Ecco la risposta Pd alla propaganda berlusconiana: 35 proposte subito in rete, per discuterle con gli italiani. Non per modificare l’art.41 ma per aiutare i consumatori e le imprese, abbassare i prezzi, sbloccare gli investimenti, creare lavoro.
Quarantuno norme ad effetto immediato e nessun altro show di propaganda. Questa è la risposta del Pd alla nuova mossa di Berlusconi che vuole modificare tre articoli della Costituzione per dare “una scossa per l’economia”. Per Bersani “qui non c’è nessuna scossa e nemmeno il solletico. Siamo davanti ad un insieme di norme astratte, calendari, rinvii a nuove norme. Insomma niente di concreto”.
L’azione del Pd è la prima risposta alla nuova campagna mediatica con cui, questa mattina, il Consiglio dei ministri ha dato via libera al disegno di legge costituzionale recante modifiche agli articoli 41, 97 e 118, comma quarto, della Carta sulla libertà di impresa e ha approvato il decreto sugli incentivi.
Il governo pensa di risollevare l’economia con incentivi pari all’1,5 del Pil. “Se arrivano all’1,5% prendo il saio – ha continuato il leader del Pd – e vado ad Arcore a piedi. Con le manovre proposte non smuovono neanche l’0,15% del Pil”. C’è un profondo senso di amarezza perché mentre il governo fa propaganda, la situazione per il Paese si fa critica nella stagnazione economica, nei problemi di occupazione e nelle difficoltà del sistema impresa.
“La modifica dell’Articolo 41 della Costituzione è solo una misura di distrazione. Un po’ come buttare la palla in corner. Questo articolo non ha mai impedito misure di semplificazione, di liberalizzazione o manovre di controllo ex post. Molto meglio realizzare 41 norme ad effetto immediato. Oggi ne proponiamo 35 e chiediamo a chiunque abbia un’idea di interloquire con noi in rete per una mega lenzuolata di 41 norme in una sfida reciproca”.
“Gli incentivi? Sono norme ornamentali ovvero concetto che non provocano nulla e non aggiungono nulla alla legge Bassanini o alle liberalizzazioni introdotte dalla legge Bersani. Anche qui nessun rilievo pratico così come gli incentivi per il Sud: un calendario, un timing”.
“Quella di Berlusconi è solo un’operazione di distrazione fallita dove resta inevaso il tema delle politiche economiche. Senza processi di crescita si rinvia il problema della stabilità. Ha protratto propaganda oltre un segno minimo di credibilità”.
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Ecco le proposte del Pd
L’Italia ha bisogno di una nuova stagione di liberalizzazioni, intesa in senso ampio e molteplice. Ciò vuol dire: aprire alla concorrenza mercati chiusi o in regime di monopolio; dare più potere e libertà ai consumatori nei mercati caratterizzati dalla presenza di forti operatori; ridurre le barriere di accesso a categorie economiche e professioni; dotarsi di Autorità di regolazione realmente indipendenti dal potere politico, sia nei settori dove già operano, sia in quelli in cui si è sprovvisti; rivedere la regolamentazione di alcuni settori di grande impatto sociale, in cui la liberalizzazione ha funzionato poco e male, prevedendo anche forme di intervento pubblico al fine di assicurare la fruibilità dei servizi ai cittadini a costi accessibili.
GLI OBIETTIVI
– SERVIZI E PROFESSIONI PIÙ CONCORRENZIALI
– PIÙ TUTELE E MENO COSTI PER I CONSUMATORI
– MIGLIORI OPPORTUNITÀ PER I GIOVANI
– IMPRESA PIÙ LIBERA
– INVESTIMENTI E OCCUPAZIONE DA SBLOCCARE
AMBITI DI INTERVENTO E PROPOSTE
Professioni
Portare a compimento la riforma organica del sistema delle professioni dopo quindici anni di sterile dibattito parlamentare.
Proposte:
1. Modernizzare il ruolo e l’assetto degli Ordini professionali
La modernizzazione è necessaria per qualificare l’esercizio delle professioni, assicurare gli obblighi di corretta e trasparente informazione agli utenti, la concorrenza e la credibilità della professione nonché per tutelare l’interesse pubblico risolvendo situazioni di conflitto. Non meno importante è ridurre in maniera incisiva i costi, a carico degli iscritti, per il funzionamento degli organi e delle strutture amministrative degli Ordini.
