Le parole di Emma Marcegaglia piombano come un macigno a turbare i sonni già inquieti di Silvio Berlusconi.
«Da sei mesi a questa parte l’azione del governo non è sufficiente», ha detto ieri sera la presidente di Confindustria ospite di Fazio su Raitre. «Tremonti premier? Perché no», risponde, inserendo una clausola che sbarrerebbe la strada a governi tecnici con la benedizione dei poteri forti. «Un nuovo premier deve essere indicato dagli elettori». E comunque il messaggio è chiaro: gli industriali sono pronti a scaricare Silvio, e a benedire un nuovo candidato dell’asse Pdl-Lega. Marcegaglia prosegue: «Nelle prossime settimane dovremo verificare se il governo è in grado di fare le riforme, altrimenti bisogna fare altre scelte:non si può più aspettare». Altro sale sulle ferite dello scandalo Ruby: «Dai giornali italiani ed esteri esce un’immagine non positiva del nostro Paese. Ma quando sono all’estero sottolineo sempre che c’è un’altra Italia, un’Italia che va a letto presto e si sveglia presto, che lavora, che produce che fa impresa e che si impegna».
MARONI CHIEDE UNA TREGUA Sul tema dell’andare a letto a presto batte anche Roberto Maroni, in una articolo sul Corriere in cui chiede a tutti i partiti «una tregua per tornare a occuparci del Paese», difende il premier («sotto il profilo penale vicenda inconsistente», ma prende anche, e decisamente le distanze dalle notti berlusconiane: «Appartengo a un partito che vive della ruvida concretezza delle genti che vivono di lavoro duro, a letto presto e sveglia presto al mattino». Non solo.«Dopo l’abbuffata di tette e culi vogliano tornare alle cose che interessano i cittadini», incalza Maroni, e insiste: «Lo stile di vita del premier è diverso dal mio». Insomma, niente di rassicurante alla vigilia di una settimana decisiva per il governo, con il confronto col federalismo che riparte oggi con l’incontro tra Calderoli e l’Anci (si vedono anche Pd e Terzo polo per mettere a punto gli emendamenti al decreto sui Comuni) e il voto, con tutta probabilità mercoledì, sulla mozione di sfiducia a Sandro Bondi. Il Pd aspetta di capire cosa faranno Fini e Casini, che la settimana scorsa hanno posto 5 condizioni per non sfiduciare Bondi, a partire da un forte ridimensionamento dei tagli alla cultura.
Richieste assai difficili da realizzare. Sul federalismo, Calderoli annuncia grande disponibilità ad accogliere le richieste di modifica dell’Anci. Ma l’esito dell’incontro, prevista anche la presenza di Tremonti, è tutt’altro che scontato. Pd e Terzo Polo incalzano: «Se il decreto non cambia in modo consistente votiamo no».
L’appello di Maroni sembra cadere nel vuoto. Pd e Idv rispondono subito picche: «Se l’Italia oggi è bloccata e ingovernata la colpa ricade sul governo. E di questa grave situazione la Lega porta una responsabilità enorme», dice il coordinatore della segreteria Pd Maurizio Migliavacca.
Che ribadisce la richiesta di staccare la spina al Cavaliere: «È evidente l’imbarazzo
dei leghisti, ma l’unica soluzione credibile che Bossi e i suoi hanno ora davanti è ammettere il fallimento dell’esperienza berlusconiana e lasciare al proprio destino l’attuale governo». Anche Fli è molto freddina: «La tregua offerta da Maroni è apprezzabile, ma il premier la smetta di gridare al complotto», dice Adolfo Urso. Intanto Fini mette nero su bianco la sua richiesta di dimissioni al premier.
«È opportuno un passo indietro», dice in un’intervista al Corriere Adriatico. Immediata la replica del Pdl: «Dimostra di non essere affatto super partes e di conseguenza deve essere lui a dimettersi da presidente della Camera», tuona Cicchitto. «La stranezza è Fini, un presidente della Camera che è diventato il capo di una piccola fazione», rincara il ministro Frattini. Italo Bocchino respinge la richiesta ai mandanti con durezza:
«Chiedere le dimissioni politiche di Fini mentre la stampa nazionale e internazionale si occupa del bunga
bunga di Berlusconi è da incoscienti».
L’Unità 24.01.11