Da che è nata, Internet oscilla tra due estremi. Il primo la vuole strumento indiscusso di divulgazione della cultura; il secondo suo aguzzino. Le domande che analisti, investitori e semplici fruitori si fanno sono più o meno sempre le stesse. È giusto che ci si scambi musica, film, prodotti culturali senza pagare? È giusto affidarsi a notizie di cui spesso non viene verificata l’autenticità? Il moltiplicarsi di blogger d’opinione e critica è un bene o solo un rumore di sottofondo che pervade la rete? Per rispondere a queste e ad altre domande si sono riuniti a Roma gli Stati generali del diritto d’autore, in una tavola rotonda dal titolo esemplificativo di “Un diritto d’autore per tutti”.
Punto di partenza della discussione è stata la stesura del regolamento del decreto Romani affidata all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Un provvedimento parecchio discusso fin dalla sua presentazione, nel dicembre del 2009, per via della volontà di applicare le norme che regolano l’universo televisivo a quello del web.
«Il decreto Romani – ha ha spiegato il senatore Pd Vincenzo Vita – è la madre di questa porcheria, è per questo che noi pensiamo di presentare un disegno di legge che intervenga sulla materia per correggerne le storture». Più equilibrato, ma pur sempre dubbioso e aperto a critiche il commissario dell’Agcom Nicola D’Angelo. «Purtroppo ci sono molti punti deboli nel modo in cui si guarda a questa disciplina – dice – siamo ancorati a impianti teorici vecchi».
Il discorso si accende quando si parla di pirateria. Per Enzo Mazza, presidente della Federazione Industria Musicale Italiana, è una voragine a cui bisogna porre immediatamente rimedio. «Internet non può essere lo strumento con cui distruggere un intero sistema produttivo. Ci sono nuovi investimenti in ballo, e noi abbiamo il dovere di proteggerli», dice. Un modo per farlo, secondo Antonello Busetto, responsabile Affari Istituzionali Confindustria, sarebbe quello di «rendere più sicure le transazioni via internet. Il 50% degli italiani utilizza internet, eppure solo il 20% fa acquisti on line, e questo non perché preferisca la pirateria in assoluto, ma perché non ha ancora abbastanza fiducia nelle transazioni a pagamento».
In definitiva, da parte dei produttori e dei gestori dei servizi si legge un’attenzione ai controlli che non convince i consumatori. Marco Pierani di Altroconsumo giudica ancora «eccessive le restrizioni poste dall’Agcom, così come la possibilità dell’Autorità di chiudere qualsiasi sito anche solo sulla base della presunzione di colpevolezza, senza nessun contraddittorio di fronte a un tribunale, per esempio. Qui ci sono in ballo diritti costituzionalmente rilevanti, la discussione deve ritornare in parlamento».
L’Unità 25.02.11