2. Garantire pari opportunità alle giovani generazioni
Accorciare la distanza tra le fasi di studio e accesso all’esercizio effettivo della professione, eliminare qualunque requisito di età o anzianità di esercizio nell’accesso alle cariche elettive degli organi nazionali e territoriali degli Ordini e infine prevedere sostegni e borse di studio per giovani professionisti in situazioni di disagio economico.
3. Riformare il tirocinio, prevedendo una durata limitata ed un equo compenso
4. Equiparare le professioni intellettuali al settore dei servizi
L’equiparazione è necessaria ai fini del riconoscimento delle misure (comunitarie e nazionali) di sostegno economico per lo sviluppo dell’occupazione e degli investimenti, con particolare riferimento ai giovani.
5. Riconoscere le professioni non regolamentate
Vanno regolate le libere associazioni costituite su base volontaria e senza diritto di esclusiva tra professionisti (sono circa 3 milioni) che svolgono attività non regolamentate in Ordini, attribuendo ad esse anche compiti di qualificazione professionale.
(Su tutte queste proposte il PD ha già presentato ddl in Parlamento)
Farmaci
Ampliare il processo di liberalizzazione avviato nel 2006 (che ha aperto alla concorrenza la vendita dei medicinali da banco, cioè quelli che non hanno bisogno di prescrizione medica), dando ora la facoltà alle parafarmacie e ai corner della grande distribuzione (in tutto 3.300 punti di vendita che occupano circa 6.000 farmacisti) di vendere anche i farmaci di fascia C (un segmento che vale circa 3 miliardi di euro in termini di fatturato) e quindi così tutti i medicinali non dispensati dal Servizio Sanitario Nazionale.
Altre misure dovrebbero essere poi definite per migliorare l’efficienza e la concorrenzialità in tutta la filiera del farmaco (dall’industria fino al consumo, passando per la distribuzione intermedia) allo scopo di abbassare i costi e rendere più accessibile il servizio distributivo ai cittadini, dando ai titolari di esercizio la facoltà di tenere aperto oltre l’orario stabilito dai regolamenti.
Proposte:
1. Liberalizzazione della vendita di tutti i medicinali a carico dei cittadini
(Ddl già depositato a Camera e Senato)
2. Facoltà alle farmacie di stabilire un orario di apertura superiore al minimo
(Testo in corso di elaborazione)
Carburanti ed energia
Creare condizioni di mercato maggiormente concorrenziali in tutta la filiera petrolifera che è oggi dominata da un oligopolio costituito da 8 società integrate verticalmente (cioè che contestualmente producono, commercializzano all’ingrosso e vendono al dettaglio) e che determina un extra prezzo di alcuni centesimi di euro per ogni litro di carburante a carico dei nostri automobilisti rispetto al panorama europeo.
Mancano nel nostro Paese sia forti operatori commerciali puri in grado di contrattare liberamente con i produttori sul piano nazionale e internazionale le migliori condizioni di acquisto dei carburanti, sia un numero sufficiente di rivenditori al dettaglio (cioè di stazioni di rifornimento) autonomi rispetto ai produttori e indipendenti sul piano dell’offerta commerciale e quindi dei prezzi di vendita. In virtù di una maggiore pressione concorrenziale, con una diminuzione prevista dei prezzi di vendita di 4 centesimi al litro si potrebbe assicurare alla collettività un risparmio complessivo stimabile in circa 2 miliardi di euro nel triennio.
È possibile creare maggiore concorrenza nel mercato e far diminuire il peso della bolletta del gas procedendo immediatamente alla separazione dell’operatore della rete di trasporto del gas naturale e degli stoccaggi dall’operatore dominante (Eni).
Si può stimare, sulla base di quanto avvenuto anche nel mercato elettrico, che l’impatto a regime della separazione proprietaria potrebbe consentire all’Italia di recuperare il differenziale con la media UE relativamente al prezzo all’ingrosso del gas, con un risparmio pari circa 4 miliardi di euro.
