"I guai del ministro", di Concetto Vecchio
Il crollo della Schola Armaturum di Pompei, sbriciolatasi lo scorso 6 novembre, è stato l’inizio del calvario per Sandro Bondi, ministro ai Beni culturali di un Paese che ha il maggior numero al mondo di siti Unesco (44), ma che destina alla cultura appena lo 0,18 per cento del bilancio dello Stato. Da quel giorno non ha più avuto pace: le immagini delle rovine hanno fatto il giro del globo; Napolitano ha parlato di “vergogna nazionale”; l’opposizione Pd-Idv ha presentato una mozione di sfiducia, che – è stato deciso oggi – sarà discussa a fine gennaio. Poi si sono fatte più alte le grida di dolore per i tagli del ministero: 2miliardi 851 milioni nel quinquennio 2008 – 2013, ha calcolato la segreteria nazionale Uil dei Beni Culturali. Scontenti tutti: attori; direttori di enti lirici, fondazioni culturali e biblioteche nazionali; sovrintendenti; fino alla protesta del maestro Daniel Barenboim, che prima di iniziare a dirigere la Valchiria alla prima della Scala (e Bondi, che forse sapeva dell’uscita, s’è dato assente), ha letto l’articolo 9 della Costituzione …