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Tutto il mondo si mobilita: «Tassare la speculazione», di Bianca Di Giovanni

Lo chiedono i sindacati di tutto il mondo, quelli dell’opulento occidente e quelli del Terzo mondo: che sia la finanza a pagare la crisi, con una (piccola) tassa sulle transazioni finanziarie. Si è celebrata ieri la giornata globale di mobilitazione in sostegno alla ftt (financial transation tax), che vede unite sigle sindacali e associazioni della società civile in una battaglia senza quartiere contro la speculazione e i maxi-bonus dei miliardari. L’obiettivo è di porre la proposta sul tavolo del G20 di marzo, per arrivare finalmente al varo definitivo in quello di novembre. «Se ne parla già da molto tempo, Francia, Germania e Consiglio europeo hanno già fatto ampie aperture: il governo italiano è l’unico che non ha ancora preso posizione», ha denunciato Danilo Barbi, segretario confederale della Cgil, presentando ieri l’iniziativa in Corso d’Italia. La leader Cgil, Susanna Camusso, ha scritto una lettera a Berlusconi e Tremonti invitando chiedendo che il governo sostenga la proposta nelle diverse sedi internazionali.

ZEROZEROCINQUE Contemporaneamente in Piazza Montecitorio le associazioni aderenti alla campagna ZeroZeroCinque (tra gli altri, le Acli, l’Arci, Banca etica, oltre ai Confederali) hanno organizzato un particolare tiro alla fune tra speculatori e società civile. Il luogo – la piazza davanti alla Camera dei deputati – non è casuale: quella speciale fune sta consumando diritti e servizi dei cittadini in favore di favolosi extraguadagni davanti a spettatori distratti e ammiccanti agli interessi dei più forti, cioè i politici. «Sono due i motivi che sorreggono le ragioni di questa tassa – continua Barbi – Recuperare risorse pubbliche da un settore sottotassato, ma che è la vera malattia economica del mondo. Oltre a un effetto dissuasivo nell’area della speculazione ». Il prelievo, non è sulla rendita, ma sulla transazione, cioè sui movimenti, le comparvendite. È chiaro che chi punta a investimenti di medio- lungo periodo (come ad esempio fondi pensione, o i piccoli risparmiatori) pagherebbe pochissimo, chi invece «gioca« su rialzi temporanei o «bolle» speculative, verrebbe colpito di più. La confederazione internazionale dei sindacati (che riunisce 301 organizzazioni di 151 Paesi) chiede che la tassa sia imposta su tutti i prodotti finanziari (azioni, obbligazioni, monete e derivati) sia sui mercati ufficiali che su quelli informali, con un’aliquota modulare di tre livelli: 0,5%, 0,05 e 0,005%. Il gettito stimato è gigantesco: 400 miliardi l’anno nel mondo, 4 miliardi in Italia. D’altronde le dimensioni della speculazione possono raggiungere livelli altissimi, assolutamente squilibrati rispetto all’economia reale. «Nel 2007 i valori nominali delle Borse erano pari a 73 volte il Pil mondiale – continua Barbi – Ancora oggi, dopo la crisi, ogni giorno quei valori raggiungono livelli 600 volte superiori a quelle delle merci scambiate nel mondo». I sindacati propongono che il50%dei proventi sia destinato ai Paesi d’origine degli scambi, il25%ai Paesi in via di sviluppo e il rimanente quarto a politiche ambientali. L’obiezione più frequente alla proposta riguarda una supposta fuga dei capitali altrove. «Obiezione infondata – conclude Barbi – In Gran Bretagna esiste un’imposizione solo sugli scambi azionari (che produce 5 miliardi annui di sterline) e i capitali sono rimasti. In realtà non si vogliono mai disturbare i miliardari. Concludo con una frase di Stiglitz: meglio tassare le cose cattive, come la speculazione, che le cose buone come il lavoro e la produzione

L’Unità 18.02.11