attualità, politica italiana

"Il rischio-caos che minaccia il Paese", di Federico Geremicca

Un cumulo di macerie fumanti, circondate da miasmi venefici, mentre fango e melma ricoprono quel che non è stato ancora distrutto del tutto. Come se un terremoto si fosse abbattuto sulle istituzioni repubblicane, ecco quel che si osservava ieri, alle otto della sera, di uno dei giorni più neri che la Repubblica ricordi: un panorama sudamericano. In una sorta di resa dei conti finale, infatti, in questa guerra autodistruttrice di tutti contro tutti, non una istituzione – e non un uomo che la rappresenti – ha mantenuto intatto il prestigio e il decoro che dovrebbero legittimarla. Così, non è un caso se dall’alto del Colle del Quirinale – unico e preoccupato riferimento in questi giorni di convulsioni – filtri una sola e allarmata considerazione: «Una situazione ingestibile».

I giornali che stampano in prima pagina l’ennesima slavina di ricatti, bugie e miserie intorno alle notti e alle frequentazioni del presidente del Consiglio sono solo la premessa al peggio che sta per arrivare. E il peggio è presto raccontato, in una sequenza impietosa che mostra – soprattutto – come il senso di ogni limite sia stato superato, in una sorta di occhio per occhio dal quale non si salva più nessuno.

Si comincia al Senato, dove il ministro Frattini, rispondendo ad una interrogazione, produce in aula documenti provenienti dall’isola di Santa Lucia (già noti e giunti alla Farnesina oltre un mese fa) che proverebbero come la ormai famosissima casa di Montecarlo sarebbe di Giancarlo Tulliani, cognato del presidente Fini.

Le conseguenze della mossa – prevedibili e aspre – sono immediate: il partito di Berlusconi e la Lega di Bossi chiedono, con parole durissime, le dimissioni del presidente della Camera. Le opposizioni, al contrario, attaccano il presidente del Senato per aver permesso un simile dibattito e chiedono che si dimetta. Come se non bastasse, un elettore di Fli (il neo-partito di Fini) denuncia il ministro degli Esteri per abuso d’ufficio: lo annuncia in conferenza stampa il capogruppo Fli alla Camera, Bocchino, accusando il capo del governo di dossieraggio e spiegando che Frattini dovrà presto presentarsi di fronte al Tribunale dei ministri.

Intanto, miasmi e veleni irrompono in altri organismi parlamentari. La giunta per le autorizzazioni a procedere vota a maggioranza il rinvio a Milano di tutti gli atti spediti a Roma dalla procura meneghina e riguardanti l’inchiesta su Silvio Berlusconi. Viene eccepita la competenza della magistratura milanese: volano parole grosse, in attesa che sia ora l’aula di Montecitorio a dire l’ultima parola. Contemporaneamente, il terremoto investe anche il Copasir, l’organismo di controllo sui servizi di sicurezza presieduto da Massimo D’Alema. Nel pomeriggio era programmata l’audizione del sottosegretario Letta: Lega e Pdl, contestando con parole durissime tempi e procedure, abbandonano i lavori annunciando che non parteciperanno più ad alcuna riunione dell’organismo. Di fatto, è la paralisi.

Riassumendo. La maggioranza di governo torna a chiedere con accuse gravissime le dimissioni del presidente della Camera; le opposizioni contestano apertamente il comportamento del presidente del Senato, e ne sollecitano le dimissioni. Il ministro degli Esteri – rappresentante dell’Italia nel mondo – viene denunciato per abuso d’ufficio. Il Copasir – comitato dalle funzioni delicatissime – è messo nelle condizioni di non poter più operare. Inoltre, e per gradire, cascate di insulti investono la procura della Repubblica di Milano, una mail di minacce raggiunge il presidente dell’Anm, Palamara, e la giornata si conclude con risse dai toni inaccettabili in questo o quel talk show televisivo.

Il crollo generale del senso di responsabilità è evidente. Qualunque forma di rispetto verso le istituzioni e i loro rappresentanti è ormai venuta meno. E l’esempio – il messaggio – che dai palazzi romani raggiunge i cittadini e il Paese, è devastante. In tutto questo, il presidente del Consiglio – semisommerso da elementi fattuali e intercettazioni inequivoche e mortificanti – continua a rifiutare qualunque tipo di contraddittorio e di confronto circa le vicende che lo riguardano. Non un’ammissione, naturalmente: ma nemmeno giustificazioni, spiegazioni, mezze autocritiche che almeno provino a confortare i suoi elettori, ormai assai più che turbati. E’ un crepuscolo terribile, quello che accompagna l’ormai inevitabile fine della legislatura. Forse perfino più terribile di quello che accompagnò il crollo di Bettino Craxi, di Arnaldo Forlani e della mai rimpianta Prima Repubblica…

La Stampa 28.01.11