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Libia, “Sì al ruolo attivo dell’Italia sotto l’egida dell’ONU”

“La Libia è una cosa seria, non facciamo gli strateghi”, questo il monito del Segretario del Pd Pier Luigi Bersani lanciato al governo, dichiarando l’appoggio del Pd alle scelte dell’ONU sulla “No fly zone”, per il coinvolgimento del nostro Paese nelle iniziative destinate ad evitare che il colonnello Gheddafi possa continuare a bombardare i civili.
Le commissione Esteri e Difesa della Camera hanno votato a favore della partecipazione dell’Italia alle operazioni militari per l’applicazione della Risoluzione Onu sulla crisi libica.
Il documento, approvato anche con i voti di Udc e Pd non è stato votato né dagli esponenti della Lega Nord, né da Iniziativa responsabile che pure avevano sottoscritto la mozione. Sia la Lega Nord che i rappresentanti di Ir non erano presenti alla votazione.
“L’assenza della Lega e dei sedicenti responsabili dimostra che il governo non ha la maggioranza in politica estera. E che senza la responsabilità dell’opposizione il paese sarebbe rimasto isolato proprio nella fase più acuta della crisi mediterranea” dichiara il capogruppo democratico nella commissione Esteri della Camera, Francesco Tempestini, dopo l’approvazione della risoluzione che autorizza il governo, sulla base della decisione dell’Onu, a partecipare attivamente con gli altri paesi disponibili alla difesa della popolazione civile libica. “Senza il nostro contributo – conclude Tempestini – il ministro La Russa non sarebbe, già questa sera, un interlocutore credibile per la comunità internazionale”.
L’Italia si è dichiarata pronta a mette a disposizione le sette basi militari presenti nel territorio: (Amendola, Aviano Decimo Mannu, Sigonella, Trapani, Gioia del Colle e Pantelleria) per un intervento in Libia. Il Consiglio dei Ministri di oggi ha dato l’ok a sostenere le azioni che verranno decise dalla comunità internazionale, fornendo un appoggio che non comporti però la presenza di militari italiani sul suolo libico. Anche il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano ha parlato della necessità di un intervento umanitario:”Non possiamo rimanere indifferenti alla sistematica repressione di libertà e di diritti umani in quel Paese”. “Nei limiti della risoluzione dell’Onu siamo pronti a sostenere il ruolo attivo dell’Italia”, ha detto Pier Luigi Bersani. “La questione della Libia è una cosa seria -ha ribadito però – e per questo non deve diventare un tema come quello ”della Nazionale italiana di calcio, in cui ognuno fa lo stratega”.
Arrivando a Cernobbio per partecipare al Forum di Confcommercio, il Segretario democratico ha chiarito che “Il governo conosce questa nostra disponibilità del Pd, adesso dobbiamo chiedere una cosa sola al governo: che si trattenga, in queste ore, da dichiarazioni estemporanee e, qualche volta, contraddittorie. Che parli con gli altri Paesi disponibili e con la Nato – ha proseguito – consideri seriamente le opzioni che possono essere sul tappeto e se ne discuta precisamente nelle Commissioni parlamentari”.
“Se tutto questo avverrà – ha garantito – il governo riceverà in cambio un atteggiamento serio e disponibile da parte del Partito Democratico. Questa è una cosa seria – ha ripetuto- conduciamola seriamente, da Paese serio: questo è l’invito che faccio al governo”. Il leader dei democratici ha poi insistito affinchè venga discusso “nelle sedi giuste che cosa significhi interpretare la decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu per evitare che in quel Paese continuino le stragi dei civili e venga soffocato, in questo modo, un movimento democratico”.
E anche Massimo D’Alema, Presidente del Copasir e deputato PD ha espresso “apprezzamento sulla risoluzione dell’Onu che interviene sulla Libia, anche se forse dopo un po’ troppo tempo rispetto all’inizio delle ostilità, ma tuttavia con un consenso largo e significativo e con un dispositivo assai efficace e robusto”. “Nessuna iniziativa di questo tipo si può svolgere senza il consenso dell’Italia –ha aggiunto – consenso che è necessario, ed è per questo che è molto importante dire subito sì, autorizzando il governo a prendere tutte le misure possibili”. D’Alema parlando in Senato durante l’audizione dei ministri Franco Frattini e Ignazio La Russa ha anche sottolineato che “lo scenario internazionale comporta problemi per la sicurezza nazionale perchè siamo una delle aree immediatamente esposte ad azioni ritorsive. E’ per questo -ha aggiunto – che dobbiamo chiedere che si attivi un dispositivo di protezione della Nato, una rete di sicurezza indispensabile, perche’ va bene la coalizione dei ‘willings’, ma la Nato e’ la Nato”.
Ma le contraddizioni all’interno della maggioranza di governo non mancano neanche in questa delicata situazione, come ha fatto notare D’Alema commentando la mancata partecipazione al voto del rappresentante della Lega Nord all’audizione delle Commissioni riunite Esteri e Difesa sulla Libia. “E’ una condizione abbastanza singolare che l’opposizione sia qui ad autorizzare il governo assumendosi le sue responsabilità mentre un fondamentale Partito di maggioranza, la Lega, non ci sia. Secondo me è una manifestazione della condizione assai singolare in cui si trova il governo italiano – ha detto il presidente del Copasir – ho letto che l’onorevole Borghezio ha detto che considera noi italiani dei vicini e in effetti anche la signora Merkel è una nostra vicina. Siamo l’unico Paese al mondo governato da dei vicini” ha concluso D’Alema sottolineando che “alla votazione sulla risoluzione che impegna il governo ad adottare iniziative per la protezione del popolo libico, secondo la risoluzione Onu, i presenti hanno votato all’unanimità, i nostri vicini non c’erano”.

