In un momento «drammatico per il Paese», dal Lingotto riparte un Pd «più unito», con proposte dei Modem che la maggioranza condivide. Con la voglia di parlare ad un vasto elettorato e diventare forza di governo. È il giorno del ritorno di Walter Veltroni, di nuovo qui al Lingotto di Torino dove tutto iniziò quel giugno del 2007, ma nulla è più come allora. Allora delineò il profilo del partito democratico e lanciò la sua candidatura alle primarie, oggi ri-
lancia il progetto del Pd da leader della minoranza interna e l’appuntamento, che rischiava di essere un punto di rottura, diventa l’occasione di una ritrovata unità del partito nell’obiettivo di mandare a casa Silvio Berlusconi. Anche a costo di nuove elezioni che nel Pd nessuno vuole davvero. Concorde l’analisi di Veltroni e del segretario Pier Luigi Bersani sul punto: l’Italia è sull’orlo del precipizio, un momento «drammatico», lo definisce il leader Pd, per i colpi di coda di un premier che vede il suo tramonto e lo combatte con tutto il suo potere mediatico, economico e politico a costo di mettere a rischio le stesse istituzioni che rappresenta. Piena la sala Gialla del Lingotto, piena quella Azzurra aperta per contenere le migliaia di persone arrivate già dalle prime ore del mattino. Applauso convinto quando Veltroni dice «basta sentirsi ex di qualcosa», chiudiamo con il Novecento, entriamo nel nuovo Millennio e accettiamo la sfida della modernità, dell’innovazione, «superiamo i conservatorismi di destra e di sinistra». Veltroni sceglie la linea del dialogo e della proposta, Bersani la coglie, alla fine della giornata i commenti sono unanimi: un passo in avanti di tutto il partito.
Ma i distinguo restano e aspettano la prova dei fatti per capire se davvero il Pd può vincere la sua sfida. Bersani nota: «Sulla proposta politica non c’è lontananza, il partito è pronto alla battaglia che il paese ci chiede». Ed eccola la battaglia: «Un nuovo governo, non un ribaltone, che comprenda tutte le forze parlamentari, con un premier che sappia garantire un clima istituzionale nuovo», ma se questa strada non fosse percorribile, dice l’ex segretario, e se la prospettiva dovesse restare «la livida prosecuzione di un governo al tempo stesso inesistente e pericoloso, con un ulteriore imbarbarimento della situazione nazionale», allora «le opposizioni, unite, dovrebbero chiedere le elezioni». «Noi siamo pronti – assicura Bersani – e in quel caso vinceremo». Già, a patto di dirci «la verità – incalza Veltroni -, oggi gli italiani non credono ancora che da noi e più in generale dal centrosinistra, possa giungere la risposta ai loro problemi». Dunque bisogna proporre «un progetto coraggioso di cambiamento e una proposta di governo autorevole» per riconquistare «menti e cuori» degli italiani per tornare ad essere «il primo partito del paese». Tre le condizioni per farcela: non opporre al populismo di destra un populismo di sinistra; affrancarsi dall’illusione della coazione “a ripetere la fatica di Sisifo di costruire schieramenti eterogenei” ed avere il coraggio dell’ innovazione. Veltroni lancia l’Agenda Italia 2020, “facciamo come la Germania” un pacchetto “di riforme chiare e precise” per far si che in un decennio si dimezzi il debito pubblico (portandolo all’80%), cresca la produttività e si consenta il risanamento finanziario, in «un contesto di maggiore giustizia sociale e di sostenibilità ambientale». Riduzione della spesa corrente, carriere e stipendi legati al risultato – anche per Marchionne -; valorizzazione del patrimonio pubblico; detassazione degli stipendi delle donne, delle partite Iva e individuazione di una no tax area per le famiglie. Rilancia un sistema forte di flexicurity, nuove relazioni sindacali e ridefinizione delle regole di rappresentanza, più contrattazione collettiva e partecipazione dei lavoratori alla vita dell’azienda. Paolo Gentiloni lo definisce il Manifesto del partito democratico, «il Lingotto, la nostra Pontida».
«Non dobbiamo essere come Ulisse, che ha nostalgia della propria terra – esorta Veltroni -, ma come Abramo, aperto alla speranza di terre nuove e cieli nuovi» e non rinunciare alla vocazione maggioritaria. «Non ho mai avuto dubbi – replica Bersani sull’esigenza di un autonomo profilo del Pd , ma dentro un meccanismo gravitazionale, un partito che ha un progetto ed è attrattivo in diverse direzioni». Ma la riscossa democratica ha bisogno di molti attori, da qui l’appello del segretario alle «élite del paese», intellettuali, economiche, imprenditoriali: «Chi sta zitto oggi non so come potrà parlare domani».
L’Unità 23.01.11