La riforma dell’università entra ufficialmente in vigore da oggi, a quindici giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale. La svolta avrà conseguenze immediate: da questa mattina, denunciano dal sindacato studentesco Link, per effetto dell’articolo 18 della legge, i laureati triennali che stanno facendo tesi sperimentali o progetti di ricerca non hanno più titolo per farlo. Per i ragazzi il danno è «gravissimo». Ed è allarme anche fra gli assegnisti di ricerca: è caos sui rinnovi. Chi è in scadenza finisce nel limbo, in attesa che gli atenei dispongano appositi regolamenti per rivedere le modalità di assegnazione degli assegni. Regolamenti che, però, devono essere preceduti da un decreto del ministro sugli importi minimi con cui stipendiare i giovani studiosi. Negli atenei regna la confusione e sul web serpeggia il malumore di chi è incappato nel rinnovo in questo periodo. «La riforma – spiega Alessio Bottrighi, presidente dell’Apri, Associazione precari della ricerca – non chiarisce se i vecchi assegni di ricerca possono essere rinnovati. Mentre per i nuovi bisogna attendere il decreto del ministro. La mancata proroga potrebbe riguardare il 40% dei 16mila assegnisti italiani. Intanto si useranno formule contrattuali diverse: contratti a progetto o borse di addestramento alla ricerca». Queste ultime, però, non prevedono contributi. Insomma, almeno in questa prima fase, la riforma rischia di danneggiare i più giovani. Ma anche la didattica: da oggi i contratti esterni di nuova stipula per attività di insegnamento sono bloccati finché il ministro non farà un regolamento per dire quanto devono guadagnare questi prof.
Intanto ieri gli studenti sono scesi di nuovo in piazza con i Cobas e la Fiom. Riprende la contestazione, ma con una svolta: la Rete 29 Aprile, quella che ha inventato le proteste sui tetti, entra con un buon numero di rappresentanti nel Consiglio universitario nazionale (Cun), organo di consulenza del ministro Gelmini, che è andato al rinnovo parziale negli scorsi giorni. Dei sette ricercatori eletti, cinque sono della Rete. «Ora- spiega uno dei portavoce, Piero Graglia- potremo dimostrare che non siamo terroristi, come ci hanno detto dopo le proteste di piazza. Siamo professionisti che vivono l’università e proveranno a cambiarla dall’interno». Il Cun farà da consulente al ministero nell’applicazione della riforma. «Ci sono stati molti eletti confermati- dice il presidente Cun, Andrea Lenzi- segno che il Consiglio ha operato bene e questo lavoro ci viene riconosciuto. Ora speriamo che il ministro faccia subito il decreto per integrare i nuovi membri». Le elezioni hanno segnato una massiccia partecipazione. Fra associati e ricercatori ha votato, rispettivamente, il 38,7% e il 39,4% degli aventi diritto. Più del 2006. Fra gli ordinari i votanti sono stati il 44, 5%
da Il Messaggero