Inoltre, tale separazione potrà determinare un potenziamento degli investimenti in trasporto e soprattutto in stoccaggio volto a garantire un dimensionamento delle infrastrutture stesse indispensabile sia in termini di sicurezza che di competitività e concorrenzialità del sistema del gas nel nostro Paese.
La questione della separazione proprietaria della rete è stata sollecitata più volte dall’Autorità per l’Energia e il Gas.
Proposte:
1. Libertà di approvvigionamento dei gestori della rete dei carburanti
Concedere ai distributori legati da vincoli di esclusiva alle compagnie petrolifere (che gestiscono direttamente o indirettamente la gran parte dei 22.450 punti di vendita al dettaglio) la facoltà di approvvigionarsi di carburanti presso altri fornitori: l’acquisto in esclusiva non potrà superare il 50% e il singolo esercente al dettaglio potrà acquistare la restante parte da altri rifornitori ai migliori prezzi presenti sul libero mercato.
2. Acquirente unico per il commercio all’ingrosso dei carburanti
Assegnare in via straordinaria e temporanea alla società pubblica “Acquirente unico” (che attualmente svolge funzioni analoghe nel mercato dell’energia elettrica) il compito di esercitare anche attività di commercio all’ingrosso dei carburanti, in modo da rifornire migliaia di punti di vendita al dettaglio a prezzi competitivi e così contribuire al contenimento dei prezzi al consumo, superando le attuali strozzature del mercato.
3. Eliminazione dei vincoli regionali sulla liberalizzazione della distribuzione dei carburanti
Intervenire, rimuovendo vincoli normativi e amministrativi a livello regionale e locale e varando misure di accompagnamento, sia sulla distribuzione all’ingrosso che su quella al dettaglio, allo scopo di dotare il nostro Paese di un numero percentualmente adeguato di stazioni di rifornimento indipendenti e maggiormente dotate di pompe self-service, anche offrendo la possibilità ai gestori degli attuali impianti in comodato di diventare imprenditori autonomi.
4. Separazione proprietaria rete trasporto gas
La questione della separazione proprietaria della rete è stata sollecitata più volte dall’Autorità per l’Energia e il Gas. L’Eni infatti possiede tutt’ora il 50% della società proprietaria delle rete, Snam Rete Gas, la quale controlla dal febbraio 2009 il 100% di Stogit, società che gestisce il sistema dello stoccaggio in una sorta di monopolio tecnico.
(Testi già elaborati e presentati come emendamenti alla manovra di luglio )
Banche
Nel settore dei servizi bancari molto si può ancora fare per sviluppare la competizione concorrenziale, per migliorare la trasparenza dei prezzi e le condizioni e per contenere i costi per Pmi e consumatori che, secondo un recente studio della Commissione europea, pagano due volte e mezzo la media UE per un conto corrente.
Nel corso del 2010 si è poi registrato un peggioramento delle condizioni per la clientela italiana, con un aggravamento di tutte le voci di costo di gestione di un conto corrente (dalle singole operazioni fino al canone per bancomat e carta di credito, oltre a commissioni e oneri vari). E questo, in un mercato armonizzato e concorrenziale su base comunitaria, non è più giustificato nei diversi luoghi di negoziazione, né la complessità tecnica e l’innovazione tecnologica possono essere un pretesto per il sistema bancario per trascurare continuamente i principi di trasparenza e di rigorosa condotta nei confronti dei clienti.
Un indicatore per misurare la concorrenza nel settore è la mobilità dei clienti: nel nostro Paese la quota percentuale di coloro che cambiano conto corrente ogni anno è la metà rispetto ai principali paesi europei. Allora, sulla falsa riga delle norme sulla portabilità gratuità dei mutui varate nel 2007 (che andrebbero comunque rafforzate nonostante il fatto che da un po’di tempo le c.d. surroghe e le rinegoziazioni costituiscono oramai circa un quarto delle totale delle pratiche di mutuo immobiliare), occorre far nascere una analoga procedura obbligatoria per la rapida e non onerosa portabilità dei c/c, quale leva concorrenziale per far abbassare i costi per la clientela.
