Milano, i privilegiati nell’elenco degli affitti del Pio Albergo Trivulzio. La lettera della compagna di Pisapia.
Nell’anniversario di Tangentopoli il Pio Albergo Trivulzio (Pat) torna a scuotere Milano. Il suo patrimonio immobiliare, frutto di lasciti e donazioni secolari a favore dei bisognosi, è al centro di uno scandalo che porta dritti a casa di onorevoli, (ex) segretari di partito, uomini legati alle istituzioni con incarichi in Comune e Regione, parenti del potente di turno. Tutti inquilini di appartamenti di pregio concessi a prezzi low cost.
I loro nomi stanno venendo a galla a colpi di indiscrezioni giornalistiche: ma l’elenco ufficiale finora è stato custodito gelosamente nei cassetti del Pio Albergo Trivulzio, da fine ‘700 uno dei più importanti ospizi d’Italia, con immobili in luoghi prestigiosi (via Moscova, piazza del Carmine, piazza Mirabello, via Santa Marta e corso Buenos Aires).
Oggi finalmente la commissione Casa e Demanio del Comune, guidata da Barbara Ciabò (Futuro e Libertà), promette di alzare il velo sulla lista. Sono 1.064 nominativi da settimane bersaglio di sospetti e veleni proprio per la segretezza con cui sono stati conservati (leggi i primi nomi). Del resto, basta sfogliare le delibere del consiglio di amministrazione del Trivulzio, per capire la discrezionalità con cui negli anni sono state gestite le case. Immobili di un ente di diritto pubblico, lasciati in beneficenza dalla Milano con il coeur in man, ma assegnati con un bando pubblico a chi tra i candidati (a parità di requisiti) è in grado di esibire il reddito più alto. Un controsenso per un ente nato con lo scopo di aiutare i poveri. Non solo. Il verdetto finale sui contratti da stipulare è lasciato nelle mani di un comitato ristretto: il direttore generale (Fabio Nitti, in quota Pdl) e il direttore del Dipartimento tecnico (Alessandro Lombardo, vicino all’ex An). La supervisione spetta al presidente del Trivulzio, il chirurgo Emilio Trabucchi (Pdl).
Insomma: affitti (spesso) a prezzi stracciati, per alloggi concessi senza troppi controlli. È questa l’Affittopoli 2011 di Milano. Di qui la richiesta avanzata da settimane dalla commissione Casa e Demanio di rendere noti gli elenchi. Il presidente Trabucchi e gli altri sei membri del consiglio di amministrazione (4 nominati dal Comune e 3 dalla Regione) hanno resistito il più possibile. Tra riunioni in Comune andate a vuoto (anche causa assenza per ferie di Trabucchi) e appelli al Garante della privacy (per il quale non ci sono ostacoli alla comunicazione dei nomi).
Ieri la svolta. Nella tarda serata la lista viene affidata al presidente del Consiglio comunale di Milano, Manfredi Palmeri (Futuro e Libertà). «Consegnerò l’elenco degli inquilini con i dati degli immobili del Pio Albergo Trivulzio alle 16 alla commissione Casa e Demanio – assicura Palmeri -. Lo faccio a garanzia della trasparenza, per correttezza procedurale e per rispetto nei confronti del Consiglio comunale».
Un epilogo inaspettato. La giornata di ieri della Baggina (come a Milano è soprannominato il Pat) inizia, infatti, con un consiglio di amministrazione fiume. E la prima decisione presa dal Cda, dopo ore di dibattito, si rivela in breve un passo falso. «Invieremo alla Commissione regionale di Controllo la lista, completa di nominativi, delle nostre unità abitative e commerciali – annuncia il Cda -. Ad oggi ci risulta essere l’unico soggetto legittimato a verificare la corretta amministrazione delle Aziende di servizi alla persona. È nostra intenzione, comunque, richiedere il parere a un illustre esperto amministrativista, al fine di individuare quali altri soggetti hanno diritto di controllo». Niente di fatto, invece. La Regione ribatte immediatamente che gli elenchi sono «irricevibili»: «Le verifiche sulla conoscenza degli inquilini non sono di nostra competenza». Ma, con il Pd che minaccia di rivolgersi alla Procura e le indiscrezioni sugli abitanti illustri che si moltiplicano, l’elenco dei misteri non può più restare in cassaforte. Così alle otto di sera Trabucchi entra in Comune. Dove per oggi s’annunciano (altri) fuochi d’artificio.
