attualità, politica italiana

"Spegniamo il premier che insulta in tv", di Giovanni Valentini

“Postribolo televisivo”. Coniata da un personaggio come Silvio Berlusconi, che è esperto e cultore della materia, la sprezzante definizione del talk-show di Gad Lerner rischia di risultare un complimento.
O addirittura un titolo di merito. Detto dall´uomo che minaccia di ridurre l´Italia a un puttanaio, potrebbe apparire perfino un elogio, se non fosse in realtà tanto gratuito quanto offensivo per il conduttore del programma, per le sue ospiti e soprattutto per i telespettatori de “La 7” che lo seguono.
Siamo, dunque, all´inaugurazione di un nuovo genere tv? Dal talk-show passeremo al sex-talk? Arcore sarà ribattezzata Hardcore? Più prosaicamente, ci troviamo di fronte alla più violenta e devastante invasione di campo (televisivo) che sia mai avvenuta nella storia della tv mondiale. Un capo di governo che chiama in diretta lo studio di una trasmissione in corso per attaccare un giornalista che fa il suo mestiere, aggredire e insultare gli ospiti, infangare una rete concorrente. E per di più, con un linguaggio che – alla luce delle sue disinvolte ed equivoche abitudini o frequentazioni notturne – alla fine gli si ritorce contro, come in un complesso freudiano, riferito non a caso allo sviluppo psicosessuale.
Non è la prima volta, purtroppo, che il premier-tycoon irrompe con toni intimidatori nelle trasmissioni di emittenti altrui, pubbliche o private. Dietro lo scudo istituzionale della sua carica, il capo del governo torna a comportarsi da capo-popolo e nello stesso tempo da capo-azienda, interpretando così da protagonista assoluto quel conflitto di interessi che rappresenta tuttora un´anomalia su scala planetaria. Ma questa volta l´esternazione va al di là di ogni limite e regola, tanto da configurare un abuso di potere mediatico.
Al pari di qualsiasi altro privato cittadino, ovviamente Berlusconi ha tutto il diritto di difendersi dalle accuse della magistratura nelle sedi appropriate: i tribunali della Repubblica. E in quanto leader politico e presidente del Consiglio, non solo può ma deve farlo al più presto, senza la pretesa di scegliersi i giudici a proprio piacimento. Aggiungiamo che sul piano giudiziario pure lui ha diritto alla presunzione d´innocenza, fino a quando non verrà emessa una sentenza definitiva; ma qualsiasi cittadino ha tutto il diritto di giudicarlo già sul piano dell´affidabilità politica e del rigore morale in base alla flagranza dei suoi comportamenti personali, del suo – diciamo così – stile di vita.
Nel frattempo, se lo ritiene utile e opportuno, il premier-tycoon è libero naturalmente di difendersi anche sul piano mediatico, affrontando però un confronto civile e un autentico contraddittorio al di fuori delle sedi domestiche più o meno compiacenti delle sue reti tv e dei suoi giornali: vale a dire rispondendo alle domande dei giornalisti e alle contestazioni degli interlocutori. Altrimenti, resta valido l´esempio di Giovanni Floris che la settimana scorsa ha legittimamente rifiutato una telefonata in extremis di Berlusconi a “Ballarò”, invitandolo a partecipare alla trasmissione della settimana successiva. Senza ricevere, peraltro, alcun riscontro.
Non si può tollerare oltre che il presidente del Consiglio intervenga in diretta per distribuire insulti a questo o a quelle, continuando a trattare tutte le donne come le sue ospiti nella villa di Arcore o nel residence dell´Olgettina, nel grottesco e patetico tentativo di “scomunicare” una trasmissione o una rete tv proprio nel momento in cui rischia di essere scomunicato lui dalla Chiesa cattolica. Questo è, del resto, il metodo per così dire dialettico che adottano abitualmente i suoi epigoni e supporter – politici o giornalisti – nei talk-show televisivi: l´insulto personale, l´aggressione verbale, l´offesa diretta o indiretta. Non si va per discutere, ma per provocare e litigare. Non si fa un dibattito, ma una rissa.
Né tantomeno è più ammissibile che il capo del governo, in una temperie del genere, continui a lanciare “videomessaggi” a reti unificate che in effetti bisognerebbe chiamare videocomizi. Monologhi, soliloqui o vaniloqui. Discorsi a senso unico, senza una domanda, un´eccezione o una replica contestuale. Una prassi inaccettabile su cui, in nome del pluralismo e dell´imparzialità, l´ex presidente della Rai e oggi deputato del Pd, Roberto Zaccaria, ha giustamente richiamato con una lettera-interrogazione l´Autorità sulle Comunicazioni.
A maggior ragione quando questi videocomizi vengono diffusi in versione integrale dalle tv del Biscione, realizzano illegittimamente – secondo la stessa legge Frattini sul conflitto di interessi – un “sostegno privilegiato” a favore del premier-tycoon. E allora, l´Authority ha il potere e il dovere di intervenire.

La Repubblica 26.01.11

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“Gli adepti di Media-setta”, di
GABRIELE ROMAGNOLI

Come è possibile essere ancora berlusconiani? Non dico di (centro) destra, conservatori, anticomunisti, liberalpapisti o qualunque altra definizione ci si voglia dare per stare da quella parte politica.

