«Ho visto la solita manifestazione di parte, faziosa (…) Tutte le donne che hanno avuto modo di conoscermi sanno quale considerazione ho per loro, nelle mie aziende e nel governo ho sempre valorizzato le donne al massimo, sono convinto che abbiano una marcia in più». Berlusconi è sotto botta. Berlusconi è in stato confusionale. Ma Berlusconi non è un fesso. Quindi sa perfettamente cosa e quanto rischia. Dopo il voto nordista, dopo il voto legalitario, dopo il voto meridionale, dopo il voto cattolico, è la volta del voto delle donne del centrodestra. Il Pdl sta andando in pezzi, il suo blocco sociale si sta sgretolando. Anche nell’invincibile muraglia del voto femminile che a Berlusconi ha fatto da scudo per tanti anni s’è aperta una falla. Le grandi manifestazioni di piazza delle donne, checché facciano spallucce i caporali del Pdl, hanno fatto male. Nell’entourage di palazzo Grazioli sottovoce, lo ammettono e spiegano il perché: perché quelle mobilitazioni allargano una falla già aperta. Le parole del Berlusconi “valorizzatore delle donne”, materializzatosi ieri mattina al telefono con Maurizio Belpietro su Canale 5, mettono in luce l’ultima delle catastrofi che si sta abbattendo sul Cavaliere. Le donne hanno sempre rappresentato, nella composizione dell’elettorato berlusconiano, la colonna portante. Era così già in Forza Italia. Nel 2006 su cento elettori forzisti 59 erano donne, 41 uomini. Nell’armata del Predellino le donne hanno continuato a costituire la fanteria pesante: secondo uno studio Ipsos del 2009 il 42,6 per cento del totale dell’elettorato femminile votava per il Pdl a fronte di un 37 per cento di uomini. Dati analitici ormai travolti dalla caduta verticale del Pdl, precipitato in valori assoluti a quota 27,2 per cento. Nel voto al Pdl le donne, dicono all’Ipsos, oggi peserebbero il 30 per cento, il 33 per cento se si prende in esame la popolazione femminile anziana, il 36 per cento quella anziana con bassa scolarità. L’area del voto delle donne, già fortemente ridotta, adesso è a rischio collasso. I sondaggisti del Cavaliere vedono questo tradizionale, strategico pezzo del suo elettorato in fuga verso l’astensionismo. Un abbandono dalle conseguenze esiziali per Berlusconi. La controffensiva è fragile. Come dimostra l’operazione del berlusconiano Chi, servizio fotografico e intervista collettiva tutto compreso a undici donne del Pdl, ministre, sottosegretarie e deputate a dimostrazione di quanto il Cavaliere si sia speso per la causa delle donne. Ma è come tentare di chiudere una voragine con un tappo di sughero. La gestione mediatica dell’affaire Ruby da parte di Berlusconi è stata ed è un disastro, grottesco e tragico. Il processo di sfaldamento dell’elettorato femminile del Pdl è solo all’inizio. Al Cavaliere non resta che farsi tatuare come Angelina Jolie quel motto che ben racchiude l’epilogo della sua avventura: Quod me nutrit, me destruit. Ciò che mi nutre mi distrugge. Le donne.
da Europa Quotidiano 15.02.11
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“La pastella radical chic”, di Tiziana Ragni
«Un luogo abbastanza grande per contenere contemporaneamente mamma, papà e zia dovrà necessariamente contenere anche me». In attesa di familiarizzare con le leggi di Keplero mia nipote normalmente regola il funzionamento dell’universo, il suo, quasi unicamente con questa. E dunque domenica la novenne si trovava a piazza del Popolo a Roma. É chiaro che, rispetto ai timori di portare bambini in piazza, una volta che la creatura era stata esposta il giorno prima alla visione delle mutande di Ferrara e di Liguori nei tiggì, anche i genitori hanno valutato che un rischio peggiore era difficile farglielo correre in piazza.
Si comincia dunque dai fondamentali.
«Zia, che è una ma-ni-festa- zio-ne?». Lo scandisce perché è consapevole della portata dell’eveto, ci terrei a chiarirlo, non perché la zia sia sorda. «Una manifestazione è un posto nel quale si ritrovano tante persone che vogliono dire qualcosa ». «E noi che dobbiamo dire oggi?». «Noi oggi vogliamo dire che bisogna avere rispetto delle donne e del paese nel quale si vive». Resta in silenzio, agita un po’ il palloncino che ha rimediato a uno stand. Poi: «Ah.
