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"L'onorevole vuole la cyclette" di Daniela Minerva

Il numero due del Pdl alla Camera, Domenico Di Virgilio, chiede che tutti i deputati siano muniti di ‘pedaliere’ ai loro banchi, in modo da potersi tenere in forma durante le discussioni parlamentari. A spese del contribuente, è ovvio. Ci crediate o no, l’onorevole Domenico Di Virgilio, medico e vice presidente del Gruppo Pdl alla Camera, è tornato alla carica con la storia delle pedaliere da installare sotto i banchi di Montecitorio per gli onorevoli che possono così fare esercizio fisico mentre ciondolano stravaccati sui seggiolini.

L’aveva proposta direttamente a Fini un paio di anni fa e, non pago del comune ridacchiare che l’aveva accolta, oggi ci riprova. Giacché il momento è topico: i decreti attuativi testé approvati negano i denari ai Pronto soccorso (come stigmatizza oggi l’Anaao, il sindacato dei dirigenti medici); le strutture sanitarie di molte regioni del meridione sono al collasso; i camici bianchi vanno scomparendo sotto i tagli della coppia Brunetta-Tremonti che è in disaccordo su quasi tutto tranne che sull’inutilità degli ospedali pubblici; il Mediterraneo è in fiamme e le condizioni sanitarie a Lampedusa fanno temere il peggio; i farmaci innovativi ci mettono quasi il doppio ad arrivare in Italia di quanto non serva per gli altri paesi europei… e mi fermo qui.

Ma lui, l’impavido fustigatore dei pigroni, punta dritto sulle pedaliere per i suoi colleghi. È una questione di prevenzione, tuona: e pertanto è importantissima. Già, chissà se gli onorevoli, che a Roma ci stanno tre giorni si e no, nei rimanenti quattro giorni della settimana frequentano a tempo pieno palestre e circoli sportivi?

Di Virgilio ammette che le pedaliere costano, ma «la prevenzione fa risparmiare», aggiunge. Lo farebbe di più se fosse vera prevenzione per la popolazione generale, ma al vicepresidente e medico sta a cuore la salute dei suoi colleghi. Un medico è tenuto a prestare soccorso a tutti. Un medico cattolico, poi, deve metterci anche la pietà cristiana.

E Di Virgilio è ben conscio della sua missione: nella sua biografietta on line dichiara di essere sceso in politica per rispondere alla chiamata di Giovanni Paolo II che chiedeva l’impegno dei cristiani nel mondo. Compito cui il nostro ha ben risposto come primo firmatario di quell’obbrobrio che spacciano per legge sul testamento biologico. Quella che costringe tutti noi a vivere oltre ogni ragionevole decenza e ben oltre la nostra eventuale volontà, quella che affida a gente come Di Virgilio le decisioni sul nostro vivere e morire.

Anche se forse Giovanni Paolo II aveva in mente cristiani diversi: e una diversa missione.

L’Espresso 19.02.11