Il tricolore e la Costituzione, l´inno di Mameli e «Bella ciao». Le cento piazze italiane hanno sapute leggere, fin dai simboli, la storia di questi anni, l´essenza della scontro politico in atto da quindici anni. Assai meglio di quanto non sappiano fare i partiti.Nei 150 anni di unità, l´Italia, al prezzo di immani tragedie, è riuscita a darsi una sola vera e grande patria. Questa patria è la Costituzione antifascista. Le altre idee di patria, dal fascismo in su o in giù, sono state piccole, miserabili e funeste.
Da quindici anni la lotta politica non è quella che si racconta, fra una destra e una sinistra quasi altrettanto immaginarie, almeno secondo i parametri delle altre democrazie. Tanto meno fra berlusconismo e anti berlusconismo, categorie al pari esagerate rispetto all´esiguità e a tratti il grottesco del personaggio.
Il cuore del conflitto sta altrove, fra un´Italia di larga e compatta minoranza che non crede ai valori della Costituzione, non li pratica e vorrebbe cancellarli, e un´Italia maggioritaria, ma divisa, che si riconosce nel patto fondante della Repubblica e vorrebbe vederlo finalmente applicato. Era questa la fotografia politica del Paese nel ´94, subito dopo la discesa in campo di Berlusconi, confermata dai referendum costituzionali del 2006, e tale rimane ancora oggi. In mezzo, il grumo di poteri ideologicamente anticostituzionali che ora chiamiamo col nome di un ricco imprenditore che si è adoperato con ogni strumento culturale, politico, economico per attaccare e distruggere le basi stesse del patto democratico. Senza risparmiare nessuno dei valori fondanti, dal ripudio della guerra alla prevalenza dell´interesse pubblico sul privato, dalla separazione dei poteri alla laicità dello Stato, al ruolo di garante costituzionale del Presidente della Repubblica. Anche attraverso l´azione parallela di un revisionismo storico che punta al massimo e blasfemo scopo di equiparare i partigiani e i repubblichini di Salò.
Se domani, per ipotesi, sparisse Berlusconi, il conflitto non cambierebbe nella sostanza di una virgola. Diventerebbe soltanto più limpido, sgombrato dalle nebbie del populismo mediatico. Lasciando più spazio alla Lega, cioè alla forza che con schiettezza identifica l´attacco alla Costituzione antifascista con l´attacco all´unità del Paese. Come avviene già in questi tempi di berlusconismo agonizzante, in cui è la Lega l´autentico motore politico dell´azione di governo.
Questa è la posta in gioco. Così l´hanno illustrata le cento piazze d´Italia, con la semplice forza dei simboli, degli inni e delle duecento parole con le quali i padri costituenti hanno scritto la prima parte della Carta. In modo che proprio tutti possano comprenderla, anche coloro che continuano a non volerlo fare. Così l´hanno percepita e spiegata di recente artisti come Roberto Benigni o Roberto Saviano, e l´hanno trasformata in racconto popolare. Il giorno in cui i partiti dell´opposizione sapranno capire e spiegare la posta in gioco con altrettanta chiarezza, sarà un gran bel giorno per la democrazia italiana.
La Repubblica 13.03.11
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Le piazze abbracciano la Costituzione “Siamo un milione, è ora di resistere”, di Giovanna Casadio
Il pm Ingroia: a rischio l´uguaglianza. Gli studenti: difendere la scuola. La stima delle Questure: 43 mila in totale. Attacco al magistrato di Palermo dal Pdl. Era una sfida rischiosa e ambiziosa: solo un mese fa, le piazze italiane si erano riempite, a difesa della dignità delle donne, subito dopo il Rubygate – e ieri ecco il C-day, a difesa della Costituzione e della scuola. La protesta italiana continua. Di nuovo centoventi piazze piene. Un milione di persone in tutto il paese, secondo le stime degli organizzatori; 43 mila (25 mila a Roma), secondo le questure. Il solito balletto di cifre. Che non impediscono però di vedere la novità: la mobilitazione – spontanea, fai da te, autofinanziata – non si ferma. Non sono più i partiti a portare la gente in piazza, ma gli studenti, le donne, gli insegnanti, gli intellettuali, gli attori, i lavoratori, è la gente a portare i partiti in piazza.
Tricolori che sventolano – uno di 60 metri apre il corteo e poi, arrivati in piazza del Popolo, la divide in due spicchi affollati – e copie della Costituzione alzate come vessilli. Note del “Va´ pensiero”, l´Inno d´Italia ma anche il Dies Irae e “Chiamami ancora amore” che tutta piazza del Popolo canta con Vecchioni e grida: «…e questa maledetta notte dovrà pur finire». E una giovane donna, Flaminia Fioramonti dal palco a nome dell´Associazione partitigiani, spiega che: «Ora dobbiamo resistere», perché i valori della Carta nata dalla Resistenza vanno difesi ogni giorno, e sono in questo momento sotto attacco. Come sotto attacco è la scuola pubblica: Sofia, la rappresentante degli studenti medi, chiama a difenderla (altri studenti però hanno protestato in un corteo non autorizzato). S´infiammano i manifestanti a Roma quando il procuratore antimafia Antonio Ingroia, dal palco, denuncia il pericolo della riforma della giustizia appena varata dal governo: «In gioco non è il presente di noi magistrati, ma il vostro futuro. La cosiddetta riforma della giustizia è una controriforma e non è solo, come si dice, una ritorsione contro la magistratura ma la posta in gioco è l´eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge». Il Pdl accusa Ingroia: «È schierato, altro che l´indipendenza di cui parla l´Anm».
E s´infiamma la piazza a Milano quando Dario Fo di Berlusconi dice: «Lui è stupefacente… finisce un discorso all´estero concludendo: “adesso tutti a fare bunga-bunga” e la platea si chiede “ma è scemo?” Certo che è scemo… come per Ruby nipote di Mubarak». Dalla piazza partono cori di “scemo, scemo” e risate sul cerotto del premier («Forse operato da fuori perché non apre bocca, specie nei processi»). Incerottati sfilano i manifestanti a Catania. Gino Strada a Venezia: «La Costituzione è stata stuprata dalla classe politica italiana».
Confuso nel corteo romano Pier Luigi Bersani, il segretario del Pd, commenta: «Sfila un corteo per l´alternativa. C´è un grande movimento nel paese e i partiti, il nostro in particolare, devono affiancarlo, dargli la mano. Politica e società civile insieme per una strada di ricostruzione. Berlusconi che si avvinghia su se stesso, lo sappia». Ci sono anche i finiani in corteo, e Flavia Perina, il direttore del “Secolo d´Italia” alla quale chiedono se prova imbarazzo a sfilare con il popolo di sinistra, indica le bandiere: «Imbarazzo, in mezzo a tutti questi tricolori?». Ci sono Franceschini, Anna Finocchiaro con la figlia Miranda («Un fatto di popolo»), Fassino candidato sindaco di Torino («C´è la gente che vuole cambiare»), Ignazio Marino; Mussi, Giordano, Migliore di Sel; inoltre Diliberto e Ferrero; Pardi e Orlando di Idv. Di Pietro manifesta a Napoli. Vendola a Bari. Beppe Giulietti, di Articolo 21: «No a divisioni, è giunto il momento di stare tutti insieme». Santo della Volpe presenta la kermesse romana e indica il pannello-slogan: «È viva la nostra Costituzione». Domenico Petrolo, del comitato promotore, raccoglie i numeri: «Un successo». La protesta non si ferma: Giulio Scarpati annuncia lo sciopero generale della cultura a fine mese.
La Repubblica 13.03.11