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I brutti voti del ministro Gelmini

Appunti in ordine sparso per ragionare sui disastri del governo Berlusconi: dai tagli indiscriminati a risorse e personale, alle scuole meno sicure di quelle albanesi, dal tempo pieno che non c’è al flop sulla valutazione degli insegnanti (a cura di F. Puglisi e G. Belfiori)
pubblicato il 3 febbraio 2011 , 86 letture

TAGLI PER FARE A FETTINE LA SCUOLA PUBBLICA
I tagli sono stati pesanti e indiscriminati, nulla è stato fatto per la “qualità del sistema scolastico”. Le risorse non sono state reinvestite per la formazione degli insegnanti, per la ricerca didattica o la dotazione tecnologica. Solo perdita di posti di lavoro, taglio drastico del tempo scuola, del tempo pieno, degli insegnanti di sostegno e di quelli tecnico pratici che facevano funzionare i laboratori, accorpamento e classi sovraffollate oltre ogni limite di legge.
Il Ministro dice che ha aumentato il tempo pieno del 2,5%, ma non è vero: ciò che mette nel suo conto è un tempo lungo a maestro prevalente (‘rottamazione’ dei team didattici), senza compresenze, utili per migliorare l’apprendimento, aiutare i bambini più deboli a non restare indietro e anche per superare quel modello di ‘didattica frontale’ inadeguato per la generazione dei “nativi digitali”.

L’articolo 64 della legge 133 prevede complessivamente il taglio di 132 mila posti di lavoro nel triennio.

I dati della ragioneria dello Stato di dicembre 2010 indicano che la scuola pubblica è stata la più penalizzata tra i settori della Pubblica amministrazione, con l’86% dei tagli complessivi dei dipendenti dello Stato.

SCUOLA DELL’INFANZIA NEL DIMENTICATOIO
Con la scusa che non è scuola dell’obbligo, la Gelmini se ne disinteressa e non concede insegnanti per l’apertura di nuove sezioni di scuola dell’infanzia in quelle regioni in cui la popolazione scolastica è in crescita. Risultato le liste d’attesa dei bambini nella scuola dell’infanzia crescono in modo esponenziale.
La Regione Toscana ha dovuto investire 4 milioni di euro per aprire le 96 sezioni di scuola dell’infanzia che il ministero non ha concesso, per non lasciare i bambini a casa. In Campania ci sono 15.000 bambini dai 3 ai 5 anni in attesa di un posto a scuola (poi ci chiediamo dove nascono i divari nell’apprendimento degli studenti!).
I problemi maggiori sono, ovviamente, per le donne che lavorano. Ma l’idea della Gelmini è in linea perfetta con quella che Berlusconi ha della condizione femminile: le donne o sono miti massaie da chiudere in casa o sono esuberanti ragazzine con cui ballare il bunga bunga.

precari_stanca.jpgPRECARI E GIOVANI NEOLAUREATI
Un giovane che si laurea oggi sa che non potrà mai fare l’insegnante. Un precario che lavora da 20 anni nella scuola pubblica sa che non sarà mai assunto. Questa è la situazione determinata dalla politica dell’asse Gelmini-Tremonti.
Il governo Prodi previde nella Finanziaria 2007 l’assunzione di 150 mila insegnanti. Il governo Berlusconi ha bloccato le assunzioni e avviato la politica dei tagli.
La scuola non reggerà l’urto della terza tranche di tagli di personale che l’attende nell’anno scolastico 2011-2012. Si tratta di altri 20 mila docenti e 14 mila collaboratori senza il contributo dei quali non sarà possibile rispondere alle domande di tempo pieno, garantire il sostegno agli studenti con disabilità o il funzionamento dei laboratori.

Eppure i soldi ci sono. Per questo il PD chiede al ministro Gelmini, al governo e alla maggioranza un atto di responsabilità, votando gli emendamenti presentati dai senatori del Partito Democratico al decreto “Milleproroghe”, che bloccano i tagli e al tempo stesso stabilizzano i precari che ricoprono i posti vacanti, inclusi i docenti di sostegno.
Non ci sono spese in più, poiché lo Stato già ora paga, a coloro che hanno contratti annuali, la disoccupazione e le ferie non godute. Assumerli comporterebbe nessuna spesa aggiuntiva, ma innumerevoli vantaggi, non solo in termini di bilancio, ma di continuità didattica e quindi di qualità complessiva del sistema pubblico di istruzione.

FLOP DELLA VALUTAZIONE
L’ennesimo scivolone del ministro è avvenuto sulla valutazione degli insegnanti, uno strumento indispensabile per valorizzare i punti di forza e per rimediare a quelli di debolezza. La proposta dal ministro è stata bocciata dalle scuole italiane: in pratica, non si trovano scuole disposte ad aderire alla sperimentazione e ora pare che il ministro voglia ricorrere a un decreto legge per imporre ciò che non è le è riuscito di far passare col convincimento, e cioè un modello di valutazione confuso, dove si premiano gli insegnanti in base alla ‘reputazione’(chi sarà il valutatore, Lele Mora?) senza alcun confronto col mondo della scuola, con le parti sociali, con tutte le forze politiche.
Manca per aderire spontaneamente alla sperimentazione proposta dal Ministero, quella costruzione di un rapporto di fiducia con il mondo della scuola. Come fidarsi di un Governo che ha sempre e solo definito gli insegnanti “fannulloni”?

