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«Quote rosa, battaglia in Senato sulla legge», di Lorenzo Salvia

Presenza nei cda e tempi: il governo frena sull’emendamento approvato in Commissione

ROMA— Tutto sembrava pronto per un gesto simbolico, il sì della commissione proprio nel giorno della Festa della donna. E invece, al Senato, il disegno di legge sulle quote rosa si è incagliato di nuovo, con una spaccatura a sorpresa tra governo e maggioranza, Una frenata che potrebbe essere superata già oggi ma che lascia molti dubbi sul destino finale del provvedimento. Il ddl prevede la presenza obbligatoria di almeno un terzo di donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa o a partecipazione pubblica. Ma dopo il voto bipartisan dei mesi scorsi alla Camera erano arrivate le perplessità degli industriali. Per questo— al Senato, in commissione Finanze — erano già state ammorbidite le sanzioni: non più la decadenza immediata dei cda che non rispettano la legge ma prima una diffida poi una multa e, solo alla fine, la decadenza. Il nodo vero, quello dei tempi, è stato però affrontato ieri. La relatrice Maria Ida Germontani, finiana, ha trovato l’accordo con tutta la commissione e proposto un percorso a due tappe, per arrivare a regime nel 2015. Il governo ha chiesto tempi più lunghi, con l’obbligo di avere un terzo di donne nei cda tre anni dopo, nel 2018. Per questo, a nome del governo, il sottosegretario all’Economia Sonia Viale ha dato parere negativo sull’emendamento Germontani, e ne ha chiesto il ritiro. Uno scontro inedito fra governo e maggioranza, anzi con l’intera commissione. E un intoppo che ha suggerito un rinvio, con tanti saluti all’approvazione simbolica nel giorno della Festa della donna. L’opposizione protesta: «Nella maggioranza ci sono punti di vista diversi che riemergono quando arriviamo ad un punto di svolta» dice Giuliano Barbolini per il Pd, «le lobby hanno fatto pressione» aggiunge per l’Italia dei valori Elio Lannutti. Cosa succede adesso? Il dibattito riprende stamattina. La relatrice Germontani assicura che il suo «emendamento non si tocca perché è condiviso da tutta la commissione» . Il sottosegretario Viale garantisce che «c’è il massimo impegno perché questo atteso provvedimento diventi legge» . Con ogni probabilità il governo ritirerà il parere contrario, anche per mettere l’esecutivo al riparo da un voto sfavorevole. «Credo che la proposta Germontani sia una buona mediazione» , dice il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri. Ma bisogna vedere cosa faranno i parlamentari della maggioranza, visto che ieri il governo aveva detto no. Tutto risolto? No, perché quell’emendamento non è l’ultima curva pericolosa dell’iter parlamentare. Fino a ieri mattina sembrava certo che, dopo il sì della commissione, il ddl sarebbe stato approvato in sede deliberante, cioè con una procedura veloce che consente di saltare il passaggio in Aula. Per farlo serve l’accordo di tutti i gruppi parlamentari e anche del governo. Ancora Gasparri: «Credo sia una soluzione possibile e auspicabile» . Ma il governo, per il momento, non si sbilancia. E in ogni caso, poi, si dovrà tornare alla Camera.

da Corriere della Sera

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«Quella gradualità chiesta dalle imprese», di R. Ba.

ROMA— «Sulle quote rosa sono sempre stata abbastanza contraria ma una scossa per muovere le coscienze è necessaria» . Federica Guidi, presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, spiega così l’insoddisfazione del mondo delle imprese alla soluzione di compromesso che si andava delineando tra maggioranza e opposizione. In realtà Confindustria, banche (Abi) e assicurazioni (Ania) già tre settimane fa avevano inviato al presidente della commissione Finanze del Senato Mario Baldassarri e alla relatrice Maria Ida Germontani una lettera congiunta con la quale chiedevano alcune modifiche: tempi più lunghi (due o tre rinnovi dei Cda) e revisione delle sanzioni considerate «sproporzionate» visto che si prevede la decadenza dell’intero consiglio o del collegio sindacale nel caso di mancato rispetto della legge. La leghista Sonia Viale, avvocato e sottosegretario al Tesoro, ieri ha bloccato l’accordo chiedendo proprio di andare a regime entro il terzo rinnovo, e quindi nel triennio 2018-2021. Anche il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia aveva espresso nei giorni scorsi le proprie perplessità durante un dibattito con il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. «Non si può passare dal 5 al 30%senza nessuna gradualità— aveva avvertito —, il rischio è di mettere nei consigli amiche e fidanzate, ossia donne non competenti» . L’allarme nel mondo delle imprese nei giorni scorsi è aumentato, e di conseguenza la pressione sul governo, perché è emerso che la norma sulle quote rosa si sarebbe applicata «a cascata» anche sulle controllate delle società quotate in Borsa.

da il Corriere della Sera

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«Cda in rosa? Forse nel 2021. Il pasticciaccio del governo», di Federica Fantozzi

La commissione Finanze di Palazzo Madama non vota nell’8 marzo la legge sulle quote rosa nei cda societari. Tutto rinviato a oggi per il veto del sottosegretario
all’Economia Viale. Il Pd: «Occasione mancata»

