attualità, lavoro

"Non siamo il Paese del no flessibilità ma salvando diritti", di Ettore Livini

C´è Don Andrea Gallo che parla dal palco appena prima di Gad Lerner. C´è Cecilia Strada mandata da papà, chiamato d´urgenza in sala operatoria, a portare il saluto di Emergency. Ci sono i centri sociali e i Cobas della scuola, gli operai delle fabbriche bergamasche – «chi si fa pecora il lupo lo mangia», è il loro manifesto – e i lavoratori del tempio della lirica sotto lo striscione “La Scala s´inFiomma”.
La Fiom avrà pure perso il referendum di Mirafiori. Ma l´Italia che si muove «in direzione ostinata e contraria», come dice il prete genovese citando Fabrizio De Andrè, ha trovato una bandiera sotto cui schierarsi: quella del sindacato dei metalmeccanici Cgil, prima medicina in grado – parrebbe – di combattere la “scissionite”cronica della sinistra radicale italiana.
Piazza del Duomo a Milano è stata ieri la dimostrazione lampante del miracolo di Sergio Marchionne. «Compagni e compagne», tuona dal palco Piera della rete San Precario. «Fratelli e sorelle», arringa Don Gallo prima di intonare Bella Ciao. «Cari amici», dice Gad Lerner (applaudito) scusandosi in anticipo del suo status di privilegiato. C´è spazio e microfono per tutti. La linea dura del manager in pullover ha ricompattato sotto un palco – mission quasi impossible – una galassia eterogenea e articolata abituata da anni a muoversi in ordine sparso.
«Non siamo l´Italia che dice solo di no – dice Ivana Ceriani della Magneti Marelli di Corbetta –. Abbiamo firmato fior di accordi che garantivano flessibilità. E non è estremismo salvaguardare diritto alla sciopero, alla rappresentanza e alla salute». Cisl e Uil? C´è un ramoscello d´ulivo persino per loro. «In provincia di Brescia abbiamo firmato assieme decine di accordi», dice Andrea, arrivato da Desenzano con casco giallo in testa «e con l´asta del cartellone (ritrae Marchionne in orbace e fez, ndr) che mi usciva dal finestrino».
Mirafiori ha fatto da catalizzatore. Sventolano le bandiere di Sinistra e libertà e dell´Idv che hanno fiutato il fenomeno Landini. Vola qualche fischio per il rappresentante Cgil che non pronuncia la parola magica: «Sciopero generale». Dietro il palco, tra le felpe rosse Fiom (un must, più di quelle Fiat targate Lapo) passa una Mercedes nera con a bordo Cesare Romiti.
I nemici oggi sono altri: «Un pensiero al presidente operaio che lavora tanto, specie di notte», dice un delegato brianzolo. Applausi. «I manager guadagnano troppo, serve più giustizia sociale» grida Lerner. Applausi. «Diritti, lavoro, lotta alla precarietà. Da anni non vedevo tanta gente così diversa chiedere le stesse cose», dice Luisa De Angelis, dipendente Eutelia che rischia di rimanere senza lavoro. «Hasta la victoria siempre!», conclude Don Gallo. Ovazione. Mirafiori è alle spalle. Ma con l´effetto-Fiom – tra operai con foto di Marx, punkabbestia che abbracciano un prete ottantenne e liceali che dopo il corteo puntano ai panzerotti di Luini – dovranno fare i conti in molti

La Repubblica 29.01.11

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“Solo uniti oltre la crisi”, di Stefano Vitale – esecutivo Rete della Conoscenza

Cosa hanno in comune gli operai e gli studenti delle scuole e delle università? Molto. Abbiamo la stessa paura per un futuro che sembra sempre più allontanarsi dall’Italia e abbiamo la medesima consapevolezza che se non saremo noi a invertire questa tendenza nessuno lo farà. Questo raccontano i tanti volti presenti nelle piazze di ieri in occasione dello sciopero indetto dalla Fiom-Cgil. Torino, Milano, Cassino, Bari, Melfi, Pomigliano D’Arco, Termini Imerese, Cagliari, ecc., in tutta Italia la presenza degli studenti è stata significativa. Ovunque nelle assemblee, negli slogan e negli striscioni si sente parlare di saperi, lavoro, beni comuni, diritti. Temi che accomunano tra loro più generazioni, un’intera fetta di società che non si piega al ricatto di un mondo che sempre più preferisce globalizzare le disuguaglianze e lo sfruttamento piuttosto che i diritti e le forme più avanzate di welfare e protezione sociale. Il movimento studentesco uscito dallo scorso autunno è consapevole che le proprie battaglie risultano vane se non unite a tante altre che attraverso la società italiana, a partire da quelle dei lavoratori. C’è una stessa visione politica e culturale, infatti, che lega tra loro lo smantellamento della scuola e dell’università pubbliche, l’assenza di sviluppo e innovazione nella produzione industriale e le politiche del governo per favorire l’occupazione giovanile, che ormai possono essere riassunte nello slogan «adeguatevi a quel che trovate». Dietro a tutto questo, vi è l’idea che la politica e i cittadini non possono che restare a guardare e arrendersi di fronte ai grandi mutamenti del nostro tempo. Noi, invece, non ci pieghiamo e pensiamo che dalla crisi si possa uscire solo investendo sui saperi e ampliando gli spazi di democrazia e diritti, dai luoghi di studio e lavoro fin oltre i confini nazionali. È questo il futuro che vogliamo costruire.

L’Unità 29.01.11