Pensavo che almeno questo lo sapevamo già». Non tutti, tesoro, non tutti.
La zia indossa un cappellino abbillè rosa con una piuma sulla quale è riassunto il concetto: “Mo’ basta” che in effetti non passa proprio inosservato e quindi attira sguardi, amiche, pacche sulle spalle e foto. La cosa la diverte. La piazza è gremita e continua ad arrivare gente da ogni dove, comprese le amiche delegate della “rivoluzione della pastella” con le quali la medesima zia ha appuntamento.
Lei si guarda intorno un po’ spaesata e pure la zia, in verità, che una cosa del genere non pensava proprio. «Zia, ma queste sono tutte amiche tue?». Zia ne approfitta per giocarsi la parentesi lirica della giornata: «Beh, in qualche modo sì».
Un concetto che rielaborerà a lungo in silenzio per poi confidare a una vicina: «Mia zia è un tipo molto socievole ».
Inizia lo spettacolo. Di persone, di cartelli, di visi, di slogan, di musica.
Ma inizia anche a sanguinarle il naso. E in coincidenza con l’insostenibile lunghezza del poema epico per voce recitante, la giovane older è costretta ad abbandonare il campo per infortunio. Si capisce che le dispiace ma a quel punto è più spaventata che curiosa di capire come andrà a finire. Piange. Poi fa un ciao ciao con la manina libera mentre con l’altra regge i fazzoletti sul naso seguendo i genitori che cercano di farle largo tra la folla: la zia vede solo un paio di occhioni e capisce che è per quelli, soprattutto, che sta qua.
Perché tutto sommato la zia fin qui se l’è cavata. Ma il conto del disastro culturale di questi anni rischiano di pagarlo soprattutto lei e quelle della sua generazione.
Il resto è cronaca che conosciamo.
È però qui gradito citare, su tutti, l’intervento in stile “Wilma dammi gentilmente la clava” di suor Eugenia Bonetti, che da qui in poi per brevità chiameremo suor Towanda. È che la giovanotta, giusto in mattinata, aveva servito la sua prima messa con l’abito da chierichetta e, a vedere pure qualche suora sparsa in piazza, l’aveva trovato un elemento di ulteriore rassicurazione.
Spiace, invece, che non abbia trovato una sponda, anche silenziosa, sul fronte che più le sta a cuore: la scuola. Perché è proprio domenica che il ministro della pubblica istruzione ha aggiunto, a un elenco purtroppo già nutrito di imbarazzanti performance, il sigillo che la porrà nelle antologie, in quanto a lungimiranza e senso dell’opportunità, fra il divino Otelma e il sulfureo La Russa, parlando di riunione di «poche radical chic».
Parole che qualificano chi le pronuncia prima di riuscire a offendere le destinatarie già prima dell’intervento di suor Towanda. Ma che a quel punto deflagrano, calando sulla performance della ministra in quota cattolicesimo di lotta e di governo.
Insomma arriva l’ora di tornare a casa. E alla zia viene in mente in quel momento che, poco prima dell’abbandono, la giovane older le ha lasciato un’altra consegna. Dopo aver chiesto se ci sarebbe stata anche la musica alla fine ha chiosato: «Sì, zia, belle queste manifestazioni.
Noi, però, le chiamiamo feste».
Quello che però ancora non sa è che oggi c’è un’altra parola che ha incontrato sul campo. Sta dentro all’sms che manda dopo qualche ora: «Cara zia, io sto meglio. Va bene se ci rivediamo un’altra volta con meno gente? Però salutamele tutte, le tue amiche. Ah e lo sai che poi quando sono dovuta andare via due carabinieri mi hanno fatta sedere sul seggiolino della camionetta e mi hanno offerto un ovetto Kinder? E sono stati tanto gentili con me. E tante persone che passavano mi hanno incoraggiata e consolata.
Mi è piaciuto, anche così».
Ecco, tesoro, non solo sei stata a una festa e hai mangiato l’ovetto: hai pure dato un assaggio alla solidarietà. Ricordatelo. E a buon rendere.
da Europa Quotidiano 15.02.11