SICUREZZA DEGLI EDIFICI SCOLASTICI
A ottobre 2010 l’Ordine dei Geologi denunciò come ben 28.000 scuole in Italia fossero da mettere in sicurezza. E non è una sorpresa, visto che l’Italia ha meno scuole a norma dell’Albania.
Ma i soldi ci sono? Sì, ma sono spariti. E’ emblematica la storia del piano avviato con la delibera CIPE del 6 marzo 2009 n. 3 che aveva assegnato, al “Fondo Infrastrutture” 1 miliardo di euro per la messa in sicurezza delle scuole. In base a tale delibera, entro il 6 agosto 2009 il governo avrebbe dovuto presentare il programma per la messa in sicurezza da un miliardo di euro. Di questo Piano fino a questo momento risultano impegnati:
226,4 milioni assegnati all’ Abruzzo
358, 4 assegnati al piano deliberato dal CIPE nel maggio 2010 con la delibera n.32 (tali fondi sono ancora in via di trasferimento dal Ministero dell’economia a quello delle Infrastrutture)
manca ogni notizia sui restanti 426 milioni di euro.

“CLASSI POLLAIO”
Nei giorni scorsi il Tar del Lazio ha accolto la class action del Codacons e ha bocciato le classi ‘pollaio’ da 35-40 alunni. Ha ordinato a Gelmini e Tremonti di approvare entro 120 giorni il Piano dell’edilizia scolastica. Infine, ha previsto la possibilità per le famiglie di chiedere un risarcimento di 2.500 euro in relazione “al danno esistenziale subìto”. Le “classi pollaio” sono soprattutto nelle scuole superiori. Il ministro ha dato la colpa alle scelte dei genitori che vogliono mandare i figli tutti negli stessi indirizzi di studio! I ragazzi vivono in condizioni indecenti e fuori ogni norma di sicurezza.

RAPPORTO ALUNNI/DOCENTI
La Gelmini gioca con i numeri e dice che abbiamo il più alto numero di insegnanti in Europa rispetto al numero di studenti: in Italia il rapporto è più alto perché i docenti di sostegno, indispensabili a seguire i bambini e ragazzi diversamente abili, sono conteggiati come dipendenti del Ministero dell’Istruzione, mentre in altri paesi europei il personale che segue tali alunni è a carico di altri ministeri o enti. Inoltre, nel resto d’Europa non esistono gli insegnanti di religione cattolica, che in Italia sono inclusi nel conto quando si vuol parlare di un numero troppo alto di docenti.

AUTONOMIA CANCELLATA DAL MINISTRO PIU’ CENTRALISTA DELLA STORIA
L’autonomia scolastica istituita da noi 10 anni fa dovrebbe essere il perno del sistema scolastico, ma di fronte al ministro più accentratore della storia, di fronte a un ministro che ha svuotato le casse scolastiche (non dà alle scuole neanche i soldi per la manutenzione o la carta igienica), e ha accentrato qualsiasi scelta a Roma. Di fronte a un ministro che sforna circolari e ordini a ritmo del Minculpop, è ovvio che di “autonomia” ne rimane ben poca. Non a caso Gelmini tiene chiusa nel cassetto la bozza di accordo sul Titolo V in tema di federalismo scolastico che prevede il passaggio di competenze e risorse degli Uffici Scolastici Regionali dal governo centrale alle regioni. Dare stabilità di risorse umane e finanziarie alle scuole autonome, significa fare un grande investimento nell’innovazione didattica. Unico modo per dimezzare il tasso di dispersione scolastica e alzare i livelli di apprendimento degli studenti.

meridione_d_italia.jpgDIVARI NORD-SUD
Il fenomeno dell’abbandono scolastico nel 2009 coinvolge ancora il 23 per cento dei giovani che vivono nel sud Italia e il 16,5 per cento dei coetanei del Centro-Nord. In Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna, almeno un giovane su quattro non porta a termine il proprio percorso scolastico dopo la licenza media. Secondo gli indicatori Ocse-Pisa 2006 gli studenti nati nel Nord Italia nascono con un vantaggio di ben 68 punti nelle competenze. Indipendentemente dalle proprie capacità e dalla propria volontà quindi, uno studente dell’Italia meridionale parte con uno svantaggio. Il Governo non investe un euro per colmare i divari.
Serve un piano straordinario per la formazione degli insegnanti, la qualificazione degli edifici scolastici, l’apertura di asili nido e scuole dell’infanzia, il tempo pieno.

(testo curato da Francesca Puglisi, Responsabile Scuola della segreteria nazionale PD, in collaborazione con Giovanni Belfiori, coordinatore Dipartimento Scuola PD)

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