ambiente, economia

"Energie rinnovabili abbandonate all'incertezza", di Annalisa D'Orazio

Il decreto legislativo sulle energie rinnovabili ha avuto un iter caratterizzato da conflitti e polemiche tra gli operatori del settore e il legislatore. Oggetto di scontro sono state le parti riguardanti gli incentivi alle rinnovabili, elemento di crescita dello scontro la norma sul fotovoltaico, introdotta in una seconda versione del decreto. Una storia che si ripete e destinata a continuare nei prossimi mesi se il Governo non farà chiarezza. L’iter di attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle energie rinnovabili è stato caratterizzato da un confronto limitato e accese polemiche. La prima versione è stata trasmessa dal Governo al Parlamento il 10 dicembre 2010. Ha riservato agli operatori la sorpresa di leggere, in un testo di recepimento dei criteri e delle condizioni di promozione delle energie rinnovabili e dei biocarburanti verso l’obiettivo 2020 previsti dalla direttiva (1), anche la modifica della disciplina nazionale di incentivazione delle rinnovabili elettriche. Una seconda versione, approvata il 3 marzo 2011 in seguito agli emendamenti parlamentari (e sull’onda del dibattito suscitato dalla dichiarazione di Gse di una corsa accelerata alla realizzazione di impianti fotovoltaici fino al raggiungimento di 7.000 Mw finanziati con il secondo conto energia) (2), ha incorporato nel decreto la norma che modifica il sistema di incentivi del fotovoltaico.
Il tutto ha mandato nel panico il mercato e ha armato gli operatori uno contro gli altri. Cerchiamo di capire perché.