Parallelamente si dovrebbe stabilire per legge la nullità di tutte le clausole, indipendentemente dalla denominazione utilizzata dalle singole banche, che prevedono una commissione per l’affidamento temporale di fondi, cioè per l’utilizzo di somme oltre la disponibilità del conto corrente (scoperto transitorio), sostituendo la norma introdotta dal Governo Berlusconi che limita solo parzialmente l’uso delle cosiddette “commissioni di massimo scoperto” nei conti correnti. Infatti, come ha rilevato l’Antitrust, tale norma ha determinato un innalzamento dei costi a carico dei correntisti rispetto alle strutture di prezzo precedentemente in uso nella prassi bancaria.
La governance delle banche italiane è infine segnata, come sostenuto più volte dal presidente dell’Antitrust, da intensi intrecci azionari e personali tra imprese concorrenti che costituiscono una peculiarità nazionale che frena le spinte concorrenziali, riduce la contendibilità del controllo e attenua il rapporto tra capitale di rischio investito e responsabilità. Occorrere pertanto porre rimedio o freno a tale situazione.
Proposte:
1. Portabilità gratuita dei conti correnti
(Testo in corso di elaborazione)
2. Abolizione della clausola di massimo scoperto e di altre commissioni analoghe nei c/c bancari
Stabilire la nullità di tutte le clausole, comunque denominate, che prevedono una commissione per l’affidamento temporale di fondi, cioè per l’utilizzo di somme oltre la disponibilità del conto corrente (scoperto transitorio). Poiché l’Autorità ha invitato il legislatore a porvi rimedio, la norma proposta intende mettere uno stop definitivo a queste voci di costo dei conti correnti, che oltre ad essere particolarmente onerose per famiglie e piccole imprese, sono anche poco trasparenti. Si affida, inoltre, alla Banca d’Italia il controllo sul corretto rispetto delle nuove prescrizioni e il potere di stabilire i criteri e le modalità per la corretta informazione ai clienti delle condizioni economiche dei servizi offerti dalle banche. Lo stesso Governatore della Banca d’Italia, del resto, era intervenuto lo scorso febbraio chiedendo una nuova legge per semplificare e rendere più trasparente la struttura delle commissioni bancarie.
(Testo già presentato come emendamento alla manovra di luglio)
3. Divieto di ricoprire incarichi incrociati nei CdA delle banche
(Testi in corso di presentazione)
Autorità di Regolazione, Trasporti e Poste
Trasporti e infrastrutture sono due settori in cui la liberalizzazione dei vari segmenti dell’offerta commerciale e l’affacciarsi di nuovi operatori sul mercato procedono lentamente, secondo principi fissati dalle direttive comunitarie e in base alle decisioni governative. Qualunque intervento in questi ambiti richiede particolare attenzione al fine di conciliare i diritti di accesso dei nuovi operatori entranti con gli obblighi di universalità posti attualmente a carico dei soggetti ex monopolisti per la fornitura di servizi di interesse pubblico.
Per questo motivo, e allo scopo di assicurare una corretta e leale concorrenza tra gli operatori, regole, tempi, modalità e compiti di controllo non possono essere decisi e svolti da istituzioni governative (che oggi sono costituiti dai rispettivi Ministeri di competenza; per i servizi postali il Governo, in uno schema di decreto legislativo attualmente all’esame, intende attribuire la vigilanza a un’Agenzia sempre di emanazione ministeriale), bensì da Autorità realmente indipendenti dalla politica e dal Governo.
Per impedire il passaggio delle stesse persone da un’autorità all’altra, pratica che rischia di minarne l’indipendenza ed autonomia di giudizio e di non garantire la necessaria acquisizione di competenze va stabilito il divieto di assumere un nuovo incarico in altra Autorità, prima di un certo lasso di tempo, da parte di chi è stato componente di un’Autorità indipendente.
Va poi riformato il meccanismo di adeguamento tariffario, per i pedaggi autostradali, ancorato all’andamento dell’inflazione legandolo maggiormente alla qualità del servizio offerto e degli investimenti effettuati.