La domanda è: come si può ancora credere (di credere) a Silvio Berlusconi? Alla legittimità dei suoi comportamenti, al fondamento meritocratico delle sue nomine, alla soglia minima di logica delle sue giustificazioni e perfino all´opportunità delle sue “cosiddette” espressioni verbali?
Si dirà: per tornaconto personale. I fedeli sono stati comprati, promossi, promessi e (loro sì) mantenuti. Può esser vero, ma non per tutti e non per tutto. È una spiegazione semplicistica. Ha il difetto di troppe argomentazioni anti-berlusconiane: non ragiona “a contrario”, ma come lui. Non cerca un punto di vista laterale e nitido. Da cui capire se c´è una motivazione più profonda dietro il fatto che alcune signore si alzano a comando dalle sedie dei talk show e altre no, che alcuni corifei cantano ogni mattina e altri da qualche tempo tacciono. Che cosa induce i primi a restare sulla nave? La risposta, per molti di loro, ha a che fare con una condizione particolare nella quale si sono messi. Per comprenderla bisogna sfogliare l´album della memoria e rivedere almeno due fotografie illuminanti. Una fu scattata alle Bahamas: Silvio Berlusconi corre, seguito dai i suoi uomini più fidati. Tutti sono vestiti alla stessa maniera, rigorosamente di bianco. L´altra fu presa su uno yacht, ai tempi spensierati della signora Ariosto: lì Silvio Berlusconi è al centro e gli altri intorno. Di nuovo tutti hanno la stessa maglietta, in questo caso a righe. Sono due dei tanti indizi che portano a considerare il rapporto tra il premier e i suoi (non a caso ho già usato questa parola) fedeli, come quello che si crea all´interno di una setta. Lui è il guru, loro gli adepti.
Altri segnali? La pretesa di una dedizione assoluta e cieca: chi contrasta il guru viene prima accusato di eresia, poi allontanato, infine coperto di nefandezze. La ritualità degli incontri, la loro scansione cerimoniale, per quanto bislacca: lo stesso cibo, la stessa musica, lo stesso relax. Il volonteroso sacrificio delle vestali, in guerra tra loro per sedere sulle ginocchia del guru (il sommo Rael, per dire, aveva appeso alla parete la foto delle preferite, con tanto di stellette al merito). MediaSetta, ecco cosa. A cui votarsi, a maggior ragione se questo particolare guru, invece di prendere e basta, elargisce: non solo illusioni, stili di vita, risposte al vuoto, ma anche beni materiali, cariche, appalti. Con questo, davvero chi ne beneficia è convinto, al netto del tormentone sulla persecuzione giudiziaria, che il suo guru non abbia passato il segno, non stia dicendo cose prive di ogni fondamento, prima che politico o giuridico, logico?
Chi ha conosciuto personalmente alcuni dei suoi restanti scudieri è perplesso nell´apprendere che uomini di una trascorsa raffinatezza estetica hanno sceso gli scalini che portano a una qualsivoglia tavernetta, o nel seguire le peripezie retoriche di chi ha prestato il proprio intelletto a cause più degne. Ha comunque una certezza: questi, quando vanno a letto la sera, nel momento esatto in cui spengono la luce, sanno. Lo sanno: che il re è nudo, che il guru ha una tunica bianca sempre più trasparente e sotto, niente di niente.
E allora perché si svegliano, si alzano e recitano ancora la stessa improbabile preghiera? Molti anni fa incontrai un uomo, in Svizzera. Era un dentista. Soprattutto, era l´unico sopravvissuto al suicidio dei massa della Setta del Sole. Arrivato sul luogo dell´incontro con il vecchio guru ormai disperato e gli altri adepti (banchieri, musicisti, scrittori) aveva avuto una sensazione di disagio ed era tornato indietro, salvandosi dal rogo finale. Gli chiesi se non avesse mai avuto prima quella sensazione, se avesse sempre creduto ciecamente. Rispose che un anno prima, frugando nel magazzino della villa in cui il guru ospitava i seguaci, aveva trovato il proiettore con cui creava l´ologramma spacciato per soprannaturale apparizione e si era reso conto di tutto. Domandai allora perché, a quel punto, non avesse lasciato la setta. Rispose: ero andato troppo lontano, da tutti gli altri e soprattutto da me stesso; avevo rinnegato tutto quello in cui avevo creduto prima per un´immagine fasulla, ma non potevo tornare indietro, non avevo niente a cui tornare, il me stesso di prima non c´era più.
Ci sono molti personaggi pubblici nella condizione di quel dentista. Sono andati troppo lontano, soprattutto da se stessi. Liberisti che hanno giustificato il monopolio. Censori bigotti che hanno chiuso gli occhi davanti alla trave dopo aver gridato per la pagliuzza. Professionisti della stampa che ne han fatto coriandoli. Perfino gli avvocati, che per dovere provano a puntellare ogni possibile versione dei fatti, anche loro: come possono proporci un alibi per la notte del 32 gennaio?
L´incantesimo è passato, alcuni l´hanno affermato dopo 16 anni nella MediaSetta, ha dell´incredibile, ma pazienza, almeno son scappati, come il dentista prima del rogo. Questi che restano avendo visto non solo il proiettore nel magazzino, ma la diavolina accendifuoco in tutte le stanze, devono essere davvero convinti di non poter avere una vita migliore fuori da lì. Forse pensano di ricoprire alti incarichi senza altri meriti che la disponibilità. Forse credono (di credere) davvero nel raggio di luce che squarcerà il cielo, indicherà il guru, lo solleverà al colle e loro con lui. Poi spengono la luce e si danno la buonanotte da soli.

La Repubblica 26.01.11

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