Il Corriere della Sera 19.02.11
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«Pisapia non c’entra, il Pdl sì», di Giovanni Cocconi
Politici, attenti alle case. Il perché provate a chiederlo all’ex ministro Scajola. Gli italiani non perdonano: la casa si merita, non si regala. Se poi a darla in affitto è il Pio Albergo Trivulzio l’effetto è assicurato. Quasi vent’anni fa Mario Chiesa, l’allora presidente della Baggina (come i milanesi chiamano il Pat, un grande ospizio pubblico che vive delle donazioni di generazioni di benefattori), inaugurò la catena di arresti di Mani pulite dopo avere intascato una tangente sotto gli occhi degli investigatori. Uno scricchiolio che provocò una valanga.
Oggi il Pat è al centro di una nuova affittopoli per una gestione molto generosa e, fino a ieri, poco trasparente degli affitti di immobili di pregio al centro di Milano. Dopo gli anni del socialismo trionfante, il Pio Alberto Trivulzio è da anni nell’orbita centrodestra, prima Forza Italia, oggi Pdl. Lo si capisce anche dalle lista degli inquilini illustri degli immobili della Baggina scoperte in questi giorni. E invece per qualcuno affittopoli travolgerebbe una persona: il candidato del centrosinistra sotto la Madonnina, Giuliano Pisapia. Titolo di Libero di ieri: «Il candidato Pd di Milano cade su Affittopoli» (Pisapia non è del Pd, anzi lo ha battuto, ma pazienza). Titolo del Giornale, sempre di ieri: «Affitti facili, la compagna di Pisapia vive in una casa pubblica da 23 anni». Vero. Cinzia Sasso, giornalista di Repubblica e compagna di Pisapia, è in affitto in una casa del Pat da 22 anni, cioè da molto prima che conoscesse Pisapia. Quindi è escluso che l’affitto le sia stato concesso per quello. Capitolo chiuso.
E invece lo scandalo di affittopoli è ancora tutto aperto. Dopo un pressing di mesi perché i nomi fossero resi pubblici, nonostante la resistenza dei vertici del Pat (tutti del Pdl), l’elenco dei beneficiari degli immobili è stato formalmente consegnato nelle mani del presidente del consiglio comunale e ieri publicato. Più di mille nominativi riportati non in ordine alfabetico.
Dalle prime notizie i politici coinvolti, alla faccia del sindaco Moratti che ha cercato in extremis di intestarsi l’operazione trasparenza anticipando la Lega, sono tutti di centrodestra. Per esempio il co-fondatore del Pdl Luciano Buonocore, il nipote dell’ex presidente della repubblica Cossiga Piero Testoni, sempre Pdl, l’ex parlamentare di Forza Italia Giuseppe Rossetto e l’ex tesoriere del partito azzurro Domenico Lo Jucco, su su fino al potente presidente di Metroweb Guido Manca, consigliere comunale sempre del Pdl.
Quindi lo scandalo c’è, Pisapia non c’entra niente, mentre il centrodestra c’è dentro fino al collo, alla faccia di Libero e Giornale. Nel caso Scajola la presa di distanza del vicedirettore del quotidiano berlusconiano, Nicola Porro, fu decisiva nel convincere l’ex indifendibile ministro a dare le dimissioni. Vedremo se a Milano saranno inflessibili come a Roma.
da www.europaquotidiano.it