A passo svelto e deciso, con schemi precisi, orizzonte largo e tempi contingentati. Ma mica per fronteggiare l’inquietante scenario nord africano. No, l’obiettivo di tanto rigore e determinazione è sempre lo stesso: salvare il presidente Silvio dal «complotto perfetto», quattro processi in 40 giorni. In due anni di vita mai come in questa settimana la Consulta della giustizia del Pdl, presieduta dall’onorevole avvocato Niccolò Ghedini, ha giustificato la sua esistenz di organo parallelo al ministero della Giustizia e alle commissioni parlamentari. L’ultima riunione, ieri mattina, ha definito mosse e pedine della partita a scacchi tra processi e udienze da una parte e norme di legge per scansarle dall’altra. Che sono tantissime, una vera e propria armata: intercettazioni, processo breve, prescrizione breve, improcedibilità, conflitto tra poteri dello stato. E poi, in un secondo tempo, lavorare su obbligatorietà dell’azione penale; separazione delle carriere; togliere la polizia giudiziaria dalla disponibilità esclusiva del pm. La annunciata, più volte a dir la verità, «complessa e organica riforma della giustizia». Con una novità, se possibile: evitare di irritare il Quirinale. «Cercheremo di scrivere testi che vadano incontro le giuste esigenze del Quirinale» spiega Enrico Costa, membro della Consulta e astro nascente del folto gruppo degli onorevoli avvocati nelle file del Pdl. Risponde ai desiderata del Colle, ad esempio, eliminare la norma transitoria dal testo del processo breve, quella che avrebbe ucciso migliaia diprocessi a cominciare da quelli del premier. La norma sarà in aula il 28 marzo, prevede la morte dei processi entro un massimo di sei anni dall’inizio del primo grado, sarà un toccasana per l’arretrato nel penale ma non riguarderà i processi in corso. Così riscritta sarà approvata in tempi brevi ma non risolverà i problemi giudiziari del premier. In questo senso l’unica medicina possibile si chiama prescrizione. Una norma, cioè, che rielabori i tempi di prescrizione del reato e garantisca sconti certi agli incensurati. Come Silvio Berlusconi. «Stiamo pensando
ad un testo a parte, una norma specifica, qualcosa che possa camminare ed essere approvato in fretta» spiega un membro della Consulta. Qualcosa che possa intervenire sui tre processi che ricominciano lunedì (Mediaset), il 5 (Mediatrade) e l’11 marzo (Mills) in cui Berlusconi è imputato per frode fiscale, vari reati fiscali e corruzione in atti giudiziari. Procedimenti che possono andare a sentenza in pochi mesi. Svolta anche sull’ossessione del premier, le intercettazioni. Sarà corretto, sempre rispondendo alle indicazioni del Colle, il testo della legge bavaglio che è stato fermato in aula a Montecitorio ma aveva già avuto il via libera del Senato. Il senatore Centaro(Pdl) è stato incaricato di trovare una mediazione tra il testo del Senato e quello rivisto e corretto da Giulia Bongiorno (Fli) in Commissione Giustizia alla Camera. L’indicazione è quella di «salvare lo strumento di indagine» ma di «punire in ogni modo la pubblicazione delle intercettazioni». C’è ottimismo sui tempi: «Alla Camera nello spazio di una settimana possiamo presentare un maxiemendamento e approvarlo con la fiducia». Poi tornerebbe al Senato blindato. Il tutto può richiedere poco più di un mese. C’è fretta di avere questa norma in tempo utile per evitare la pubblicazione degli atti del filone principale dell’inchiesta su Ruby, quella che riguarda Fede, Mora e Minetti. Per evitare, invece, il processo Ruby alla maggioranza non resta che appellarsi a Consulta e Cassazione e sollevare conflitti. Gli onorevoli avvocati sono al lavoro giorno e notte. Mentre apprendono che la procura di Milano potrebbe non citare Ruby tra i testi. La lasciano convocare alla difesa. Si riservano il controinterrogatorio.
L’Unità 25.02.11