attualità, politica italiana

"La tragedia degli immigrati e il fallimento della politica", di Adriano Prosperi

Un barcone sovraccarico di profughi dalla Tunisia è affondato nel porto di Gabes. Un ragazzo è morto affogato: un altro corpo senza nome ingoiato dal cimitero marino. In quel cimitero marino dove sono finite le vittime di una intera stagione politica: quella che ha visto la collaborazione italiana con Gheddafi e l´imbarbarimento del nostro costume civile. Oggi i tirannelli della costa africana del Mediterraneo crollano come birilli davanti ad un immenso sommovimento di masse umane. Gli effetti sono appena cominciati e già si annunciano di portata mondiale. Ma intanto è il nostro Paese che deve registrare i primi effetti del terremoto. E anche se il nuovo panorama è ancora nebbioso un fatto è certo: quella che sta cambiando è la geografia politica su cui ha galleggiato finora il governo italiano. Di questo bisogna tener conto per cogliere il significato dell´appello rivolto al paese e alle forze politiche dal ministro dell´Interno, il leghista Roberto Maroni.
Ci sono, dietro quell´appello, ragioni concrete che non si possono ignorare. È ricominciata la mai finita tragedia dei barconi. Migliaia di esseri umani con le loro tante storie si affollano in questi giorni sulla strada che porta al centro di accoglienza di Lampedusa. Altre migliaia arriveranno. «Un esodo biblico come mai se ne sono visti»: ecco che cosa sta arrivando dalle coste del Maghreb secondo il ministro Maroni. L´emergenza era prevedibile. E governare significa anche prevedere: non il futuro scritto negli astri, ma quello delle emergenze in atto nel mondo che ci circonda. Se vedi il fuoco a casa del vicino prepara l´acqua in casa tua, diceva un proverbio. Ora, è ormai da tempo che il fuoco divampa a casa dei nostri vicini sull´altra costa del Mediterraneo. E non ci voleva un indovino per immaginare che a Lampedusa sarebbero arrivate ondate di profughi.
Ma quella che oggi è entrata in crisi è la politica del nostro governo. Da questa constatazione bisogna partire per cogliere il significato dell´appello del ministro. Di quella politica resta un paesaggio cosparso di macerie civili e di vittime umane: tante vittime, dai morti delle traversate ai rimpatri indiscriminati di un gioco dell´oca con tappa finale nelle carceri libiche; e per i clandestini che ce l´hanno fatta, una vita alla mercè di sfruttatori e di mercanti di carne umana. Ma se alziamo lo sguardo dalla politica interna quello che vediamo in un solo colpo d´occhio è la somma di un allentarsi dei legami europei e di un abbraccio con Gheddafi, promosso a guardia delle nostre coste e per questo pagato e armato da noi.
Oggi un governo tutto assorbito dalla difesa del suo presidente del Consiglio e dal controllo dei teatrini mediatici si sveglia dal sonno della non-politica. È in affanno, in mezzo a una crisi istituzionale senza precedenti, privo di una prospettiva di durata che guardi al di là del mattino seguente, legato alle sorti del prossimo processo per reati comuni del suddetto presidente. Un altro ministro leghista, noto per aver definito «porcellum» la legge elettorale che ha gonfiato di seggi parlamentari la sua maggioranza, oggi ha descritto il quadro come lo sgretolarsi della torre di Babele. È in questa situazione che il ministro Maroni chiede soccorso a destra e a sinistra. Il suo non sembra un appello agli impulsi del volontariato solidale, che pure è un tasto sempre funzionante da noi, nella migliore tradizione di un paese che sa di non poter fare conto sulle sue istituzioni. Sembra piuttosto un invito all´unità delle forze politiche. Ora, non è mai troppo tardi perché i picconatori della festa dell´unità nazionale, i fanatici del sacro egoismo fiscale, i governatori arroccati tra il Po e le Alpi, si rendano conto che esiste un paese Italia. Oggi il ministro del decreto sicurezza, già responsabile di toni specialmente duri nella guerra ai rom dichiarata dal nuovo razzismo italiano, chiede l´apertura di una fase nuova nella politica generale del paese. Se la sua è una richiesta seria, dovrà essere presa seriamente in esame: e per esserlo bisognerà che sia integrata con qualche dettaglio ulteriore. Per esempio, dica Maroni come e con chi secondo lui un ipotetico governo di unità nazionale dovrebbe far fronte alle tante emergenze italiane.

La Repubblica 14.02.11

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Lampedusa, prima notte al Cie L’emergenza sbarchi non si ferma

Nel centro riaperto ieri mancano persino i letti
In arrivo altri barconi. Prima notte al Centro d’accoglienza di Lampedusa per gli oltre duemila immigrati clandestini ospiti da ieri nella struttura riaperta per ordine del ministro Maroni su disposizione del Commisssario straordinario per l’emergenza immigrati Giuseppe Caruso, che oggi potrebbe arrivare a Lampedusa per un vertice con le forze dell’ordine.

Fino a ieri sera sono stati circa 1.400 gli extracomunitari accompagnati al Centro d’accoglienza, che ne può ospitare solo 850, ma nella notte se ne sono aggiunti altre centinaia. La situazione è drammatica anche perchè molti dei clandestini hanno dormito a terra per la mancanza di posti letto.

Sono intanto ancora in viaggio verso Lampedusa due imbarcazioni cariche di immigrati nordafricani avvistate ieri sera nel Canale di Sicilia. Nonostante i continui voli aerei per altre città, a Lampedusa al momento ci sono circa quattromila immigrati, ed altri sbarchi sono previsti nelle prossime ore. Questa mattina all’alba, a Pantelleria, i carabinieri hanno intercettato cinque immigrati sbarcati poco prima sull’isola. Oggi riprenderà il ponte aereo per trasferire i migranti in altre località e in altri centri d’accoglienza della penisola.

La Stampa 14.02.11