È infine opportuno sopprimere il PRA (Pubblico registro automobilistico) poiché assolve alle stesse funzioni dell’Archivio nazionale degli autoveicoli che è un registro più completo e perché costituisce un inutile e dispendioso adempimento amministrativo per gli automobilisti.
Proposte:
1. Istituzione dell’Autorità dei trasporti
2. Regolazione del settore dei trasporti
3. Trasferimento delle funzioni di regolamentazione dei servizi postali all’AGCOM
(Su tutte queste proposte il PD ha già presentato ddl in Parlamento)
4. Divieto di ricoprire più incarichi nelle autorità indipendenti
5. Regolamentazione delle tariffe autostradali
6. Soppressione del pubblico registro automobilistico (PRA)
(Testi in corso di elaborazione)
Assicurazioni
L’abnorme incremento delle tariffe dal 1994 ad oggi, cioè da quando fu avviata (formalmente) la liberalizzazione dei prezzi, in attuazione di norme comunitarie, e il contesto di difficoltà nel quale si muovono i clienti, con scarse e contrastanti informazioni, sono oramai sintomi accertati che dimostrano come in Italia il mercato della rc-auto non sia affatto concorrenziale.
Si tratta di un mercato asfittico che, in queste condizioni, non può funzionare come qualsiasi mercato libero di beni o servizi. La domanda è certa e statica in quanto scaturisce dall’obbligatorietà per gli automobilisti di assicurarsi. I clienti che ogni anno cambiano compagnia assicurativa rappresentano una bassissima percentuale, anche a causa delle clausole di tacito rinnovo delle polizze che quindi devono essere vietate.
Le imprese di assicurazione, che sono tenute obbligatoriamente a fornire il servizio, possono di anno in anno modificare unilateralmente le condizioni tariffarie oppure, come sta accadendo in modo diffuso e con gravi ripercussioni di ordine sociale in diverse aree del Sud, possono procedere alla disdetta del contratto con i propri clienti. Il comparto della rc-auto non deve essere trattato come un mercato in cui sono solo i contraenti più deboli a rischiare, pagando (praticamente a pie’ di lista) i costi globali del sistema.
La costituzione di gruppi di acquisto tra automobilisti a livello territoriale va promossa da parte dello Stato, per consentire agli stessi di trattare le condizioni avendo più potere contrattuale con le imprese di assicurazione.
Il sistema del bonus-malus si è rivelato un fallimento per gli assicurati: la stragrande maggioranza di essi oggi si concentra nelle prime tre classi di merito e questo non ha portato, come avrebbe dovuto essere secondo i principi originari del sistema, ad una progressiva diminuzione del premio da pagare in rapporto alla condizione di minor rischio per le imprese assicurative.
In tutti questi anni, le polizze bonus-malus alla fine hanno quindi penalizzato soprattutto gli automobilisti virtuosi (per loro è sempre malus-malus), oltre a discriminare, oltre misura ed in modo generalizzato, i giovani e gli automobilisti delle regioni meridionali che si trovano di fronte ad offerte di prezzo insostenibili.
Alla luce di tutto ciò appare necessario ripensare profondamente il meccanismo della rc-auto che non può non essere considerato alla stregua di un servizio di pubblica utilità e pertanto andrebbe ipotizzato un vigoroso intervento pubblico di regolamentazione, se si ritiene prevalente la finalità di far conciliare il principio di mutualità, posto alla base dell’obbligo di assicurazione, con l’interesse pubblico a garantire ai cittadini l’esercizio di un fruibile ed universale servizio di tutela.
Contestualmente all’esigenza, non più procrastinabile, di procedere ad una riforma della rc-auto, occorrerebbe infine intervenire, anche con misure collaterali, quali quelle per il contrasto alle frodi assicurative, accelerando la nascita dell’apposito Ufficio centrale antifrode, e alla lievitazione anomala del costo dei sinistri, secondo quando segnalato da Isvap.
