Stefania Crogi, segretaria generale Flai-Cgil, cos’è il caporalato in agricoltura? «È il mercato delle braccia, che ha sostituito il collocamento pubblico: quando un’azienda ha bisogno di raccogliere o stoccare prodotti agricoli si rivolge ai caporali. Questi selezionano le persone da portare nei campi o nelle aziende agroalimentari ».
Come avviene il reclutamento?
«Sia nel modo classico, la mattina presto nella piazza del paese, sia coi telefonini: si riuniscono le persone in un punto e le si carica sul camioncino per portarle nei campi ».
Quanto guadagna chi lavora in questo modo?
«Circa quattro euro l’ora, per otto ore al giorno e nei periodi di maggior lavoro si arriva a dodici ore al giorno. Ma chi vuole lavorare è costretto a cedere parte del salario giornaliero al caporale».
Il caporale è,come lo si immagina, il signorotto di campagna?
«Nel meridione in parte sì. Al centro- nord, invece, dove il fenomeno si è esteso, il caporalato spesso è messo in atto dalla criminalità organizzata, che così entra nelle aziende sane, o dalle agenzie che forniscono manodopera. In questo caso, si tratta di agenzie che operano formalmente nella legalità mache spesso abusano della forma societaria della cooperativa: prendono in subappalto un lavoro, per esempio la disossatura del prosciutto, e poi costringono i lavoratori in condizioni disumane, nella insicurezza e con salari da fame. Non a caso sono frequenti gli incidenti. Quando si tratta di extracomunitari, poi, tutto questo è esasperato ».
Chi sono i caporali etnici? «Sono gli stranieri che fanno arrivare i loro connazionali in Italia con la promessa di un lavoro e di un contratto. In realtà si tratta di ingaggi fasulli, contratti falsi o di pochi giorni.Ma una volta qui, l’extracomunitario è succube del suo caporale».
L’Unità 25.01.11
******
“Campi e cantieri: i numeri” Il rapporto che fotografa mali e squilibri del sistema, di Marco Ventimiglia
È un rapporto asettico, e proprio per questo ancor più drammatico. Si chiama “Campi e Cantieri I numeri”, ed è l’analisi compiuta da Flai Cgil e Fillea Cgil relativa alla situazione lavorativa in agricoltura ed edilizia. Per quanto riguarda il primo settore, attualmente risultano essere 1.037.000 i lavoratori regolarmente iscritti negli elenchi anagrafici dell’Inps, di cui quasi il10%è di provenienza extracomunitaria. Il 40% sono donne mentre 9 su 10 hanno un contratto a tempo determinato. Ma ad impressionare sono soprattutto altre due cifre: la media lavorata è di appena 120 giorni, ma oltre il 70% non raggiunge le 51 giornate lavorate, ovvero il limite necessario ai fini previdenziali. Fin qui la fotografia dell’Inps, che assume tinte ben più fosche integrandola con le stime Flai relative a caporalato e sfruttamento. Per cominciare un numero che non si può non definire agghiacciante: 400.000 lavoratori dell’agricoltura debbono obbedire ad un caporale. Per sessantamila di questi va ancor peggio poiché sono costretti a vivere «in condizioni di assoluto degrado, in alloggi di fortuna e sprovvisti dei minimi requisiti di vivibilità ed agibilità». E se il 30% di lavoro nero nei campi del Nord Italia può apparire un dato pessimo, che cosa pensare del 50% al Centro e addirittura del 90% nel Meridione?
SQUILIBRI PROFONDI Del resto, a essere completamente squilibrato, e quindi a produrre più facilmente storture di ogni genere, è l’intero assetto dell’agricoltura nostrana, con ben 2 milioni di aziende, molte delle quali formate ufficialmente da una singola persona, e solo 75 imprese che occupano più di 500 dipendenti. E non va certo meglio vedendo le cose nell’ottica della sicurezza. Nel 2009, infatti, sono stati 53mila gli infortuni sui campi con 125 morti, mentre le malattie professionali sono salite del 113% con 4.000 casi. Altro capitolo e altri dolori per l’edilizia. Qui, secondo i dati ufficiali del 2009, gli occupati risultano essere 1.900.000, dei quali 1.250.000 dipendenti e 650mila indipendenti. Di questi solo il 5,6% sono donne mentre gli immigrati risultano essere il 30%. Quest’ultimi risultano in forte crescita rispetto al 2008, con un +16,2% fra i dipendenti, +41,1% fra gli autonomi, e +56,2% degli irregolari. Anche in questo caso le stime della Fillea Cgil rendono assai più cupo l’insieme. «I lavoratori in nero e sotto ricatto sono 400mila, un fenomeno che riguarda manodopera straniera e italiana» cui generalmente viene chiesta/imposta qualcuna di queste cose: aprire partita IVA, accettare contratti part-time per mascherare invece tempi pieni con fuoribusta in nero, accettare sottoinquadramento, dichiarare meno ore lavorate sempre con fuoribusta, ricorrere ai permessi in caso di infortunio non grave. Non meno squilibrato dell’agricoltura l’assetto delle imprese, che nell’edilizia risultano essere 825mila ma con una media di appena 1,5 lavoratori in quel che Fillea definisce «un sistema frammentato e destrutturato di micro imprese ». Terribili, infine, i numeri sugli infortuni, ben 94mila nel 2009 con 218 morti.
L’Unità 25.01.11
******
«Si sfruttano le persone e si alimenta la criminalità»
Walter Schiavella, segretario generale Fillea-Cgil, si può quantificare il fenomeno del caporalato?
«In edilizia dei circa 400mila lavoratori in nero almeno 150mila sono intermediati, ovvero reclutati dai caporali.È un fenomeno in crescita negli ultimi tempi e si accompagna a quelli più tipici che si registrano nei momenti di crisi economica ».
Per esempio?
«Le false partite iva: edili costretti a figurare come liberi professionisti anche quando lavorano come dipendenti. Gli ultimi dati segnano una esplosione dei lavoratori autonomi del 41 per cento solo tra gli stranieri».
Dove è più diffuso il caporalato?
«In tutto il territorio nazionale. In particolare nelle grosse realtà urbane, come Roma o Milano, dove c’è più lavoro».
Come viene ingaggiato e quanto guadagna un intermediato?
«Il reclutamento avviene nella forma più classica, davanti ai cantieri o fuori dai depositi di materiale edile, ma anche con gli sms e sulla base di banche dati informatiche che raccolgono i contatti dei lavoratori. La paga giornaliera oscilla fra i 30 e i 50 euro e capita anche che non venga corrisposta». Cosa comporta il ricorso a questo tipo di reclutamento?
«È uno degli elementi che inquinano il mercato. Da una parte perché si sfruttano i lavoratori, dall’altra perché spesso dietro questo tipo di gestione del capitale lavoro si nasconde la criminalità organizzata ».
Che risposte avete dalle istituzioni quando sollevate questi problemi?
«In Parlamento sono bloccate da tempo due proposte di legge del Pd. Oggi però non vediamo alcuna volontà politica. In Italia, per citare il procuratore Pier Luigi Vigna, puniamo chi traffica illecitamente con gli animali da compagnia, non è pensabile che gli uomini non abbiano pari dignità degli altri esseri viventi.
L’Unità 25.01.11