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“Libia, conciliare valori e interessi”, di Marta Dassù

La partita è appena cominciata. Si svolge nel nostro cortile di casa. Coinvolge interessi essenziali del nostro Paese, dalle forniture energetiche al controllo dei flussi migratori. Non sarà una partita breve: come dice la sua storia personale, Muammar Gheddafi giocherà una serie di mosse e cercherà di farcela pagare, prima di cedere. Ha cominciato subito, a poche ore dalla Risoluzione con cui il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha autorizzato «tutte le misure necessarie per proteggere i civili sotto minaccia di attacco in Libia».

E’ la formula standard (tutte le misure necessarie) per il ricorso alla forza: il preludio ad attacchi mirati, non solo a quella «no fly zone» decisa quasi fuori tempo massimo. Come ha risposto il Raiss di Tripoli? Ha dichiarato, attraverso la voce del ministro degli Esteri libico, un cessate-il-fuoco unilaterale, invitando la comunità internazionale a verificarlo sul terreno. La scommessa di Gheddafi è che una mossa del genere complichi le scelte occidentali, gettando una manciata di sabbia nei motori, già accesi, dei bombardieri francesi e inglesi.

Facciamo – per capire meglio le regole della partita e i suoi giocatori – un passo indietro. La decisione di picchiare duro sulle forze del Raiss, prevenendo così un attacco finale a Bengasi, è stata trainata dalla Francia: Nicolas Sarkozy ha deciso di puntare tutte le sue carte sulla caduta del Raiss, per recuperare prestigio domestico e per fare dimenticare i legami fra il suo governo e il regime di Ben Ali in Tunisia. La foga di Parigi ha scosso anche Londra, rimasta su una posizione più cauta; accettata la linea interventista, David Cameron ha cercato a sua volta di smuovere Washington dall’attendismo delle ultime due settimane. Il resto lo hanno fatto le minacce di Gheddafi; quando il Raiss di Tripoli ha annunciato che avrebbe azzerato l’opposizione di Bengasi, Barack Obama ha capito di non potere più esitare. Pena una perdita secca della credibilità degli Stati Uniti, già messa duramente in discussione nel Golfo: l’intervento saudita in Bahrein, senza concertazione con Washington, è stato un campanello di allarme. E’ un’America riluttante, insomma, quella che ha appena deciso, contro il parere dei suoi militari, di intervenire di nuovo in un Paese arabo. Riluttante al punto da lasciare in modo esplicito la «guida» – così ha detto ieri Obama – ai due Paesi europei del Consiglio di sicurezza e a nazioni arabe.

