti che il Caimano pescatore pigli all´amo, ripetendo l´exploit 1997-98. Se mai capitasse, vorrebbe dire che, in fondo, stavano tutti dalla stessa parte. Lo scandalo fissa gli sguardi sugli scenari d´Eliogabalo 2011 nella causa milanese, i cui termini pesano anche in politica, se lo lascino dire i monsignori lassisti, ma supponiamolo trionfalmente assolto: le serate d´Arcore erano moderni esercizi spirituali ad salutem animarum; povere falene, esposte alla fiamma, le salva un ricchissimo signore tanto caritatevole. Accreditiamogli il miracolo nella futura causa di beatificazione. In politica però resta un sopraffattore. Dal 1994 sta accovacciato sul corpo del paese. Chi parla più del conflitto d´interessi? Affari suoi, spesso oscuri, diventano questioni supreme nel laboratorio della res publica. Padrone delle Camere, gioca su vari tavoli: ieri processo breve; domani un secondo taglio alla prescrizione, magari con la clausola che le attenuanti generiche spettino sempre agl´incensurati (lui lo è, miracolosamente).
La Repubblica 22.03.11
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