Quando si arriva a manipolare le notizie, a falsificarle, a nasconderle, travestirle, camuffarle, e lo si fa in
modo sistematico, utilizzando i canali dell’informazione pubblica, come avviene nel caso del Tg1, senza che gli organi di controllo e di garanzia intervengano con efficacia, si può sostenere di essere in presenza di una ferita della democrazia? Se si può sostenerlo, come io credo fermamente, allora è bene dirsi che dobbiamo fare i conti con questa realtà e trovare risposte politiche adeguate anche in relazione alla nostra partecipazione all’attività degli organismi di vigilanza e garanzia.
L’analisi che qui propongo non prende in considerazione il dato “quantitativo” che certifica la presenza abnorme di Berlusconi in tv, ma contenuti e tecniche.
Parto da un caso recentissimo che ha riguardato la Libia, Gheddafi e la qualità della relazione del governo
in carica con il dittatore libico. Al Tg1 ci si deve essere a lungo interrogati su come convincere gli italiani che il baciamano di Berlusconi e le pagliacciate grottesche a cui milioni di italiani avevano assistito durante la visita di Gheddafi a Roma (nel 2010 con cavalli e amazzoni al seguito e con hostess pagate per ascoltarlo e convertirsi.
Nel 2009 per illustrare alle donne della destra italiana che fecero a pugni per accaparrarsi un posto in sala,
la condizione femminile nei paesi arabi) non avessero rappresentato niente di singolarmente indecoroso e comunque non lontano da quanto aveva fatto il centrosinistra. La soluzione al rompicapo è consistita nell’attingere a documenti d’archivio. Si è ripescata così un’intervista di Giovanni Minoli al leader libico che dice: Prodi ci ha aiutati, è un amico. Un’intervista risalente agli anni della presidenza Prodi alla Commissione Europea (2004). Del tutto ignorata l’intervista allo stesso Prodi pubblicata dal Corriere della Sera proprio nel giorno in cui il servizio televisivo veniva confezionato, laddove si spiegava all’intervistatore che “amico” o “fratello” sono espressioni di cortesia comunemente usate nel mondo arabo. Un caso di manipolazione dell’informazione,
una tra le peggiori “patologie” perché consegna un messaggio distorto allo spettatore che non può difendersi se non è avvertito o informato. Andando indietro nel calendario di qualche giorno, ci si imbatte
nell’intervista “vera-falsa” a Berlusconi realizzata con l’uso del “gobbo” (le risposte sono scritte dentro l’obiettivo della telecamera e l’intervistato deve semplicemente leggerle) e con domande dunque precedentemente concordate. Questa forma di manipolazione trasforma il giornalista in un professionista dello spettacolo, che recita la sua parte
nella costruzione propagandistica ad uso dell’intervistato di turno (il premier). Questa ingloriosa pagina nella storia del servizio pubblico radiotelevisivo si è accompagnata ad un secondo grave episodio nato dal tentativo di rintuzzare le critiche e relativizzare le responsabilità. Mi riferisco alla messa in onda di uno spezzone di un’intervista del Tg3 fatta ancora una volta (non casualmente) all’allora premier Prodi (2007). In questo caso sono stati realizzati dei tagli per far apparire l’intervista “addomesticata”. Ora sul caso c’è un esposto all’Ordine dei giornalisti. Nel Tg1 diretto da Minzolini (in carica da giugno 2009) sono state censurate o nascoste in poche righe le notizie diffuse da Istat, Eurispes, Ocse e anche Caritas, laddove si evidenzia il peso della crisi economica.
Spariscono le notizie sulla condizione degli anziani, ma va in onda il servizio sulla consegna della dentiera all’anziana signora dell’Aquila per mano di Berlusconi. Del terremoto si parla per sottolineare i risultati ottenuti dalla protezione civile e dal premier. Censurate le proteste degli aquilani contro il Tg1.
Il caso Scajola è da manuale della disinformazione: servizi che “discolpano” e non informano.
Il 3 ottobre2009 si tiene la manifestazione per la libertà di stampa: la manifestazione è presentata come di parte, contro Berlusconi e va in onda un editoriale di Minzolini a commento.
Il 9 novembre arriva la richiesta di arresto per Cosentino. Va in onda un editoriale di Minzolini per illustrare la necessità del ritorno all’immunità parlamentare. Il 22 gennaio, inchiesta Mediatrade:
poche parole alle 20, servizio alle 13.30 il giorno seguente per una notizia che rappresenta l’apertura dei principali quotidiani nello stesso giorno. Il 28 gennaio si dà spazio ad un lungo “vivo”, cioè un intervento letto dal conduttore con la notizia di una presunta inchiesta di Panorama su un complotto contro Berlusconi. Non è l’unico spazio dato ai complotti (falsi) contro Berlusconi,
portati all’attenzione pubblica da media di proprietà della famiglia del Cav.
Il calendario della disinformazione conosce il 26 febbraio 2010 un record con Mills che risulta assolto
dal reato di corruzione che invece è prescritto. 200mila spettatori protestano su Facebook contro il Tg1.
Interessante il confronto tra il numero di notizie sul caso Verdini e quello sulla casa a Montecarlo di Fini. Ma c’è da citare anche il servizio del 31 agosto sulle contestazioni a Dell’Utri, in cui ci si guarda bene dal fornire spiegazioni sulle ragioni delle stesse. L’8 settembre, il servizio sulle contestazioni a Bonanni, il segretario Cisl alla festa del Pd di Torino. Il servizio non dice che a contestare non sono i democratici, ma esponenti dei centri sociali. Il 14 dicembre è il giorno della sfiducia a Berlusconi. A una cronista
viene tolto il pezzo, già assegnato, a conclusione di uno scontro con la direzione sulla messa in onda della notizia che due delle tre donne gravide arrivate con fatica a votare erano finiane. Per più di un mese, ogni sera, va in onda sul tg delle 20 un servizio sul 41bis, con l’obiettivo di dimostrare che nel centrosinistra (Mancino, Conso, Ciampi) si è trattato con la mafia e alleggerito il carcere duro ai mafiosi. Nell’ultimo mese si è assistito a una vera e propria escalation della disinformazione. Oltre ai due casi citati in apertura, ricordo Ferrara invitato a parlare a favore di Berlusconi in studio dove attacca l’Espresso e De Benedetti. Parla più di 5 minuti (un servizio medio, che può contenere anche tre interviste, dura 1minuto e 15 secondi).
Nessun contraddittorio. La manifestazione delle donne del 13 febbraio è relegata quasi a metà giornale, per la durata di 1 minuto e 15 secondi. Gli altri tg ci
aprono. Il 1 marzo ci sono da affrontare le polemiche sulla scuola pubblica innescate dalle parole del Cav: si censura il cardinal Bagnasco e non si dà notizia del sit-in del Pd davanti a Palazzo Chigi. Possiamo
dire ancora che questa informazione ci informa? L’elenco potrebbe arricchirsi ma credo basti già a dire che è arrivato il momento non solo di denunciare le carenze delle istituzioni di controllo e garanzia, ma di interrogarsi sul ruolo che le opposizioni hanno in esse, fino a metterne in discussione i modi e la stessa permanenza. Non si può rischiare di legittimare ciò che è fuori dalle regole. E non possiamo più nasconderci che se l’informazione nutre e alimenta la democrazia, in Italia siamo in un’emergenza vera e propria.
*Deputata PD
L’Unità 10.03.11