Meno servizi per i disabili, meno aiuti agli anziani, un taglio ai programmi d´integrazione per gli immigrati, le politiche per l´infanzia e per la famiglia costrette ad aspettare. Mettere a posto i bilanci dello Stato ha un costo: molto spesso lo paga il welfare. E i primi a dover fare i conti con la drastica riduzione imposta dall´ultima Finanziaria ai Fondi statali di carattere sociali sono i sindaci.
La manovra per il 2011 è destinata a lasciare un pesante segno sulle politiche di assistenza messe in atto dai comuni. Dal 2008 ad oggi i dieci principali canali d´investimento (dal fondo per l´affitto a quello per i servizi d´infanzia) hanno subito una riduzione del 78,7 per cento: dai 2 miliardi e 527 milioni stanziati quattro anni fa si è passati ai 538 milioni di oggi. Alcuni capitoli di spesa sono stati semplicemente azzerati: il fondo per i non autosufficienti, per esempio, l´anno scorso aveva ottenuto 400 milioni di euro, quest´anno non è stato rifinanziato. Stessa cosa per i servizi d´infanzia: dai cento milioni dell´anno scorso (investimenti che il governo aveva finalizzato soprattutto all´apertura di nuovi asili nido) si è passati all´azzeramento per il 2011. Il fondo per le politiche sociali – che è un po´ il padre di tutto i fondi – ora può contare su meno di 274 milioni, solo tre anni fa erano il triplo. Quello per le pari opportunità è stato riportato in vita in extremis dal decreto Milleproroghe: la Finanziaria vi aveva depositato solo 2,2 milioni, ora sono 17, 2. Poca cosa rispetto agli oltre 64 del 2008. Eppure qualcosa è stato salvato: «Le prestazioni monetarie, per esempio – documenta uno studio di Sergio Pasquinelli per lavoce.info – per l´indennità di accompagnamento saranno spesi 13 miliardi». Tutti i servizi sociali dei comuni italiani costano la metà: nel 2008,dati Istat, sono ammontati a 6,6 miliardi. «A fare le spese del rigore sui conti sono stati i più deboli» commenta Antonio Misiani, deputato del Pd in Commissione Bilancio e responsabile del federalismo fiscale per Legautonomie. «Un problema enorme, che tuttora resta nell´ambito degli addetti ai lavori – precisa – e le cui conseguenze si manifesteranno solo fra sei mesi». Allora, spiega Misiani, balzerà all´occhio l´effetto incrociato dei tagli già subiti dai trasferimenti ai comuni lo scorso maggio e di quelli attuali. I sindaci, spiegano in Legautonomie, non sanno più che pesci pigliare e temono che il federalismo fiscale possa ulteriormente peggiorare la situazione.
Stanno male le grandi città, ma non stanno bene nemmeno i comuni più piccoli. «Siamo in trincea» sintetizza Paolo Annibaldi, sindaco di Castel Sant´Angelo, (1250 abitanti in provincia di Rieti) e responsabili per l´Anci delle politiche per i disabili. «Io farò i salti mortali: non voglio rinunciare ai servizi, ma per contenere i danni sono costretto a tagliare sulla manutenzione e sulle opere pubbliche. Quest´anno, per esempio, aspetterò il più a lungo possibile prima di risistemare il manto stradale. Le alternative, nel bilancio di un paese, sono ridotte all´osso». Tutti gli amministratori sono d´accordo sulla riduzione degli sprechi – precisa – «ma i conti non vanno sanati con tagli indifferenziati: risparmiare oggi sul welfare significa spendere il doppio, domani, per le emergenze».
La Repubblica 22.02.11