La Germania, da parte sua, ha deciso di restare defilata: l’astensione in Consiglio di sicurezza, insieme a quella di Cina, Russia, India, Brasile, conferma le priorità tutte elettorali di Angela Merkel e dimostra che Berlino non sa o non vuole esercitare una leadership internazionale. Al di là della grande partita sull’euro, la visione tedesca del mondo sembra a tratti mercantilista, a tratti isolazionista. Vicina alla Cina nelle discussioni G-20 sugli equilibri commerciali e monetari; vicina alla Russia sui problemi della sicurezza europea, vicina ad entrambe sulla Libia: Berlino gioca in proprio. L’Italia ha, in questa vicenda, una posizione molto più delicata di quella tedesca. Ha alle spalle il peso della storia coloniale; ha interessi economici in gioco molto più sostanziali; è direttamente esposta alle ritorsioni di Gheddafi; ha molto da perdere, e poco da guadagnare, da una spaccatura fra Tripolitania e Cirenaica. E ha in casa le basi da cui partiranno i raid militari. Sono fattori che dovrebbero spingere il nostro Paese verso l’intervento attivo o verso una posizione passiva?

Una discussione onesta su questo punto – sui costi e benefici di una scelta cruciale di politica estera – sarebbe salutare. Per troppo tempo, siamo stati abituati a ragionare solo in termini di allineamenti: con l’America o contro, con la Nato o fuori, con la Germania o con la Francia, e così via. Oggi, il gioco internazionale è diventato più libero: una condizione che aumenta, con i rischi, anche le responsabilità nazionali. Se ragioniamo in questi termini – gli interessi dell’Italia e le sue responsabilità come Paese democratico – esiste una domanda essenziale a cui rispondere, di tipo real-politico; ed esiste un atteggiamento a cui tendere, di tipo idealistico. La domanda è sempre la stessa: la traiettoria politica di Gheddafi è finita? Ma la seconda risoluzione dell’Onu modifica la risposta: probabilmente sì. Potrà volerci tempo, come è stato nel caso di Milosevic o in quello di Saddam Hussein, ma la fine del Raiss è cominciata. E se è davvero così, l’Italia non ha nessun interesse a lasciare che siano la Francia e la Gran Bretagna a disegnare il futuro della Libia. Una linea di disimpegno alla tedesca, nel nostro cortile di casa, non sarebbe pagante. Del resto, lo scenario peggiore, per l’Italia, sarebbe un Gheddafi apertamente «nemico» ma ancora in sella, con i rischi e i costi (sanzioni petrolifere) della situazione. Anche lo scenario di una guerra protratta fra tribù, con la frantumazione della Libia, sarebbe pessimo per il nostro Paese: avremmo una Grande Somalia appena al di là del Mediterraneo. L’intervento internazionale, per essere utile, dovrà riuscire a evitare il primo scenario senza lasciarsi alle spalle il secondo.

L’atteggiamento a cui tendere è quello richiamato da Giorgio Napolitano, nelle sue parole di ieri a Torino: «Nelle prossime ore dovremo prendere decisioni difficili, impegnative, rispetto a ciò che sta accadendo in Libia… Se pensiamo a ciò che è stato il nostro Risorgimento, innanzitutto come movimento liberatore, non possiamo rimanere indifferenti rispetto alla sistematica repressione di fondamentali libertà e diritti». Per un caso della storia, il 150° anniversario dell’Unità d’Italia avviene nel pieno della crisi libica e 100 anni dopo la spedizione coloniale di Giolitti. Un’occasione giusta per cercare di conciliare, nella politica estera dell’Italia, interessi e valori.