Proposte:
1. Abrogazione del tacito rinnovo del contratto RC auto
2. Divieto di modifiche unilaterali del contratto RC auto
3. Promozione dei gruppi di acquisto solidali polizze RC auto
4. Revisione del meccanismo del bonus malus
(Testi in corso di elaborazione)
5. Istituzione dell’Ufficio centrale antifrode
(In corso di approvazione alla Camera)
Commercio
Il commercio al dettaglio è stato il primo grande settore privato (circa 800.000 imprese coinvolte) che è stato oggetto di un incisivo intervento di liberalizzazione e sburocratizzazione: nel lontano 1998 (riforma Bersani), furono eliminati i vincoli numerici, i requisiti di abilitazione e le licenze per l’apertura dei negozi e successivamente furono trasferite alle Regioni le competenze legislative.
Oggi la regolazione del settore è diventata più complessa: per alcuni versi, occorre disporre, in un mercato globalizzato, di poche e uniformi, sul piano territoriale, regole concorrenziali; per altro verso è indispensabile avere una connotazione locale e integrata dei fattori di sviluppo delle imprese e dei luoghi del commercio, come strumenti di servizio ad alto valore aggiunto per le comunità di riferimento.
Il PD ribadisce l’ esigenza di un rinnovato governo del sistema perché il commercio è elemento genetico e qualificante della stessa costituzione urbana, gli assetti commerciali hanno un impatto generale, non solo imprenditoriale; governo del sistema non per limitare la concorrenza ma per favorire una evoluzione sostanziale non traumatica dei vari ambiti del commercio che tenga conto anche delle funzioni territoriali, sociali e ambientali
Alle attività classiche di vendita di beni ai consumatori, si vanno progressivamente aggiungendo altre tipologie di servizi: si tende, in alcune componenti, ad internalizzare funzioni tipiche della produzione; si svolgono funzioni connesse con il valore d’uso dei prodotti (specie per il risparmio di tempo), con i bisogni informativi ed educativi, con il bisogno di svago, divertimento e socialità.
Occorrono quindi politiche mirate alla promozione di una maggiore integrazione tra attività commerciale e servizi rivolti alla persona e alla famiglia incoraggiando una maggiore creazione di valore a favore del consumatore e a tutto vantaggio anche dell’impresa commerciale.
In questo senso occorre rimuovere i restanti vincoli che ancora oggi impediscono l’innovazione dell’impresa commerciale, e più in particolare la libertà di abbinare la vendita di beni alla fornitura di servizi ai consumatori.
Per quanto riguarda l’apertura domenicale, appare oggi anacronistica e discriminatoria (per la discrasia nei criteri utilizzati dalle Regioni) la distinzione tra comuni turistici e non turistici per quanto riguarda il potere di fissare il calendario delle aperture domenicali degli esercizi commerciali: a tutti i comuni dovrebbe essere quindi essere attribuita la competenza a stabilire in quali giorni dell’anno concedere agli operatori la facoltà di aprire la domenica, nel rispetto delle deroghe e dei limiti stabiliti dalle leggi regionali.
Oltre a rispondere ad esigenze di carattere “sociale” il commercio dei piccoli negozi può contribuire a mantenere “alto” il livello qualitativo delle aree in cui è insediato. La rarefazione delle attività tradizionali nei centri storici (anche a causa delle rendite immobiliari che nei centri storici sono molto alte) e il determinarsi di una selettività solo di determinati operatori può produrre come risultato che i centri storici divengano pressoché uguali perdendo quelle caratteristiche che li identificavano da un punto di vista sociale e culturale.
Bisognerebbe perciò incentivare l’apertura di piccoli esercizi di prossimità nei centri più svantaggiati, prevedendo un alleggerimento fiscale per i “negozi alimentari” di vicinato nei centri urbani di piccole dimensioni e nelle frazioni
Proposte:
1. Estensione a tutte le attività commerciali di fornire liberamente ai consumatori anche servizi integrati con la propria attività economica principale
2. Facoltà apertura domenicale dei negozi nei Comuni non turistici
3. Sostegno fiscale, per i primi anni di attività, agli esercizi di prossimità nei centri minori
(Testi in corso di elaborazione)
Semplificazioni per le imprese
L’obiettivo è semplificare e accelerare le procedure di avvio delle attività sia nella fase progettuale che nella fase di ultimazione dei lavori e messa in funzione operativa degli impianti.
