Il segretario del PD smonta la persecuzione giudiziaria denunciata dal premier. E su lavoro e federalismo avvisa: “Possibili solo riforme condivise. Le norme sul lavoro non ci convincono, va cambiata la normativa ma in un altro modo: aggredendo la precarietà, garantendo un salario minimo a chi non è coperto da contratto, decentrando la contrattazione ma con un modello, creando meccanismi di partecipazione dei lavoratori”. È una questione di credibilità, innanzitutto: Pier Luigi Bersani, durante la conferenza stampa in cui ha presentato le nuove liberalizzazioni del Partito Democratico, è tornato a chiedere le dimissioni del premier: “Se Berlusconi fosse, non dico uno statista, ma qualcosa che assomiglia ad uno statista, troverebbe il modo di levare il paese e se stesso dall’imbarazzo. In Parlamento – ha ribadito il leader Pd – arrivano solo cose che sono chiacchiere mentre andiamo avanti a ragionare di processo breve”.
Sulla richiesta di giudizio immediato avanzata dai pm contro Silvio Berlusconi spiega che “la magistratura farà il suo lavoro ma non è solo questione di magistratura. Anche oggi ho ricevuto segnali disperati da imprenditori all’estero che si trovano in una condizione avvilente. Così non si può andare avanti, il Paese non è rappresentato in modo credibile”. Quanto all’annuncio del premier di fare causa allo Stato contro i pm milanesi Bersani aggiunge: “La credibilità non è un ammennicolo, è la materia prima di un governo ed è un punto che ha a che fare lateralmente con la magistratura. E comunque in 20 su 26 processi gliela l’hanno tirata talmente lunga che sono andati in prescrizione. Io non sono un magistrato ma esiste la direttissima”. Il leader del Pd rivolge poi un appello “a tutte le classi dirigenti del Paese perché ci si renda conto che è l’immagine del Paese che è distrutta. Siamo al punto di guardia. Berlusconi dovrebbe togliere l’Italia dall’imbarazzo e andarsene. Se sgombrasse il campo – afferma ancora Bersani – ciascuno delle forze politiche e sociali avrebbe la responsabilità, occupandosi dell’Italia e non di Arcore, di dare un contributo all’Italia”. Il Pd rilancia quindi la proposta alle opposizioni di “un patto ricostruttivo che vada oltre Berlusconi e non contro. Ribadisco perché io non valuto il lavoro dei magistrati ma penso alla credibilità del nostro Paese. Quanto poi alle riforme per la giustizia noi siamo i primi ad essere favorevoli a quelle che riguardano tutti i cittadini”.
Al di là del caso-Ruby, insomma, per Bersani servirebbe credibilità che è “la materia prima in politica e senza di questa non si può chiedere nulla, mentre oggi c’è da rimboccarsi le maniche davvero. Qui non c’è solo una questione di magistratura. Qui arrivano segnali disperati da imprenditori che lavorano all’estero in una condizione avvilente – ha messo in evidenza il segretario del Pd – serve un’assunzione di responsabilità collettiva”.
Ma federalismo e leggi ad personam sembrano andare a braccetto: “Berlusconi garantisce alla Lega il federalismo per avere il processo breve e per tirare un altro po’ a campare e la Lega a l’esigenza di sbandierare la sua bandierina. A questa strategia è stato ridotto il federalismo che in questo modo porterà ad esiti o irrilevanti o ingestibili”. Bersani torna così a chiedere al Carroccio di fermarsi sul federalismo. “Fermatevi, la forzatura è solo uno scambio che porterà ad un federalismo irrilevante o sbagliato perdendo una occasione storica mentre si potrebbe tornare a parlarne perché il Pd e la Lega, da condizioni diverse, sono le uniche forze in Italia veramente autonomiste”.
Poi tocca anche il tema della flessibilità: “Si è chiesta sempre a una parte sola, ai lavoratori. Poi si affida la riforma delle professioni agli ordini! Le norme sul lavoro non ci convincono, va cambiata la normativa ma in un altro modo: aggredendo la precarietà, garantendo un salario minimo a chi non è coperto da contratto, decentrando la contrattazione ma con un modello, creando meccanismi di partecipazione dei lavoratori. Per il governo Berlusconi invece la competitività del sistema si migliora solo intervenendo sul lavoro”. E spiega cosa gli è piaicuto meno dell’azione di governo: “Sta osteggiando in ogni modo l’unità del mondo del lavoro, pensando che così sia più governabile. Non è un errore ma un delitto”.
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