La legge delle primarie nel centrosinistra non ha fatto eccezioni neanche a Torino, ma la sorpresa, questa volta, non è venuta dalla scelta per la candidatura a sindaco, ma dalla grandissima partecipazione al voto, un vero record di affluenza. Il favorito, Piero Fassino, ha ottenuto così un grande successo, con circa il doppio dei consensi raggiunti dal più giovane compagno di partito, Davide Gariglio. La vittoria dell’ex ministro ed ex segretario Ds premia il coraggio di aver accettato, dopo una lunga e prestigiosa carriera di leader nazionale, di tornare nella sua città per rimettersi in gioco nella lotteria delle primarie, una gara fratricida e insidiosa. Dal punto di vista nazionale, invece, conforta le speranze del partito di Bersani che vede non solo il candidato prescelto per la successione a Chiamparino trionfare nettamente, ma soprattutto essere eletto con un amplissimo consenso popolare. Un segnale positivo che, dopo le delusioni di Bari, Firenze e Milano pare confermare, per il Pd, i sintomi di ripresa che i sondaggi indicano nelle ultime settimane.
La straordinaria partecipazione alle primarie torinesi sembra possa spiegarsi attraverso due motivazioni fondamentali. La febbre di mobilitazione che percorre le file dei simpatizzanti per il centrosinistra, rivelata pure dall’imprevisto successo della recente manifestazione delle donne in difesa della loro dignità. Ma anche il riconoscimento di una competizione vera, nella quale non si chiedeva solo l’ubbidienza a una scelta fatta dal vertice Pd, ma si affidava agli elettori il diritto di decidere tra due alternative, se non di programmi, almeno di personalità e di prospettive. Merito anche del principale sfidante di Fassino, Davide Gariglio, che ha saputo giocare la sua partita, con notevole vivacità polemica e senza timori reverenziali per il competitore più titolato.
La risposta degli oltre cinquantamila elettori che sono andati alle urne è stata chiara e significativa: in un momento di incertezza per la città, alle prese con molti problemi, soprattutto di natura economico-sociale, la preferenza è andata a chi ha offerto le maggiori garanzie, per esperienza politica e affidabilità personale, di saper affrontare un futuro che si annuncia difficile. Forte della sua profonda conoscenza della città e dei solidi legami sia con il mondo operaio, che conosce molto bene, sia con quello imprenditoriale, con cui vanta un rapporto di rispetto e di stima, Fassino può sperare, se riuscirà a vincere anche il confronto con l’avversario del centrodestra, di restituire la fiducia ai torinesi. Quello slancio che Torino, dopo le Olimpiadi, sembra aver un po’ perso e che, forse, le celebrazioni per i 150 anni dell’unità nazionale potrebbero contribuire a recuperare.
Il vincitore delle primarie del centrosinistra, se sarà anche il nuovo sindaco, avrà anche un altro compito arduo. Quello di esprimere la continuità dell’esperienza di Chiamparino, giudicata positivamente dalla larga maggioranza dei torinesi, ma con la consapevolezza che il “cambio di stagione” è inevitabile. Anzi, che proprio lui, per la lunga e importante carriera politica alle sue spalle, è l’uomo più adatto e disponibile a imboccare la via dell’inevitabile rinnovamento La vittoria di Fassino, è inutile nasconderlo, aggrava, infine, le difficoltà del centrodestra torinese, peraltro già sfavorito in partenza, per il divario di voti che in città lo divide tradizionalmente dagli avversari. Contro di lui, l’attuale opposizione ha due strade: quella di ricercare, magari anche nella società civile, un nome di altrettanto prestigio, notorietà e competenza politico-amministrativa. Oppure, giocare, con spregiudicatezza, la carta del passaggio generazionale, puntando su uomini o donne giovani, che rappresentino una alternativa radicale, non solo di programmi, ma anche di immagine, per le scelte dei torinesi. In ogni caso, una strada, da oggi, ancor più impervia.
La Stampa 28.02.11