Proposte:
1. Consentire l’avvio immediato di stabilimenti produttivi con autocertificazione e controlli ex-post
Va consentito all’imprenditore, tramite la semplice autocertificazione sulla base della sussistenza dei requisiti attestati da un professionista, di ottenere immediatamente dal Comune una ricevuta che abilita all’avvio dell’attività ovvero dei lavori di realizzazione dell’impianto. Al Comune spetta poi l’onere di provare la sussistenza dei requisiti con attività di verifica e controlli.
Se gli interventi previsti sono in contrasto con gli strumenti urbanistici, l’imprenditore può richiedere l’immediata convocazione della Conferenza dei servizi.
La messa in funzione operativa dell’impianto, a conclusione dei lavori, è consentita immediatamente sulla base di una semplice comunicazione al Comune corredata da una dichiarazione del direttore dei lavori. Comuni e altre amministrazioni sono tenuti a svolgere a posteriori verifiche e controlli e possono interrompere il procedimento in sede di autotutela una sola volta.
2. Dare piena autonomia alle imprese
Le imprese devono poter scegliere le modalità di esercizio e i tempi di svolgimento delle attività economiche con libertà di stabilire gli orari di attività, salvi gli eventuali limiti minimi a tutela dell’accesso dei consumatori e gli eventuali limiti giustificati da specifiche ragioni di pubblica quiete.
3. Facilitare l’accesso a nuove attività economiche
Va data piena attuazione alla “direttiva europea servizi” rivedendo tutte le norme attuative del Governo Berlusconi (decreto legislativo n. 59 del 2010) che escludono l’efficacia della direttiva per particolari attività e che consentono di mantenere vecchie procedure autorizzatorie.
Tutela dei consumatori
Con l’arrivo del governo Berlusconi gli oppositori della legge sulla class action voluta dal Governo Prodi (faceva parte del pacchetto cittadino-consumatore del giugno 2006) hanno trovato facile ascolto: l’entrata in vigore – originariamente prevista per il 1 luglio 2008 – è stata rinviata di un anno e mezzo.
Nella nuova versione, entrata in vigore il 1 gennaio 2010, è stata completamente svuotata la potenzialità di questo strumento di tutela collettiva, destinato inizialmente a ridurre le asimmetrie nel mercato e a moralizzare i comportamenti e la pratiche commerciali nei confronti del cittadino-consumatore.
È evidente, anche dai primi pronunciamenti di inammissibilità, che questo strumento giudiziario di tipo risarcitorio non fa più paura alle grandi imprese di servizi che perpetuano nei confronti di migliaia di clienti, pratiche vessatorie il più delle volte del valore di poche decine di euro. Va quindi reso meno oneroso e rischioso, e quindi più agevole, l’accesso alla giustizia per i consumatori e le loro associazioni.
Proposte:
1. Semplificazione dell’accesso alla class action
Attualmente il consumatore deve farsi carico dell’azione giudiziaria di classe, sia come proponente sia come aderente al gruppo, e deve per questo rivolgersi a un avvocato oppure dare mandato all’avvocato dell’associazione proponente per depositare alla Cancelleria del Tribunale l’atto di adesione e la documentazione. Anche la scelta di assegnare la competenza a valutare l’ammissibilità delle class action solo ai tribunali dei capoluoghi di regione crea problemi di accesso. Alla fine ci si dovrà quasi sempre rivolgere ai già intasati tribunali di Roma e Milano
2. Estensione del campo di applicazione della class action
Il campo di applicazione della legge è stato limitato: per presentare una richiesta di risarcimento collettivo è necessario che i diritti dei componenti della classe da tutelare siano identici.
3. Eliminazione dei disincentivi a intraprendere azioni di tutela
Beffarda e disincentivante è la disposizione che prevede che qualora il proponente, anche il singolo individuo, presenti un’azione manifestamente infondata oppure non sia in grado di curare adeguatamente gli interessi della classe è tenuto a pagare sia le spese di pubblicità della decisione di inammissibilità operata dal giudice, sia gli eventuali danni per responsabilità aggravata, quali quelli di immagine, procurati all’impresa chiamata in giudizio.