La Stampa 19.03.11

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“Col cuore gonfio”, di Concita De Gregorio

Da 66 anni a questa parte non siamo mai stati così vicini dall’essere l’Italia un paese in guerra. Manca un passo, per giunta non nostro. Dipenderà, nelle prossime ore, dalle decisioni dell’America, della Francia e dell’Inghilterra, soprattutto dipenderà dagli umori del colonnello Gheddafi ed è questa una certezza che non lascia spazio a molte speranze. Gheddafi è un folle, ha i missili e probabilmente le armi chimiche, sta sotto i nostri piedi, a cento chilometri dalle nostre coste, sull’altra sponda del nostro mare. “Ci aspettano decisioni difficili”, ha detto ieri il presidente Napolitano che sa bene di cosa parla, a differenza della stragrande maggioranza degli italiani di guerre il presidente ne ha già vissuta una. Tutti gli altri, tutti noi, tutti coloro che sono nati dopo gli anni ‘40 non hanno idea. Le guerre, le bombe, i missili, le nubi, i cadaveri ai lati delle strade li abbiamo visti in tv e al cinema in così grande quantità e frequenza, veri o fiction che fossero, da essere convinti di sapere cosa siano. Invece no, non abbiamo idea. Prepariamoci a decisioni difficili dunque, sì, e ad affrontare per quanto ne saremo capaci giorni all’altezza di quelle difficoltà.
Prepariamoci a discutere di nuovo di guerra giusta, speriamo prima di sentirne il sibilo. Non si possono lasciare soli gli eroi del “nuovo risorgimento del mondo arabo”, per usare le parole di Napolitano, certo che no. Non si possono celebrare i nostri ventenni di centocinquant’anni fa e ignorare i loro ventenni oggi.
Questi di cui ci raccontano Umberto de Giovannangeli e da Bengasi Gabriele Del Grande: “Ballano, corrono, cantano e sparano in aria. Sono i ragazzi della rivoluzione. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha appena approvato la risoluzione sulla no fly zone. In strada si sono riversate migliaia di automobili. I ragazzi cantano “Irfaa raskum anta libi”, alza la testa sei un libico. I miliziani di Gheddafi continuano indisturbati a colpire i civili. In piazza ci sono migliaia di persone pigiate una contro l’altra”.
Bisogna stare con loro quali che siano gli interessi economici, militari, strategici delle superpotenze, quali che siano i reali argomenti che muovono gli Usa e la Nato, e tutti sappiamo bene quanti e quali siano, questi argomenti. Quanto specifici possano essere riguardo alla Libia. Difendere la democrazia, ammesso che sia possibile, sta di solito in fondo alla lista. A parole in cima, nella sostanza in fondo. Le guerre, sempre, muovono l’economia di chi le fa. Però certo la lotta al dittatore, il sostegno ai risorgimentali arabi accendono gli animi e le passioni: la ragione, anche. Sono una causa nobile e giusta. Dunque l’Italia è pronta, metterà a disposizioni basi e forze armate. Ha votato, solo la Lega ha fatto ostruzionismo: la seconda occasione persa, in due giorni, di stare dalla parte del Paese.
Resta molto timore del prezzo che noi e solo noi italiani potremmo dover pagare per la rapidità con cui il nostro presidente del Consiglio ora detto “Betty” dalle sue amiche a pagamento sia passato dal baciamano all’elmetto. L’amico Gheddafi, solo oggi riscoperto nemico, potrebbe risentirsene in forma personale: la categoria del tradimento, ai suoi occhi, potrebbe comprendere l’Italia intera. Un motivo in più per andare a questa guerra col cuore gonfio, e per dolerci con noi stessi noi italiani per aver lasciato così a lungo e così disastrosamente le sorti del Paese nelle mani di un venditore di menzogne mascherato da statista.

L’Unità 19.03.11