2021 Odissea nel ridicolo. Sfumato ogni possibile simbolismo, naufragato miseramente il richiamo all’8 marzo, non resta che puntare sulla fantascienza: le quote rosa nei consigli di amministrazione sono a portata di mano quanto il Ponte sullo Stretto.
L’ennesimo miracolo italiano accadrà forse tra un decennio, per chi lo vedrà.
Ieri in commissione Finanze al Senato si è svolto l’ultimo atto della tragicommedia di un disegno di legge che nella maggioranza tutti sponsorizzano a parole ma pochissimi vogliono davvero. Sicché – da settimane – ad ogni voto corrisponde una battuta d’arresto. Quindi: l’atteso via libera nella suggestiva data dell’8 marzo è saltato per lo zampino del governo. Tutto rinviato a oggi, le signore si accontentino delle mimose.
È successo che la faticosa mediazione bipartisan raggiunta a Palazzo Madama sui tempi di introduzione della nuova legge – che impone, non più a a pena di decadenza, il 30% di donne nei cda delle società quotate in borsa o a partecipazione pubblica entro il secondo rinnovo, dunque per il 2015 – è saltata per il parere negativo del governo espresso dal sottosegretario all’Economia Sonia Viale. Alla relatrice dell’emendamento, l’ex fliniana (ora nel Misto) Maria Ida Germontani, è stato chiesto garbatamente (e invano) di ritirare la sua norma. L’esecutivo preferisce – in linea con il richiamo alla «gradualità » di Confindustria – andare a regime entro il terzo rinnovo, cioè nel triennio 2018-2021. In entrambi i casi, non proprio domani.
Eppure, il diverbio vale la pena di una figuraccia. Con il governo che sconfessa la propria maggioranza, rischia di andare sotto (se si fosse votato), viene salvato dalla scelta dell’opposizione di rinviare «per senso di responsabilità». Con i titoloni cubitali di giornale «presto la legge sui cda rosa» ormai preistoria.
Dal Pd Albertina Soliani parla di «occasione mancata». Il dipietrista Elio Lannutti si toglie i sassolini dalle scarpe: «Nella Festa della donna, si è sprecata un’occasione per trovare la sintesi ad un armonioso lavoro fatto in Commissione. Noi abbiamo ingoiato molti rospi… Adesso le lobby, come le banche e le assicurazioni, si sono accorte che questo ddl era già stato approvato alla Camera all’unanimità…». Dal PdL è tutto un promettere che l’intesa è imminente (Bonfrisco), serve solo un piccolo approfondimento (Quagliariello), la legge si farà (Gasparri).
Può darsi: con la (irrilevante) incognita dei contenuti. Ieri, a Livia Turco, il ministro Giorgia Meloni giurava che lei sta «facendo di tutto» e «il governo non ha rallentato l’iter».

da www.unita.it

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«Cda in rosa, dietrofront di governo. A regime solo dal 2015»

Le quote rosa nei Cda delle società quotate in borsa (30% di donne) andranno a regime dal 2015. In commissione Finanze al Senato è arrivato infatti l’ok del governo che era mancato ieri: l’esecutivo voleva andare a regime al terzo rinnovo dei Consigli, fra il 2018 e il 2021. Ma l’ha spuntata la commissione. Stamattina è arrivato il placet del governo dopo «approfonfimenti», come ha specificato il sottosegretario all’Economia Sonia Viale.

Dunque passa l’emendamento del relatore Maria Ida Germontani (Fli): al primo rinnovo dei Cda, nel 2012-2015, ci sarà il 20% di donne. Al secondo rinnovo (2015-2018) saranno il 30%.

Cosa è cambiato fra ieri e oggi? «Il governo ha approfondito il tema- spiega il sottosegretario Viale – la priorità del governo era mantenere il proprio emendamento, ma abbiamo preso atto del lavoro fatto dalla commissione e ci siamo rimessi a quello». Oggi pomeriggio la commissione deciderà se deliberare il testo approvato senza passare per l’aula o se agire in sede redigente, cioè portare il testo in emiciclo per il solo voto finale. Saranno i capi dei gruppi a dare l’indirizzo in una riunione prevista nelle prossime ore. «Ringraziamo il governo – ha sottolineato il relatore Germontani – per aver rispettato il lavoro della commissione, si sono presi del tempo, ma, alla fine, hanno dato l’ok al nostro emendamento».

La commissione ha ceduto però, sui tempi di entrata in vigore. Da quando la legge sarà in Gazzetta Ufficiale ci sarà un anno per cominciare a mettersi in regola invece degli iniziali 6 mesi. Poi scatteranno le quote: 1/5 di donne al primo rinnovo, 1/3 al secondo. Sulle sanzioni era già arrivato l’ok la scorsa settimana. Per chi non si adegua scattano diffida di quattro mesi, sanzione, diffida di tre mesi e infine decadenza del Cda. Il governo aveva eliminato la decadenza. Anche su questo punto è passata la linea del Parlamento.

«La notte ha portato consiglio – è il commento di Elio Lannutti, senatore Idv – ieri abbiamo fatto bene a non rompere con l’esecutivo votando lo stesso l’emendamento del relatore. L’atto di responsabilità è servito». E ora, Giuliano Barbolini, Pd, «ci aspettiamo che ci diano la sede deliberante».

Nella seduta di questa mattina sono passati anche tre ordini del giorno: il primo prevede che il ministero delle Pari Opportunità possa indicare, con un regolamento, alle aziende che vogliono anticipare i tempi come farlo; il secondo prevede che la Civit sia l’organismo ce controllerà l’applicazione della legge da parte delle società pubbliche; il terzo prevede agevolazioni fiscali per le aziende per sostenere i costi delle assemblee straordinarie che dovranno tenersi per modificare gli statuti.

da www.unita.it