Ancora nessuna decisione formale sul Trattato con Gheddafi. Bruxelles approva all’unanimità le sanzioni contro il regime di Muammar Gheddafi e gli Stati Uniti li si preparano a inviare due squadre di operatori umanitari alle frontiere della Libia con la Tunisia e l’Egitto e, forse, ad iniziare il riposizionamento delle forze navali e aeree per essere preparati a qualunque evenienza, ma non si scioglie l’ambiguità del governo italiano nei confronti del vecchio alleato con l’anello da baciare.
Sono finora rimasti inascoltati gli appelli dell’opposizione, Pd in testa, perché l’esecutivo e il parlamento insieme compiano un atto formale per sospendere il trattato bilaterale stipulato da Berlusconi con Gheddafi nell’agosto 2008 e ratificato in via definitiva nel febbraio 2009.
Nessun passo avanti concreto, infatti, è venuto ieri dai ministri più interessati alla vicenda. Né da Ignazio La Russa, che dopo le gaffe di questi giorni (la mancata presenza, venerdì scorso, alla riunione con i colleghi europei e con il segretario della Nato Rasmussen in Ingheria; poi l’allegra affermazione sulla sospensione «di fatto» del trattato con la Libia) ieri si è lanciato in una retorica e inutile nella sostanza dichiarazione: «Quando si tratta di diritti umani, di fermare violenze drammatiche, non c’è nessun trattato che può frapporsi, in maniera decisiva, alle attività necessarie». Né, tantomeno, da Franco Frattini, che si è lanciato in una excusatio insolitamente muscolosa sull’accordo con Tripoli: «Fu necessario perché l’Ue non lo aveva fatto e l’Italia non poteva affrontare da sola il problema dell’immigrazione clandestina. L’Italia non accetta di essere la guardia costiera dell’Unione europea. Era assolutamente necessario avere un accordo per fermare il flusso di immigrati diretti in tutta Europa, non in Italia».
Resta il fatto che, come ha sottolineato domenica il vicesegretario del Pd, Enrico Letta, dalla Annunziata a In mezz’ora, «nel trattato ci sono scritte con chiarezza alcune cose, rispetto alle quali o c’è sospensione formale o ci chiamiamo fuori rispetto alle scelte che Usa, Gb, Francia decideranno di assumere».
Sia Letta, sia il leader dell’Udc, Pierferdinando Casini, hanno chiesto che l’atto giuridico sia compiuto «dal governo, con un atto che sia anche del parlamento.
E ieri un altro esponente dell’Udc, Roberto Rao, relatore della proposta di legge che adegua l’ordinamento interno alle disposizioni dello Statuto della Corte penale internazionale, ha lanciato l’allarme: finché il nostro paese non approverà quella legge, Gheddafi potrebbe anche stabilirsi in Italia senza correre il rischio di essere consegnato al Tribunale penale internazionale, come chiesto dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. «L’Italia – ha detto ancora Rao – si è posta, almeno da un punto di vista pratico, sullo stesso piano di quei paesi che non hanno sottoscritto il trattato istitutivo della Corte penale internazionale».
Il Consiglio dell’Unione europea, intanto, ha approvato la messa in atto della risoluzione Onu 1970 e una serie di sanzioni complementari nei confronti di Gheddafi e della sua famiglia, tra cui il congelamento dei beni e il blocco dei visti. (in tutto queste ultime misure dovrebbero riguardare 26 persone). Il Consiglio ha anche proibito il commercio con la Libia relativo a materiale «che può essere usato per la repressione interna». L’iniziativa comunitaria è il frutto di una procedura accelerata, con la quale l’Unione europea ha dunque introdotto l’embargo sulla vendita di armi alla Libia, oltre al congelamento dei beni e il divieto di espatrio per Gheddafi e i suoi uomini. Il congelamento dei beni, hanno precisato fonti Ue, riguarda solo persone fisiche e non giuridiche come i fondi sovrani (Libyan Foreign Investment Company e Libyan Investment Authority) o la Banca centrale libica, ovvero gli organismi che detengono quote rilevanti in alcune società quotate italiane.
Insomma, alla fine l’Ue si è mossa, anche se c’è da registrare il rinnovato e forte protagonismo Usa si farà sentire nel Mediterraneo. Hillary Clinton ha affermato di ritenere utile una no fly zone, nei giorni scorsi considerata di difficile attuazione dalla Nato e dai ministri della difesa europei. Quanto ai rapporti con il Consiglio nazionale libico di Bengasi, Frattini si è vantato del fatto che «soltanto l’Italia» avrebbe dei contatti, aggiungendo di trincerarsi dietro il riserbo «per non pregiudicare persone che hanno messo a rischio la loro vita».
da Europa Quotidiano 01.03.11