IL DECRETO ROMANI E GLI INCENTIVI ALLE RINNOVABILI ELETTRICHE

Il Titolo V del decreto legislativo del 7 marzo 2011 cambia per l’ennesima volta il disegno italiano di disciplina degli incentivi alla produzione di elettricità da impianti rinnovabili. Nel 1992 l’Italia adotta un meccanismo a tariffa amministrata (c.d. Cip6); nel 2001 (ex d.lgs 79/99) passa al meccanismo di mercato della quota d’obbligo con Certificati verdi (Cv), nel 2008 (legge 244/299) determina tariffe amministrate per impianti di piccole dimensioni (<1Mw) e modifica radicalmente il meccanismo dei Certificati verdi (Cv) per impianti più grandi, snaturandone le componenti “di mercato”. Infine, con il decreto del 7 marzo prevede: a) la graduale abolizione del meccanismo dei certificati verdi. b) il passaggio ad un meccanismo di incentivi determinati tramite aste al ribasso per gli impianti di potenza superiore a valori minimi da definire. c) incentivi, non altrimenti definiti, per impianti diversi da quelli di cui al punto b) e per progetti di riconversione del settore saccarifero. d) nuove tariffe in conto energia (rispetto al decreto 6 agosto 2010 o terzo conto energia che si limiterà agli impianti entrati in esercizio entro il 31 maggio 2011 a prescindere dal contingente di potenza (3) già stabilito nel decreto) per gli impianti solari fotovoltaici che entreranno in esercizio dopo il 31 maggio 2011. L’attuazione del nuovo disegno richiederà, nei mesi a venire, una copiosa quantità di decreti e regolamenti di passaggio ai nuovi meccanismi e gestione degli incentivi. Nel frattempo l’incertezza sul futuro sostegno a tutte le energie rinnovabili regna sovrana. GLI OBIETTIVI DELLA POLITICA ITALIANA Gli obiettivi delle politiche di sostegno alle rinnovabili sono delineati nello stesso decreto legislativo del 7 marzo 2011 che all’art. 23 afferma “la nuova disciplina stabilisce un quadro generale volto alla promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica in misura adeguata al raggiungimento degli obiettivi di cui all’art. 3 (obiettivi nazionali di ripartizione dell’obiettivo europeo del 20% nel 2020 secondo la direttiva 2009/28/CE, n.d.r.) attraverso la predisposizione di criteri e strumenti che promuovano l’efficacia, l’efficienza, la semplificazione e la stabilità nel tempo dei sistemi di incentivazione”. Sulla capacità di perseguire gli obiettivi di stabilità e semplificazione resta ben poco da dire dopo le premesse del paragrafo precedente. L’efficacia è negativamente condizionata dalla varietà e complessità delle norme, nonché dall’alta variabilità delle regole del gioco e dalla scarsa prevedibilità dei futuri orientamenti del legislatore. L’efficienza, qui intesa come remunerazione (incentivo o sussidio) del solo costo addizionale dell’elettricità prodotta da impianti rinnovabili rispetto al costo della migliore tecnologia non rinnovabile, sembra essere il criterio di fondo del riordino dei sistemi di incentivazione in vigore, mossi dall’intento di riduzione degli oneri di sostegno a carico dei consumatori elettrici. Almeno questa è la ratio sottostante il passaggio al meccanismo d’asta al ribasso. Riguardo al resto, la sospensione dei regimi in vigore e la non conoscenza dei valori dei nuovi incentivi, non consente di valutare l’effetto sui costi sociali. L’obiettivo di efficienza è del tutto condivisibile se si tiene conto che: a) in Italia tutti gli incentivi (per taglia di impianto e fonte rinnovabile) sono mediamente più elevati rispetto agli altri paesi dell’Ue; b) i meccanismi di mercato (caso Cv) o automatici (allineamento delle tariffe al costo delle tecnologie per effetto delle curve di apprendimento e della competitività) di pressione verso il basso dei valori del sussidio sono inefficaci; c) i meccanismi di promozione non rispondono all’esigenza di integrazione con il sistema elettrico secondo criteri di efficienza. Gli obiettivi di efficacia, efficienza, semplificazione e stabilità che dovrebbero orientare gli strumenti (incentivi), tuttavia, sono secondari rispetto all’indirizzo strategico del legislatore di promuovere investimenti in impianti rinnovabili per intraprendere il percorso virtuoso di crescita dell’energia rinnovabile nei consumi nazionali da qui al 2020. QUALE STRATEGIA DI SVILUPPO? L’obiettivo nazionale di sviluppo delle energie rinnovabili è fatto proprio dal Governo italiano, il quale: - ha condiviso con gli altri Stati membri la strategia europea in materia di crescita delle energie rinnovabili, ha partecipato ai lavori preparatori della direttiva 2009/28/CE e ha ratificato l’accordo di ripartizione delle quote nazionali di sviluppo delle energie rinnovabili; - ha inviato nel luglio 2010 alla Commissione europea il Piano di azione nazionale di sviluppo delle energie rinnovabili, in cui delinea un percorso di crescita delle rinnovabili elettriche dai 40 ai 50 TWh dal 2010 al 2020, ovvero il raddoppio rispetto alla produzione attuale. La crescita è in linea con la strategia dell’Europa verso il 2020 e risponde all’obiettivo nazionale di sviluppo richiamato all’art. 3 dello stesso decreto del 7 marzo. I meccanismi di sostegno, laddove giustificati da maggiori costi rispetto alle tecnologie non rinnovabili, rispondono innanzitutto alla strategia di promozione delle rinnovabili e dell’efficienza energetica nel quadro della politica energetica del governo in sede europea. L’incertezza sul futuro va quindi eliminata al più presto per ridare certezza a consumatori e imprese, ma soprattutto credibilità alle politiche del governo. Ci auguriamo che, almeno questa riforma, rappresenti l’occasione per una visione politica allargata della materia, con un maggiore e ampio coinvolgimento degli stakeholders (a mio avviso necessario nella gestione dei conflitti) e un più ampio riferimento alle esperienze internazionali e sia la premessa per una strategia di sviluppo delle energie e delle tecnologie rinnovabili che analizzi i costi e i benefici sociali dei possibili scenari di crescita. (1) Direttiva 2009/28/CE. (2) In realtà non si comprende il legame tra la comunicazione di GSE (tra l’altro inopportuna e, a mio avviso, improbabile dal punto di vista dei MW che si ritiene effettivamente realizzati e operativi entro il 2011 con finanziamenti coperti dal secondo conto energia) e l’inserimento della norma di rettifica del terzo conto energia approvato con il decreto del 6 agosto 2010. L’effetto è stato quello di generare scontento nel mercato del solare fotovoltaico, data l’incertezza aperta dalla norma di revisione del decreto del 6 agosto 2011. (3) Il terzo conto energia prevedeva, infatti, una copertura di 3.000 MW (impianti solari fotovoltaici tradizionali), 300 MW (integrati-innovativi), 200 MW (solare fotovoltaico a concentrazione). da lavoce.info