Elogio del «dovere dell´umiltà», primo requisito per gli uomini che guidano le istituzioni. Chi governa, a qualunque livello, farebbe bene poi ad ispirarsi ad un principio: non concentrare «troppi poteri» nelle proprie mani. Quando infine arriva il momento di cedere il passo, lasci, senza incollarsi alla poltrona. E´ con questo richiamo, giusto mentre Berlusconi annuncia che lui il potere non lo lascerà mai nelle mani dei comunisti, che Giorgio Napolitano sbarca a Torino. Seconda tappa delle celebrazioni per i 150 anni, travolta dall´entusiasmo per lui lo accoglie la prima capitale dell´Italia unita. E lui, felice, ricambia: protocollo stravolto, ferma più volte il corteo presidenziale, va a salutare grandi e piccini con le bandiere, superlavoro per gli addetti alla sicurezza. Il leghista governatore Cota che va a riceverlo invece si becca i fischi, perfino di una classe di bambini di elementari. La maestra rivendica, «giusto protestare contro il secessionismo», il Pdl e la Lega si indignano e ne fanno un caso di strumentalizzazione degli alunni, «è disgustoso».
Però a Torino l´aria che si respira è di festa di popolo e di entusiasmo tricolore. «E´ successo qualcosa, uno scatto d´orgoglio nel sentimento nazionale, esattamente quello che volevamo», è la fotografia che il capo dello Stato può consegnare all´album della Repubblica a 48 ore dall´avvio dei festeggiamenti. E sarà forse anche «colpa» di un clima così se la voce di Giorgio Napolitano si spezza e si incrina quando al Teatro Regio (che rumoreggia e protesta quando Cota rilancia il diritto di boicottare la festa per i 150 anni) pronuncia l´accorato appello in nome dell´umiltà.
Riprende le parole che, il giorno prima, aveva già pronunciato in Parlamento ma c´è un surplus. Si rivolge a Sergio Chiamparino, il sindaco di Torino giunto alla scadenza del secondo mandato e che lascia l´incarico con molti riconoscimenti per il lavoro compiuto per la città. Ma la lezione è più generale. «Io – ricorda Napolitano – ero perplesso quando nella legge per l´elezione diretta dei sindaci si stabilì il limite dei due mandati. Ma attribuendo una somma di grandi poteri al sindaco, fu l´obiezione, era opportuno che non si esagerasse troppo». Ora, a distanza di anni, riconosce: «E´ stato un bene introdurre il limite e prendere quella decisione. E´ una prova in più del senso di umiltà che deve guidare chiunque assolve doveri istituzionali importanti nel nostro paese». E si commuove. Il teatro scatta in piedi, un´ovazione. «Auguri a Chiamparino – chiude Napolitano – che passa la mano a chi il popolo eleggerà». E il pensiero corre invece al presidente del Consiglio che ha appena annunciato che lui di mollare non ha alcuna intenzione, resistenza ad oltranza contro il pericolo dei comunisti che ancora si aggira sul Belpaese.
Oggi comunque è ancora giorno di festa e non di polemiche. Dopo Roma, con Napolitano che ricorda la straordinaria accoglienza ricevuta due giorni fa, e con Alemanno che in sala ringrazia, l´omaggio a Torino, «non solo la prima capitale del regno d´Italia ma anche la guida del movimento risorgimentale, con il conte Camillo Benso di Cavour e il ruolo decisivo di Vittorio Emanuele II». Napolitano visita l´appena restaurato Palazzo Madama, il primo Senato, dove il regno unitario vide la luce. Oggi, in metropolitana, andrà al Lingotto, al museo dell´automobile che ha riaperto i battenti e dove Sergio Marchionne gli presenta gli ultimi modelli Fiat. E da domani, stavolta in treno, a Milano a celebrare le Cinque giornate.
La Repubblica 19.03.11