«Abbiamo vinto le primarie, ora ci sono le secondarie…». Stefano Bonaccini è il giovane segretario del Pd dell’Emilia Romagna e fatica a nascondere la soddisfazione per il risultato. Pensa che da Bologna parta un messaggio per il Pd: se si sta uniti e si lavora sodo nel territorio si superano tutte le difficoltà: «Basta parlare male di se stessi».
Allora, avete tirato un sospiro di sollievo: un bel risultato. Quindi, primarie avanti tutta?
Sì, c’è stata una splendida partecipazione che dimostra che quando dai fiducia ai cittadini questi la restituiscono. A Bologna c’è bisogno di buona politica e, dopo il commissariamento pure svolto al meglio dalla Cancellieri, di un governo democratico eletto. Però, come non ci siamo depressi dopo il caso Delbono, né abbiamo declinato dopo la malattia che ha colpito Cevenini, non ci dobbiamo esaltare oggi. Perché abbiamo vinto la prima partita ma ci sono le “secondarie” che sono decisive. Certo quel risultato così netto ci consente di preparare un programma e irrobustire la coalizione.
E le primarie? Dopo tutte quelle polemiche…
Guardi, fin dall’inizio io, Errani e il gruppo dirigente regionale, abbiamo condiviso la proposta di Donini che dovessero essere i bolognesi a scegliere il candidato. Penso però che le primarie non sono un fine, restano invece uno strumento che, se utilizzato al meglio, può essere un formidabile volano di partecipazione e di avvicinamento dei cittadini alla politica in un periodo di distacco preoccupante tra elettori e partiti. Comunque, noi facciamo scegliere i cittadini, non decidiamo nel chiuso delle stanze come farà il centrodestra dopo una telefonata da Roma.
Perché ha vinto Merola? Si sono mobilitati i militanti del Pd?
No, credo sia stato premiato non solo per essere il candidato “ufficiale” del Pd ma per avere una robusta esperienza amministrativa. Ora dopo questa larga investitura popolare Merola è più forte per diventare un ottimo sindaco. Voglio però ringraziare Amelia Frascaroli e Benedetto Zacchiroli perché hanno contribuito con idee e passione a rendere vere e contendibili le primarie e a portare ai seggi persone che altrimenti non sarebbero venute. Quello che ho molto apprezzato, e che fa la differenza, è che dopo il risultato, sia l’una che l’altro si sono stretti attorno a Merola per dargli quel sostegno indispensabile in questa corsa. Perché sia chiaro: l’avversario è il centrodestra.
Già si parla della squadra di Merola. Non c’è bisogno di un forte rinnovamento generazionale?
Intanto pensiamo a vincere. Come ha già detto Merola è prerogativa del sindaco definire la squadra. La cosa migliore comunque sarebbe scegliere persone che siano un mix di competenza e rinnovamento.
Quale messaggio arriva da Bologna al Pd nazionale? Merola ha detto a l’Unità: Bersani faccia come abbiamo fatto noi…
Se si sta uniti, se si lavora sodo nel territorio, se si parla meno di alleanze e più di idee, allora anche le difficoltà si superano. La nostra funzione è saper proporre una alternativa. Mi aspetto molto dall’assemblea nazionale di Napoli perché sono d’accordo con Bersani che c’è la necessità di indicare una idea al paese che abbia due capisaldi: una riforma democratica e una riforma economica e sociale. Più sarà chiara la proposta più sarà facile costruire un nuovo centrosinistra.
Ma nel Pd non serve anche aria nuova? Non bisognerebbe dare più spazio a quei giovani che sono in prima linea sul territorio?
Bersani ha detto chiaramente che nel futuro serve una generazione più giovane. È giusto e quella generazione va scelta tra chi sul territorio, nel partito, nella società e nelle amministrazioni ha dimostrato le proprie capacità. Però una nuova classe dirigente non può prendere la guida solo in nome della carta di identità, ma sulla base di proposte serie per il Paese. Sono convinto che in giro per l’Italia ci siano diverse persone all’altezza di questa sfida.
Bonaccini, Berlusconi è in gravi difficoltà travolto dal Ruby-gate eppure il Pd non ci guadagna. Che cosa manca?
Penso abbia idee e progetti, donne e uomini. Però si attarda a parlare male di se stesso e si perde in dispute tra gruppi dirigenti. Adesso però le condizioni del paese devono vederci uniti e capaci di indicare un progetto per l’Italia. In questi anni abbiamo parlato troppo di Berlusconi e poco del berlusconismo che ha cambiato il Paese. Però sento che nell’elettorato di destra c’è una parte che non crede più agli slogan. Hanno detto meno tasse e invece aumentano. Hanno detto più lavoro e invece ce n’è meno. Hanno parlato della scuola delle tre “i” e siamo l’unico paese che non investe nel sapere.
E però il Pd resta inchiodato al 25%…
Diciamo che le premesse per la svolta ci sarebbero tutte. È vero che in Europa i riformisti sono in difficoltà, eppure non va persa la fiducia. Gli aquiloni si alzano in volo con il vento contrario, noi dobbiamo fare la stessa cosa. Abbiamo già sprecato troppo tempo.
L’Unità 26.01.11